Il sogno di riportare sulla Terra campioni di suolo e magari anche sottosuolo marziano nacque già negli anni Settanta del secolo scorso, appena dopo che si era fatto lo stesso con la Luna. Per gli scienziati avere a disposizione il materiale marziano da analizzare nei laboratori sulla Terra rappresentava, allora come oggi, un vantaggio enorme rispetto alle analisi che si possono fare in loco, nonostante i progressi della strumentazione scientifica che i rover moderni della NASA sono in grado di portare sulla superficie di Marte.
La strada per realizzare questo sogno però, è stata lunga e piuttosto accidentata. Prima i piani dell’Unione Sovietica per una missione di sample return negli anni Settanta furono abbandonati a seguito dei continui insuccessi del loro programma marziano. Poi fu la NASA a cancellare per ben due volte i suoi piani, la prima all’inizio degli anni Novanta, a causa della non florida situazione di budget, la seconda dieci anni più tardi, dopo il disastroso fallimento di sue due missioni marziane nel 1999.
Dovranno passare ancora quasi vent’anni per il tentativo successivo della NASA, il terzo. Nel 2018 infatti l’Agenzia spaziale statunitense si accordò con l’ESA per realizzare la missione Mars Sample Return (MSR), per riportare sulla Terra campioni di suolo marziano nel 2031.
Il programma prevedeva tre missioni: il rover Perseverance per raccogliere i campioni, una seconda missione NASA, il lander SRL [Sample Retrieval Lander, n.d.r.], per portarli in orbita marziana e una terza, la sonda europea ERO, per riportarli sulla Terra. Mai eravamo stati così vicini alla realizzazione del sogno. Ma anche stavolta i problemi non si sono fatti attendere. Già nell’estate del 2022 la NASA dovette cambiare l’architettura della missione, per ridurre la massa di SRL.
Ma anche con questa nuova architettura i tempi di realizzazione continuavano ad allungarsi, e i costi lievitavano inesorabilmente. Già a settembre 2023 una commissione indipendente stimava un costo per la NASA tra gli 8 e gli 11 miliardi di dollari, molto superiore a quello inizialmente stimato di 5-7 miliardi. Per riuscire a coprire un tale aumento di costi entro il budget delle missioni scientifiche della NASA, sarebbe stato necessario spalmare la spesa su un periodo più lungo, ritardando così la conclusione della missione fino al 2040, un ritardo improponibile.
Come prima reazione la NASA sospese il programma, facendo partire una valutazione interna della situazione. Questo causò tra l’altro una specie di terremoto nel JPL di Pasadena, responsabile fino ad allora dello sviluppo di MSR, che licenziò di colpo oltre 600 persone, circa l’8% della sua forza lavoro.
Quando, nell’aprile 2024, la valutazione interna si concluse confermando in sostanza le conclusioni della commissione esterna, la NASA si trovò costretta a prendere una decisione drastica. Questa volta però era molto più difficile cancellare del tutto il programma: la priorità scientifica di una missione di sample return da Marte era stata più volte sottolineata, e il suo sviluppo era già piuttosto avanzato. Così la decisione fu di chiedere sia a vari Centri della NASA sia all’industria americana di studiare proposte innovative che potessero salvare il programma, cioè riportarlo il più vicino possibile al tetto originale di 7 miliardi di dollari e allo stesso tempo garantire l’arrivo dei campioni marziani sulla Terra entro gli anni Trenta.
Dopo un primo giro di selezione delle 48 proposte iniziali ricevute, quelle scelte per una seconda fase sono state concretizzate in 12 proposte dettagliate, otto industriali e quattro interne all’Agenzia, consegnate formalmente il 15 ottobre scorso. La NASA ha poi nominato un comitato di esperti esterni che, supportato da un team interno, dovrà analizzarle e suggerire una nuova architettura del programma entro la fine del 2024.
È interessante notare che, come ha dichiarato la NASA, la metà delle proposte industriali affrontano aspetti specifici, come il problema di ridurre peso e dimensioni del Mars Ascent Vehicle, il razzo che dovrà portare i campioni in orbita marziana; ma le altre quattro affrontano l’intera definizione e architettura del programma.
Anche se non mi sorprende che alcune aziende abbiano avanzato proposte del genere, non penso sia realistico pensare di ripartire da zero, buttare via quanto finora la NASA ha studiato e già in parte realizzato, e riuscire comunque a completare la missione entro il prossimo decennio. Soprattutto se la nuova architettura viene da aziende che non hanno esperienza di missioni marziane. Sappiamo quanto è difficile arrivare a Marte, quanto è stato lungo e pieno di insuccessi il percorso per le agenzie spaziali istituzionali. I viaggi verso Marte durano mesi, le opportunità di lancio sono rare. Il metodo del “prova, sbaglia e impara” adottato oggi coraggiosamente e con successo da alcune aziende del New Space richiede tempi lunghissimi. Non si può pensare di accumulare l’esperienza marziana necessaria in pochi anni.
Cosa dobbiamo dunque aspettarci a questo punto? Possibile che dalle proposte salti fuori una nuova architettura che permetta di realizzare tutti gli obiettivi in tempi e costi significativamente ridotti? Questa eventualità agli esperti appare piuttosto improbabile. Forse allora questa non è che una messa in scena per preparare l’opinione pubblica americana a una nuova cancellazione di un programma di sample return da Marte? Senza aver potuto vedere le proposte, che non sono state rese pubbliche, e quindi solo sulla base di opinioni puramente personali, mi permetto di fare qualche considerazione generale.
Il valore scientifico della missione è stato più volte confermato dalla NASA e difeso strenuamente dai planetologi e esobiologi marziani. Lo stesso però è visto con scetticismo dal resto della comunità degli scienziati del Sistema solare, e pesantemente criticato da quella astronomica. Chiaramente, se si valuta il valore di MSR usando parametri standard come il numero di articoli scientifici o di dottorati che può potenzialmente produrre, le missioni astronomiche di costo paragonabile come il telescopio spaziale JWST stravincono su tutta la linea.
D’altra parte, se le analisi dei campioni di suolo marziano trovassero davvero la prova dell’esistenza di vita sul Pianeta rosso sarebbe una scoperta epocale. Nessuno oserebbe mai compararne il valore con il numero di articoli o di dottorandi. Insomma il dilemma di una missione di sample return è che il suo costo enorme è giustificato veramente solo se raggiunge il successo finale: la scoperta di segni di vita marziana. Altrimenti le critiche anche pesanti degli altri scienziati, decisamente comprensibili, diventerebbero assordanti.
MSR è dunque una scommessa rischiosa per chi decide come spendere i fondi delle missioni scientifiche. Bisogna però anche tenere conto della situazione geopolitica attuale, molto diversa da quella delle due precedenti cancellazioni del programma sample return nel secolo scorso. In passato, il predominio tecnologico americano nelle missioni interplanetarie era assoluto e inoppugnabile. Oggi invece, c’è una nuova potenza spaziale, la Cina, già affermata e in rapida crescita, che compete con la NASA ormai in tutti i settori dell’esplorazione spaziale, dalla stazione spaziale in orbita terrestre all’esplorazione di Marte, e che in alcuni casi è addirittura in chiaro vantaggio, come nell’esplorazione robotica della Luna.
Guarda caso, la Cina ha già annunciato una missione di sample return da Marte da lanciare nel 2028, con ritorno dei campioni sulla Terra entro l’inizio degli anni Trenta. La pressione politica sulla NASA è dunque enorme. Una sconfitta nel campo dell’esplorazione marziana, con i primi campioni di suolo marziano riportati sulla Terra da una missione cinese sarebbe per la grande potenza tecnologica USA non una batosta, ma una vera disfatta sul piano dell’immagine. Sono convinto che sia stata proprio la competizione con la Cina a evitare, almeno per ora, la cancellazione del programma sample return americano.
E allora? Questa vicenda mi ha fatto tornare alla mente che più di una volta nel passato il Congresso ha messo pressione sulla NASA per fermare l’esplosione dei costi di un nuovo programma, mettendo in competizione i vari Centri della NASA, tra loro e con l’industria aerospaziale. È stato ad esempio il caso delle missioni verso Giove e Saturno poi sfociata nello strepitoso successo delle sonde Voyager. Alla fine il JPL di Pasadena, che è considerato il Centro più costoso ma è anche sicuramente il più esperto, riusciva quasi sempre a spuntarla, riducendo però costi e ambizioni pur di mantenere la leadership nel campo delle missioni nel Sistema solare. Insomma il giochetto non è nuovo e immagino che molti politici al Congresso, ma probabilmente anche molti manager della NASA a Washington, siano convinti che possa anche in questo caso dare risultati positivi.
Insomma io credo che nella situazione politica attuale gli USA e la NASA non abbiano alternative: il programma Mars Sample Return questa volta “s’ha da fare”. Per cui l’obiettivo di questa iniziativa di competizione lanciata nel 2024, che tra l’altro è costata oltre un anno di ritardo aggiuntivo, è davvero quello di tirar fuori qualche idea brillante e soprattutto identificare qualche sconto, di tempo e denaro.
La NASA, da parte sua, l’ha lanciata per mostrare a tutti, alla comunità scientifica, all’industria, ma soprattutto al Congresso, che ha preso sul serio il suo mandato, ha rimesso in discussione l’intera architettura del programma, ha aperto una competizione tra i suoi centri, e ha richiesto e tenuto conto di idee e proposte industriali. Alla fine introdurrà qualche idea innovativa, e riuscirà anche a risparmiare qualcosa.
Dopo di che potrà dire di aver fatto tutto il possibile: se l’America vorrà davvero Mars Sample Return, allora dovrà accettarne i costi e i tempi. Altrimenti, che sia il Congresso, che tiene i cordoni della borsa, a prendersi la colpa di una cancellazione del programma, con la prospettiva molto probabile di fare una figuraccia nella competizione con la Cina.
E l’ESA, partner importante nel programma, che ruolo svolge in tutto questo? A leggere i comunicati stampa della NASA e i commenti della stampa specializzata si fatica anche a scovare il termine ESA. Nessuno dell’ESA è ufficialmente coinvolto nel processo attualmente in corso negli USA per salvare il programma. Ma il contributo dell’ESA, almeno per quanto riguarda la missione ERO [Earth Return Orbiter, n.d.r.], rimane secondo me indispensabile alla NASA per riuscire a salvare MSR. Sono convinto che le discussioni tecniche e programmatiche tra NASA e ESA stiano continuando nel sottofondo, e contribuiranno significativamente, anche se non ufficialmente, a identificare la soluzione da adottare.
Si troverà una soluzione? Io sono un incurabile ottimista, e penso di sì. Proprio perché, come spiegavo sopra, MSR è un programma politicamente condannato al successo.