Nonostante i modelli cosmici su cui i ricercatori possono fare affidamento, l’Universo è un pozzo pieno di sorprese. Per esempio, anni fa il telescopio spaziale Hubble della NASA ha scoperto due immagini di due oggetti cosmici apparentemente identici, e solo ora gli astronomi sono riusciti a capire di cosa si tratta.
Le due immagini sembravano le fotografie speculari della stessa galassia; ma poi si è scoperto un terzo strano oggetto nelle vicinanze. Questa particolarità è stata ora chiarita: le tre immagini apparterrebbero tutte alla stessa galassia, lontana 11 miliardi di anni luce e quindi molto antica. La sua luce è stata moltiplicata e deformata dalla gravità per la presenza di un grosso ammasso di materia tra noi che osserviamo la sorgente lontana, e la sorgente stessa. Questo effetto è noto come lente gravitazionale.
Una coppia di oggetti cosmici identici: realtà o illusione della gravità?
La strana coppia di oggetti cosmici, che poi si è scoperta essere un trio, è stata individuata per caso dall’astronomo Timothy Hamilton della Shawnee State University di Portsmouth durante alcune osservazioni con Hubble. Lo strano oggetto responsabile di quelle immagini, soprannominato “l’Oggetto di Hamilton”, ha suscitato la curiosità dei ricercatori. Diverse ipotesi sono state avanzate, dalle stringhe cosmiche alle nebulose planetarie. Non era infatti ancora ben conosciuta l’azione della gravità sullo spaziotempo, e il fenomeno illusorio della lente gravitazionale.
Confrontandosi con altri colleghi, Hamilton e il collega Richard Griffiths dell’Università di Hilo alle Hawaii hanno scoperto che le tre immagini potevano appartenere allo stesso oggetto lontano. La sua luce era deviata e moltiplicata dall’immensa gravità di qualche altro ammasso di materia più vicino a noi. E c’era un’altra sorpresa. Le tre immagini sono copie esatte l’una dell’altra, un evento molto raro e causato dall’allineamento preciso della sorgente lontana con l’ammasso lenticolare in primo piano.
Questo caso straordinario è possibile quando la galassia lontana si trova sopra un’increspatura dello spaziotempo, causata dalla presenza d’ingenti quantità di materia oscura. Mentre la luce della galassia attraversa questa increspatura, vengono prodotte diverse immagini di essa.
Ma qual è la lente che distorce la gravità?
Il problema dei ricercatori era capire quale fosse l’oggetto cosmico responsabile dell’effetto di lente. Cosa particolarmente strana, perché solitamente si trova prima l’ammasso di materia che sta causando la deviazione della luce, e poi l’immagine ingrandita o moltiplicata della sorgente lontana.
I ricercatori guidati da Griffiths hanno cercato il possibile responsabile della lente tra i dati dello SDSS (Sloan Digital Sky Survey). In questo modo hanno scovato l’ammasso che moltiplicava l’immagine di una galassia lontana 11 miliardi di anni luce. Questo è stato confermato utilizzando il telescopio situato nel W. M. Keck Observatory alle Hawaii. La galassia sarebbe una spirale barrata di taglio, con una ricca ma disomogenea formazione stellare. Un altro team di scienziati, nello stesso periodo, ha definitivamente identificato l’ammasso che si comportava come lente gravitazionale e ha misurato la sua distanza sfruttando lo SDSS. Esso sarebbe lontano 7 miliardi di anni luce.
Una lente gravitazionale diversa dalle precedenti
Nonostante la mancanza d’informazioni sull’ammasso responsabile dell’effetto di lente gravitazionale, il team di ricercatori ha cercato d’interpretare l’azione della gravità e le immagine che produceva. Griffiths spiega:
Questa lente gravitazionale è molto diversa dalla maggior parte delle lenti che sono state studiate in precedenza da Hubble, in particolare nell’indagine sugli ammassi Hubble Frontier Fields. Non è necessario osservare a lungo quegli ammassi per trovare molte lenti.
Per poter comprendere la natura di questo particolare ammasso, Griffiths si è confrontato con Jenny Wagner dell’Università di Heidelberg e Nicolas Tessore dell’Università di Manchester, esperti di lenti gravitazionali. Il software da loro sviluppato per interpretare oggetti unici come quello dello studio di Griffiths ha consentito di comprendere l’ambiente in cui si trova la galassia con l’immagine moltiplicata dalla lente.
Sfruttare la gravità per sondare tra i segreti dell’invisibile
Il risultato dello studio è particolarmente importante per poter svelare i segreti del cosmo e della sua componente più misteriosa, la materia oscura. Infatti, sfruttando le conoscenze dei diversi fenomeni creati dalle lenti gravitazionali è possibile studiare la struttura su larga scala dell’Universo e creare modelli sempre più dettagliati.
“Sappiamo che è una qualche forma di materia, ma non abbiamo idea di cosa sia la particella costituente. Quindi non sappiamo affatto come si comporta” ammette Griffiths. “Sappiamo solo che ha massa ed è soggetta alla gravità.” Proprio questa gravità, di cui riconosciamo gli effetti osservando il cielo, sarà uno dei fondamentali indizi per spiegarci l’invisibile.
Lo studio, apparso sul The Monthly Notices of the Royal Astronomical Society di settembre 2021, è disponibile qui.
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