In questo periodo si sta parlando molto dei satelliti Starlink lanciati in orbita da SpaceX. Si tratta di uno dei progetti della società di Elon Musk iniziati lo scorso anno e che nel 2020 inizierà ad essere attivo commercialmente. Anno che sarà fondamentale per SpaceX anche per altri traguardi come il primo volo con astronauti della Dragon e la costruzione di Starship.
Vediamo ora nel dettaglio che cos’è Starlink, partendo proprio dalle sue origini.
La nascita del progetto Starlink
L’idea di creare una costellazione per rendere internet accessibile a chiunque e in qualsiasi parte del mondo iniziò a formarsi nella mente dell’imprenditore Greg Wyler già qualche anno fa.
Wyler è un imprenditore americano che fece fortuna a metà anni ’90 con la sua azienda di componenti per il raffreddamento dei computer. Venduta l’azienda, utilizzò i ricavi per fondarne un’altra nel 2007. L’obiettivo era portare una connessione ad internet a “the Other 3 Billions”, ovvero i 3 miliardi di persone che si stima non abbiano accesso a tale servizio. Per questo motivo l’azienda prese il nome di O3b. L’obbiettivo era portare in orbita diversi satelliti per le telecomunicazioni in grado di fornire una connessione nelle zone più remote del pianeta. Il primo lancio avvenne nel 2013 e attualmente la costellazione conta 20 satelliti.
Il servizio fornito da O3b non rispettava però le aspettative di Wyler che decise di lasciare l’azienda e iniziò a lavorare per Google, cercando soluzioni per ricreare una costellazione satellitare. Fu in quel periodo che fece la conoscenza di Elon Musk e i due iniziarono a parlare e discutere sul progetto di una mega-costellazione.
Wyler aveva trovato un partner con una compagnia aerospaziale e decise di fondare nel 2012 OneWeb per dare il via ad un piano per portare internet su tutto il pianeta. Musk era però una personalità con visioni ed un approccio ai progetti differenti, per questo motivo il loro rapporto di collaborazione si interruppe bruscamente. Wyler continuò a lavorare sul progetto OneWeb, effettuando prima diversi test e poi lanciando i primi 34 satelliti della costellazione il 6 febbraio 2020.
L’idea di creare una mega-costellazione di quel tipo piacque molto a Musk, tanto che cominciò a creare una squadra per iniziare a lavorarci lui stesso. Nel 2015 annunciò il progetto Starlink. Un anno dopo nacque una suddivisione di SpaceX per la realizzazione di satelliti, con sede vicino Seattle.
Dopo l’annuncio del progetto non si ebbero più informazioni sugli Starlink, tranne che per le richieste fatte alla Federal Communications Commission per l’assegnazione di alcune bande di frequenza. Si tornò a parlare di Starlink il 22 febbraio 2018 quando, in cima al Falcon 9 B1038, oltre al satellite spagnolo Paz erano presenti anche i primi due prototipi dei satelliti di SpaceX, chiamati TinTin A & B.
Dalle immagini rilasciate si poteva notare che i satelliti erano molto rudimentali e realizzati solamente per effettuare test e ricavare dati. Anche in quell’occasione, dopo il lancio non si seppe più nulla sul progetto. Continuarono invece le solite contrattazione per le autorizzazioni rilasciate dalla FCC. A novembre 2018 SpaceX ricevette infatti l’autorizzazione per creare una costellazione composta da circa 12 000 satelliti.
Dopo un altro anno tutti rimasero stupiti quando SpaceX annunciò che il 24 maggio 2019 avrebbe portato in orbita ben 60 Starlink con un unico lancio. Gli unici satelliti che si erano visti fino a quel momento erano i TinTin e non si capiva come si potesse portarne 60 nello spazio in una volta sola. Prima del lancio Musk rilasciò ufficialmente una foto dei satelliti all’interno delle coperture e così si scoprì che gli ingegneri avevano modificato completamente il design dei satelliti.
I primi 60 Starlink lanciati a maggio furono utilizzati per effettuare diversi test sulla connettività e sui materiali utilizzati per la loro costruzione. Per dimostrare che la connessione tramite gli Starlink funzionava, il 22 ottobre 2019 Musk mandò un tweet proprio dicendo di aver utilizzato i satelliti della sua compagnia. Gli Starlink portati in orbita con quel lancio erano ancora la versione 0.9, mentre i V1.0 sono stati lanciati l’11 novembre 2019.
L’obbiettivo ora è quello di poter rendere il servizio accessibile al Canada e al Nord America già a partire dall’estate del 2020 mentre per il resto del mondo bisognerà attendere il 2021. Nel frattempo SpaceX ha fatto richiesta e ottenuto il permesso per poter avere in orbita ulteriori 30.000 Starlink. Questa è semplicemente un’operazione per aggiudicarsi l’utilizzo di quelle orbite e bande di frequenza per eventuali sviluppi futuri e per evitare che le prenda la concorrenza. Il numero di Starlink in orbita infatti, aumenterà in base alla richiesta di mercato.
Struttura Starlink
Il corpo degli Starlink è molto differente rispetto a quello di altri satelliti, poiché presenta una struttura piatta e non a parallelepipedo. Questo permette a SpaceX di poterli compattare per il lancio e portarne in orbita un gran numero: fino a 60 sul Falcon 9, mentre Starship potrebbe trasportarne 400.
Le componenti che costituiscono gli Starlink sono realizzate in modo da distruggersi completamente nel momento del rientro, evitando così che rimangano detriti in orbita o che cadano in aree abitate. In un’intervista la COO e Presidente di SpaceX Gwynne Shotwell ha dichiarato che nella fabbrica di Redmond, a Washington, producono 7 Starlink al giorno. Un’altra sede per lo studio della trasmissione ed elaborazione dei dati si trova ad Irvine, in California. Ogni Starlink pesa circa 260 kg che, moltiplicato per 60 satelliti, rappresenta il carico più pesante mai trasportato in orbita bassa da SpaceX, ovvero 15 600 kg.
Pannelli solari
Per evitare di avere molti meccanismi, che potrebbero rompersi o incepparsi, gli ingegneri di SpaceX hanno optato per dotare i satelliti di un’unico pannello solare. Il pannello solare però, non viene aperto completamente una volta arrivato in orbita, perché il sottile strato atmosferico rischierebbe di fargli perdere energia causando un rientro distruttivo. Questo però ha un effetto secondario sgradito, ovvero l’aumento della luminosità dei satelliti. Ciò avviene a causa della forma che assume il pannello solare, che riflette la luce proveniente da Sole in molte direzioni, soprattutto verso la Terra.
Solo una volta raggiunta l’orbita finale, ogni satellite aprirà completamente il proprio pannello solare.
Starlink satellites are equipped with one solar array instead of two, minimizing potential points of failure pic.twitter.com/bJirVr67fF
— SpaceX (@SpaceX) May 24, 2019
Motore ionico
La propulsione degli Starlink viene fornita da un motore elettrico che sfrutta l’effetto Hall. Questo sistema prevede la ionizzazione di un gas tramite un campo elettromagnetico che successivamente viene espulso creando la spinta per il satellite. Per la prima volta per questo tipo di propulsione, viene utilizzato il Krypton, un gas nobile molto economico rispetto al più comune xenon, anche se con prestazioni inferiori. Il motore ad effetto Hall viene utilizzato per raggiungere l’orbita finale nella prima fase di volo, per evitare gli ostacoli ed i detriti spaziali e per effettuare le manovre di rientro una volta terminata la vita operativa del satellite.
Star Tracker e sistema anti collisione
Per riuscire a posizionare correttamente i satelliti in orbita, SpaceX ha sviluppato un proprio sistema di navigazione che utilizza le stelle per orientarsi. In questo modo vengono direzionate correttamente le antenne verso terra anche durante eventuali manovre per evitare gli ostacoli. Per fare questo gli Starlink comunicano direttamente con il database del Dipartimento della Difesa americano, che tiene traccia di tutti gli oggetti in orbita. I dati forniti permettono agli Starlink di sapere se incontreranno ostacoli lungo il loro cammino. Grazie a questo sistema, diminuisce di molto il rischio di errore umano nelle operazioni di manovra.
Per le manovre, siccome il motore è fisso, gli Starlink sono dotati di ruote di reazione che sfruttano il principio di conservazione del momento angolare per variare l’orientamento del satellite. Per fare ciò, ogni satellite è dotato di 4 giroscopi che, girando in un senso imprimono allo Starlink una rotazione nel verso opposto. Grazie a questo sistema, nei primi tre mesi di attività i satelliti portati in orbita a maggio hanno già effettuato 16 manovre per evitare collisioni in modo completamente autonomo.
Ad inizio giugno 2020, poco dopo il lancio della missione Dragon Demo-2, alcuni Ingegneri SpaceX sono stati su Reddit per rispondere alle domande della community sul software della Dragon e di Starlink. Per quanto riguarda i satelliti di SpaceX sono emerse alcune caratteristiche generali, una su tutte la flessibilità dei software e il “riciclo” degli stessi. Ne abbiamo parlato meglio in questo articolo dedicato.
Le 4 antenne
Per coprire ogni punto della superficie terrestre con connessione ad internet, tutti gli Starlink devono essere dotato di antenne. Ogni satellite ne possiede 4 piatte posizionate sul lato rivolto verso la Terra e che trasmettono un segnale nelle bande di frequenza Ku (12–18 GHz), Ka (26.5–40 GHz) e V (40–75 GHz). I ricevitori che utilizzeranno gli utenti riceveranno il segnale dalle bande Ku e V con una velocità rilevata nei test di 610 Mbit/s e una latenza di 20 millisecondi.
Per connettersi ad internet utilizzando il servizio di SpaceX, agli utenti verrà fornito un terminale che, secondo le parole di Musk
“sembra un UFO sottile, piatto e rotondo su un bastone”
ed è grande quanto un box delle pizze. Bisognerà solamente attaccarlo alla presa di corrente e puntarlo verso il cielo e questo dispositivo si orienterà in modo autonomo verso il punto migliore per prendere il segnale.
La banda Ka, insieme sempre alla V, servirà per connettersi ai gateway (nodi), ovvero delle stazioni a terra che riceveranno il segnale e lo trasmetteranno direttamente ai dispositivi finali. I gateway sono stati testati già ad aprile 2019 e in quell’occasione si trattò di diverse antenne posizionate sul rimorchio di un camion. Questi nodi saranno situati principalmente in grandi aree urbane, in modo da reindirizzare il segnale agli utenti finali e non sovraccaricare le connessioni dirette ai satelliti.
Le bande Ku e V serviranno inoltre per tracciare gli Starlink e ricavare tutti i dati sul loro stato. I primi satelliti lanciati in orbita utilizzano i gateway per comunicare tra loro, ma le versioni successive saranno dotati di strumenti per la comunicazione via laser, che incrementerà anche la velocità del segnale.
Immissione in orbita
Oltre alle innovazioni tecnologiche portate dagli Starlink, anche il loro metodo di rilascio in orbita non si era mai visto prima. Solitamente, in cima al secondo stadio, viene posizionato un dispenser, sul quale vengono successivamente agganciati i satelliti. Una volta raggiunta l’orbita prestabilita, i satelliti si allontanano tramite un meccanismo apposito e variabile che li spinge lontano dal dispenser. Gli Starlink invece non utilizzano questo sistema.
I satelliti di SpaceX sono stati progettati in modo da potersi agganciare tra loro per utilizzare tutto lo spazio disponibile all’interno delle coperture del razzo. Una volta arrivati in orbita il secondo stadio inizia a ruotare e quando i satelliti vengono sganciati, si allontanano per inerzia. L’altezza a cui questo avviene è di 290 km. Subito dopo il rilascio gli ingegneri controllano che ogni satellite funzioni correttamente. Se non fosse così, a quell’altezza sarebbe più facile farli deorbitare, sia utilizzando i propri sistemi propulsivi sia con l’aiuto dell’attrito con l’atmosfera. Il 17 febbraio 2020, SpaceX ha testato un’immissione diretta nell’orbita finale dei satelliti per evitare di far consumare agli Starlink troppo carburante.
Un ulteriore test è avvenuto sempre verso fine febbraio, con il primo Starlink fatto deorbitare intenzionalmente. Grazie ai dati forniti per il tracciamento dei satelliti, molti astronomi hanno potuto osservare il comportamento degli Starlink. Quello che hanno visto è che uno di questi è stato utilizzato per delle prove di manovra. In base ai dati ricavati, gli esperti hanno osservato un abbassamento rapido dell’orbita, segno che è stato fatto rientrare volontariamente.
I primi Starlink orbiteranno attorno alla Terra occupando 72 piani orbitali, ovvero 72 circonferenze attorno al nostro pianeta, ognuna occupata da 22 satelliti. A differenza della costellazione concorrente OneWeb, gli Starlink non copriranno l’intera superficie della Terra sono infatti esclusi i due poli. Ogni Starlink avrà una vita operativa di circa 5 anni, dopo di che verrà fatto deorbitare e sarà sostituito con un nuovo satellite. In questo modo SpaceX potrà avere una costellazione con prestazioni sempre elevate, potendo aggiornare l’hardware molto velocemente e risolvendo i problemi che riscontreranno con le versioni in orbita.
Qui si può trovare una simulazione di come vengono rilasciati i satelliti:
Problema astronomico
Con il lancio dei primi 60 Starlink a maggio 2019, emerse subito un problema che probabilmente gli ingegneri di SpaceX avevano sottovalutato: la riflettività dei satelliti.
Dopo poche ore dal rilascio in orbita di quei satelliti, iniziarono a circolare in rete immagini di un “trenino” di puntini molto luminosi. Si trattava proprio degli Starlink.
La comunità di astronomi quindi, ha iniziato a protestare contro il progetto della società di Elon Musk, mostrando il grave impatto negativo che gli Starlink porteranno alle osservazioni astronomiche.
Il contrasto tra SpaceX e gli astronomi nacque già dai primi permessi rilasciati dalla FCC per la creazione della mega costellazione. Essi sapevano che migliaia di oggetti in orbita avrebbero danneggiato le osservazioni e creato questo tipo di problema.
Oltre alle osservazioni ottiche della volta celeste, gli Starlink potrebbero danneggiare anche quelle effettuare tramite i radiotelescopi. Questo a causa delle bande di frequenza utilizzate dai satelliti.
Per evitare di danneggiare la comunità scientifica e la ricerca in campo spaziale SpaceX ha iniziato a collaborare con i principali enti a livello mondiale. Tra questi ci sono: il National Radio Astronomy Observatory, il Green Bank Observatory e la National Science Foundation.
Rispondendo ad una serie di domande su Twitter Musk affermò che gli Starlink sfrutteranno bande di frequenza lontane da quelle utilizzate per le osservazioni astronomiche.
Il 7 gennaio 2020 sono partiti altri 60 Starlink, ma in quell’occasione uno aveva un aspetto diverso dagli altri. SpaceX sperimentò un trattamento per rendere la scocca del satellite molto più scura e meno riflettente e ciò fece soprannominare quello Starlink: DarkSat.
Test di questo tipo verranno effettuati anche con i lanci successivi con l’obbiettivo di ridurre l’albedo dei satelliti, come dichiarato da Musk.
Ad oggi, 27 febbraio 2020, con 299 Starlink in orbita non è stata ancora trovata una soluzione a questo problema. E’ inoltre difficile che una soluzione venga trovata presto. Questo è dovuto al fatto che migliaia di satelliti in orbita, anche se non visibili, lasciano una traccia nelle foto fatte con lunghe esposizioni. Conoscendo con precisione i loro passaggi si potrebbero realizzare programmi in grado di cancellare la scia dei satelliti, ma sarebbero comunque foto “sporcate”. Infatti, anche se i satelliti fossero totalmente scuri, lascerebbero una traccia del loro passaggio coprendo la luce di una stella.
Un possibile rimedio accennato da Elon Musk sarebbe quello di dotare in futuro gli Starlink di telescopi spaziali. Allo stesso tempo fornire un servizio a cui gli astronomi si possano connettere per osservazioni.
Would love to do exactly that
— Elon Musk (@elonmusk) May 27, 2019
Al momento, non ci resta che osservare come si evolverà la situazione e seguire le varie implementazioni che SpaceX apporterà ai propri satelliti per migliorarli.
Aggiornamento 28 Aprile 2020:
SpaceX sta studiando un particolare sistema, simile ad un parasole, per schermare le parti del satellite maggiormente riflettenti. In questo articolo abbiamo aggiornato e spiegato il sistema: La nuova strategia di SpaceX per ridurre la luminosità di Starlink.
Come vedere gli Starlink
Come abbiamo detto, i satelliti di SpaceX sono visibili ad occhio nudo. Ci sono quindi diversi siti che permettono di conoscere il momento esatto in cui transiteranno sopra di noi. Questo è reso possibile dal fatto che prima di ogni lancio SpaceX rilascia i dati TLE (Two-Line Elements) dei satelliti. Ovvero la loro posizione e velocità in ogni punto.
Il sito migliore per osservare i satelliti lo potete trovare qui. É il più facile ed intuitivo per osservare non solo gli Starlink ma molti altri satelliti che orbitano attorno al nostro pianeta, compresa la Stazione Spaziale Internazionale.
Come usare il servizio Starlink
A fine luglio è formalmente iniziato il programma di beta testing del servizio. In questa fase ci sono circa 550 satelliti Starlink in orbita, non sufficienti ancora per una copertura commerciale ma solo per test. Per questo motivo sono stati selezioni un gruppo i persone fra i dipendenti di Tesla e SpaceX. Con l’inizio di questo programma sono emerse per la prima volta le foto ufficiali del design dell’antenna e in maniera meno ufficiale anche quelle del modem con collegarsi. Abbiamo spiegato il programma Beta in questo articolo.