Recenti osservazioni condotte dai telescopi spaziali Hubble e James Webb hanno rivelato un interessante dettaglio del sistema di Vega, una delle stelle più luminose del cielo notturno settentrionale, lontana 25 anni luce dalla Terra.
I ricercatori dell’Università dell’Arizona hanno utilizzato i due telescopi per osservare il disco di gas e polveri, eccezionalmente uniforme, che circonda questa stella, esteso per 160 miliardi di km. Questa caratteristica, che potrebbe sembrare familiare ai fan del film “Contact” del 1997 – dove il personaggio di Jodie Foster viaggia attraverso un tunnel spazio-temporale proprio verso Vega – rappresenta una sfida per i modelli attuali di formazione planetaria.
Da questo nuovo studio infatti è emersa l’assenza di evidenti perturbazioni nel disco di detriti che potrebbero indicare la presenza di pianeti di grandi dimensioni. Questa scoperta sta quindi costringendo gli scienziati a riconsiderare le loro teorie sulla varietà dei sistemi esoplanetari.
Vega non è una stella ordinaria. Con una luminosità 40 volte superiore a quella del nostro Sole e un’età di circa 450 milioni di anni (un decimo dell’età del Sole), rappresenta un laboratorio celeste ideale per studiare l’evoluzione dei sistemi stellari.
La combinazione delle osservazioni di Webb e Hubble ha fornito una visione senza precedenti del suo sistema. Il telescopio Webb ha rilevato la radiazione infrarossa emessa da particelle delle dimensioni della sabbia che orbitano attorno alla stella. Ha anche risolto il bagliore della polvere calda in un alone del disco: il disco esterno (analogo alla fascia di Kuiper del Sistema Solare) si estende da 11 a 24 miliardi di km. Il disco interno si estende dal bordo interno del disco esterno fino alla stretta vicinanza alla stella.
Hubble invece ha catturato un alone esterno composto da particelle ancora più fini, paragonabili alla consistenza del fumo, che riflettono la luce stellare.
La caratteristica più sorprendente è l’estrema uniformità del disco. Come afferma Andras Gáspár dell’Università dell’Arizona: “È un sistema misterioso perché è diverso da altri dischi circumstellari che abbiamo osservato. Il disco di Vega è liscio, ridicolosamente liscio”.
L’unica irregolarità identificata è una sottile lacuna situata a circa 60 unità astronomiche dalla stella, il doppio della distanza di Nettuno dal Sole. Questa struttura stratificata del disco è il risultato della pressione della luce stellare, che spinge le particelle più piccole verso l’esterno più rapidamente di quelle più grandi, come spiega Schuyler Wolff, autore principale dello studio basato sui dati di Hubble.
Le prime osservazioni significative di Vega in infrarosso risalgono al 1984, quando il satellite IRAS della NASA rilevò un eccesso di radiazione infrarossa, interpretato come la presenza di un disco di polveri che si estendeva fino al doppio della distanza di Plutone dalla stella.
Successive osservazioni, effettuate nel 2005 con il telescopio spaziale Spitzer della NASA e confermate da vari osservatori terrestri come ALMA in Cile e il Submillimeter Observatory alle Hawaii, avevano mappato un anello di polveri, ma senza poterne rivelare i dettagli ora evidenti.
Il confronto con sistemi simili rende il caso di Vega ancora più intrigante. Ad esempio, Fomalhaut, una stella di età e temperatura simili, presenta tre distinte fasce di detriti, presumibilmente modellate dall’influenza gravitazionale di pianeti. Come sottolinea George Rieke dell’Università dell’Arizona:
Data la somiglianza fisica tra Vega e Fomalhaut, perché quest’ultima sembra aver formato pianeti mentre Vega no? Qual è la differenza? L’ambiente circumstellare o la stella stessa hanno creato questa differenza?
La risposta a queste domande potrebbe fornire nuove intuizioni sui processi di formazione planetaria, dimostrando quanto ancora ci sia da scoprire sui sistemi stellari, anche quando i pianeti rimangono nascosti alla nostra vista.
Sei interessato a conoscere nel dettaglio ricerche e scoperte fatte grazie al James Webb? Ogni 2 del mese pubblichiamo un approfondimento dedicato, all’interno della rubrica “Cronache dal James Webb”, che racconta tutto ciò che il telescopio spaziale ha permesso di comprendere sull’Universo primordiale, sulla Galassia e sul nostro Sistema Solare nel corso del mese precedente. La rubrica è disponibile su Astrospace ORBIT.