Il 12 novembre 2014, il piccolo lander Philae atterrava sulla superficie della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Lanciato come parte della missione Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), Philae è stato il primo dispositivo a raggiungere e atterrare su una cometa, scrivendo un capitolo fondamentale nell’esplorazione dei piccoli corpi del Sistema Solare.
La missione Rosetta, partita il 2 marzo 2004, il 6 agosto 2014 è entrata in orbita attorno alla cometa, permettendo di studiarne la morfologia, la struttura e il comportamento da distanza ravvicinata. Questo traguardo ha però rappresentato solo l’inizio di un’avventura scientifica incredibile.
Philae, il lander trasportato dalla sonda madre, era programmato per scendere sulla superficie della cometa e compiere esperimenti diretti, raccogliendo dati sulla composizione chimica e fisica del suolo cometario. Nonostante il suo atterraggio non si sia svolto come previsto, Philae ha comunque trasmesso una quantità straordinaria di informazioni scientifiche nel corso del suo periodo di operatività sulla cometa.
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La missione: un’avventura scientifica tra ghiaccio e polvere
Progettato per lavorare in sinergia con la sonda Rosetta, Philae aveva obiettivi scientifici ambiziosi e specifici. Lo studio delle comete rappresenta infatti una chiave di lettura per comprendere il Sistema Solare primordiale e l’origine degli elementi chimici essenziali alla vita.
La missione primaria di Philae consisteva nel raccogliere dati diretti dal suolo della cometa, analizzandone la composizione chimica e fisica attraverso strumenti di perforazione, spettrometri e sensori di campo magnetico. Gli scienziati speravano che Philae potesse fornire una conferma diretta dell’esistenza di composti organici complessi sulla cometa 67P, poiché le comete sono ritenute potenziali “capsule del tempo” che racchiudono materiali originari del Sistema Solare.
L’idea alla base della missione era che Philae sarebbe stato in grado di ottenere un campione di materiale incontaminato dalla superficie e dall’interno della cometa, per poi analizzarlo e identificare molecole organiche prebiotiche. Con la presenza di strumenti come COSAC e PTOLEMY, Philae era infatti attrezzato per identificare una vasta gamma di composti organici, inclusi amminoacidi e altre molecole rilevanti per la chimica della vita.
Come avrebbe dovuto svolgersi l’atterraggio
L’atterraggio di Philae rappresentava una sfida tecnica mai tentata prima, resa ancora più complessa dalla bassa gravità della cometa e dalla sua superficie irregolare. Dopo essere stato rilasciato da Rosetta, Philae avrebbe dovuto toccare la superficie della cometa con una velocità controllata, grazie a un sistema di ancoraggio che prevedeva arpioni e viti da roccia.
Al momento del contatto, il lander avrebbe dovuto sparare due arpioni per ancorarsi alla superficie, mentre una serie di viti laterali e inferiori avrebbero fornito stabilità aggiuntiva, prevenendo rimbalzi.
Era previsto anche un sistema di spinta a gas che avrebbe dovuto spingere Philae verso il basso per garantire un ancoraggio saldo alla cometa, la cui gravità è circa 100mila volte inferiore a quella terrestre. Questo sistema complesso avrebbe dovuto permettere al lander di operare stabilmente e raccogliere dati senza interruzioni.
Il team di missione aveva scelto un punto di atterraggio noto come Agilkia, sulla “testa” della cometa, selezionato con attenzione per le sue caratteristiche relativamente piatte e illuminate, che avrebbero dovuto garantire sia un contatto sicuro sia l’esposizione ottimale ai raggi solari. L’operazione richiedeva un’accuratezza senza precedenti.
Come è andato in realtà
Al momento dell’atterraggio, i sistemi di ancoraggio di Philae non hanno funzionato come previsto. Gli arpioni non si sono attivati correttamente, impedendo al lander di ancorarsi al suolo, e il sistema di spinta a gas non ha generato la pressione necessaria. Di conseguenza, Philae ha rimbalzato due volte sulla superficie della cometa, perdendo il controllo della traiettoria e atterrando in una posizione inclinata e parzialmente in ombra.
L’atterraggio su Agilkia è avvenuto alle 16:34 italiane del 12 novembre 2014, e la conferma è arrivata a Terra tramite Rosetta 28 minuti più tardi.
La posizione ha però rappresentato una sfida per il lander, poiché la mancanza di luce ha limitato l’energia solare disponibile, riducendo il tempo di operatività. Tuttavia, prima che le batterie si esaurissero, Philae è riuscito a completare una serie di esperimenti scientifici e ha inviato i dati raccolti alla sonda Rosetta, che li ha poi trasmessi a Terra.
La sua posizione finale, su un terreno accidentato e in gran parte all’ombra, ha messo a rischio la missione di Philae, ma non ha impedito al lander di fornire un contributo scientifico fondamentale. I dati raccolti durante quelle poche ore operative si sono rivelati preziosi, aprendo una finestra unica sulla superficie della cometa e fornendo nuove informazioni sulla composizione del suolo cometario.
Alla ricerca di Philae
Dopo il caotico atterraggio e il rimbalzo sulla superficie della cometa 67P, Philae è rimasto fuori dalla visuale della sonda madre Rosetta. Durante il suo atterraggio, Philae aveva fornito informazioni sul sito in cui si trovava, ma senza una chiara visuale della sua posizione, le stime erano imprecise.
Nei mesi successivi, Rosetta ha compiuto una serie di passaggi ravvicinati, utilizzando la propria fotocamera OSIRIS per scandagliare dettagliatamente la superficie della cometa. Philae comunicò sporadicamente con Rosetta fino al 9 luglio 2015, ma il contatto fu poi perso. La posizione del lander era nota entro poche decine di metri ma non poteva essere vista.
Dopo una lunga ricerca, la posizione esatta di Philae è stata finalmente identificata il 2 settembre 2016, quando Rosetta è riuscita a catturare un’immagine del lander incastrato in una fessura tra rocce. Questa individuazione ha finalmente permesso agli scienziati di confermare le condizioni di Philae e comprendere meglio i dati che il lander aveva inviato nei suoi momenti operativi.
Uno sguardo ravvicinato sulla composizione della cometa
Nonostante le limitazioni, Philae ha compiuto una serie di analisi scientifiche significative. Il trapano SD2 ha è riuscito a perforare 0.25 metri nel ghiaccio per l’analisi, mentre strumenti come il COSAC e PTOLEMY hanno analizzato la composizione chimica e molecolare dell’ambiente circostante.
In particolare, COSAC è riuscito a identificare sedici composti organici, alcuni dei quali mai osservati prima su una cometa, inclusi composti legati agli amminoacidi, molecole fondamentali per la chimica prebiotica.
Philae ha anche utilizzato strumenti come ROMAP, che ha misurato i campi magnetici, e SESAME, che ha rilevato le proprietà fisiche della superficie, fornendo una visione multidimensionale del sito di atterraggio. I dati hanno indicato che la superficie di 67P è composta da una combinazione di ghiaccio e polveri organiche, confermando la complessità della sua composizione.
Il 28 ottobre 2020, è stato annunciato che Philae aveva scoperto, tra le altre cose, “ghiaccio primitivo a bassa resistenza all’interno di massi cometari”, cosa che includeva anche ghiaccio d’acqua primitivo dalla formazione stimata della cometa 4.5 miliardi di anni prima.
L’eredità scientifica di Philae
Nonostante la breve durata dell’operatività di Philae, i dati raccolti hanno avuto un impatto scientifico duraturo. Le sue scoperte hanno contribuito a nuove ipotesi sull’origine delle comete e sulla presenza di molecole organiche nel Sistema Solare primitivo.
Gli studi effettuati da Philae e Rosetta hanno infatti supportato la teoria che le comete possano aver trasportato composti prebiotici sulla Terra, contribuendo all’evoluzione della vita. Inoltre, la missione ha segnato un importante progresso tecnologico, fornendo indicazioni sulle tecniche di atterraggio su corpi a bassa gravità e sulle modalità di esplorazione di oggetti con superfici irregolari e poco illuminate.
L’eredità di Philae continua a influenzare la progettazione delle future missioni, che prevedono l’atterraggio e l’esplorazione di asteroidi e altre comete. Insieme a Rosetta, Philae ha aperto nuove strade nella scienza planetaria e ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’esplorazione spaziale.
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