Il 15 ottobre 2024, durante una conferenza stampa, la Cina ha presentato la sua roadmap per l’esplorazione spaziale fino al 2050, delineando un programma particolarmente ambizioso.
Il piano, annunciato congiuntamente dall’Accademia Cinese delle Scienze (CAS), dall’Amministrazione Spaziale Nazionale Cinese (CNSA) e dall’Ufficio di Ingegneria Spaziale Umana Cinese (CMSEO), si articola in tre fasi distinte e include una missione per raccogliere campioni dell’atmosfera di Venere.
Come sottolineato dal vicepresidente della CAS, Ding Chibiao, nonostante i progressi significativi, la ricerca spaziale cinese è ancora agli albori, con un numero relativamente limitato di missioni scientifiche attive nello spazio, soprattutto nello spazio interplanetario.
Il programma si sviluppa attraverso tre fasi temporali ben definite, ciascuna con obiettivi specifici e sempre più ambiziosi.
La prima fase, che si estenderà fino al 2027, prevede l’organizzazione della prima missione lunare con equipaggio, che però sarà poi lanciata entro il 2030. Ci saranno poi operazioni sulla stazione spaziale che includeranno un telescopio simile ad Hubble, e l’avvio di altri progetti scientifici. Tra questi, spiccano missioni di grande dimensione come un pathfinder per il rilevamento delle onde gravitazionali e un orbiter solare polare.
Le missioni di classe piccola e media includeranno lo studio della materia oscura, un osservatorio solare al punto lagrangiano L5 Sole-Terra e missioni per lo studio di esopianeti. Cinque missioni sono già state approvate e sono in fase di sviluppo: DSL (Discovering Sky at the Longest Wavelength), eXTP (Enhanced X-ray Timing and Polarimetry), SPO (Solar Polar Orbiter), Taiji-2 e Earth 2.0. Ciascuna dedicata a specifici obiettivi scientifici, dalla ricerca di segnali nelle ere cosmiche oscure allo studio dei buchi neri.
La seconda fase (2028-2035) e la terza fase (2036-2050) del programma promettono sviluppi ancora più ambiziosi, con particolare attenzione alla missione Tianwen-4 verso Giove, all’esplorazione dei confini del Sistema Solare e alla creazione dell’International Lunar Research Station (ILRS).
Ma tra tutti questi progetti, spicca la missione di ritorno di campioni atmosferici da Venere, che sostituisce il precedente progetto VOICE. Sebbene i dettagli specifici non siano stati rivelati, una proposta del MIT del 2022 per una missione simile suggeriva un approccio che prevede la discesa nell’atmosfera venusiana, il gonfiaggio di un pallone per il campionamento e un veicolo di ascesa per consegnare i campioni a un orbiter in attesa.
Questa missione si inserisce in un contesto più ampio di esplorazione del Sistema Solare: la Cina sta infatti anche lavorando al lancio di una missione di ritorno di campioni da Marte nel 2028, con l’obiettivo di consegnare i primi campioni sulla Terra entro il 2031. Come sottolineato dal direttore Wang Chi del Centro Nazionale per le Scienze Spaziali, il programma sarà aperto alla cooperazione internazionale, permettendo agli risultati scientifici e tecnologici di beneficiare l’intera umanità.
Il piano cinese si distingue per la sua ampiezza e ambizione, ed evidenzia come la Cina stia costruendo un programma spaziale completo che abbraccia multiple destinazioni nel Sistema Solare.
La missione di campionamento dell’atmosfera di Venere, in particolare, rappresenta un approccio unico rispetto alle missioni DAVINCI+ della NASA ed EnVision dell’ESA. Mentre DAVINCI+ si concentrerà sull’analisi in situ dell’atmosfera venusiana attraverso una sonda che scenderà attraverso le dense nubi del pianeta, misurando la composizione e le condizioni atmosferiche durante la discesa, EnVision dell’ESA studierà la geologia e l’atmosfera del pianeta dall’orbita utilizzando una suite di strumenti di telerilevamento, la missione cinese potrebbe spingersi oltre, anche se in un orizzonte temporale più lungo.
Questa missione è il primo tentativo di raccogliere campioni dell’atmosfera venusiana e riportarli sulla Terra per un’analisi dettagliata mai annunciato. Se la missione sarà veramente completata, permetterebbe agli scienziati di condurre analisi molto più approfondite di quanto sia possibile con gli strumenti a bordo di una sonda spaziale, potenzialmente rivelando nuovi indizi sulla possibile presenza di biomarcatori come la fosfina e altri composti di interesse astrobiologico.
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