Oggi vediamo Marte come un pianeta desertico, gelido e ostile, con una superficie ricoperta di montagne di rocce e sabbia e senza acqua liquida che scorre. Un pianeta, in poche parole, inadatto alla vita. Un tempo, però, non era così.
Uno degli obbiettivi della missione Curiosity della NASA, che dal 2012 sta esplorando il Pianeta Rosso, è proprio capire come esso si sia trasformato da un mondo ricco di acqua e potenzialmente adatto alla vita, a uno così inospitale.
Negli ultimi mesi, gli scienziati hanno utilizzato gli strumenti Sample Analysis at Mars (SAM) e Tunable Laser Spectrometer (TLS) a bordo del rover per misurare la composizione isotopica di alcuni minerali ricchi di carbonio nel cratere Gale. In questo modo, hanno trovato nuovi indizi su come si è trasformato l’antico clima di Marte, rendendolo inadatto alla vita.
I carbonati del cratere Gale
Gli isotopi sono versioni di uno stesso elemento chimico con masse diverse. Quando l’acqua evapora, le versioni leggere di carbonio e ossigeno hanno più probabilità di fuoriuscire nell’atmosfera. Le versioni pesanti, invece, vengono più facilmente lasciate indietro, accumulandosi in abbondanze maggiori e rimanendo incorporate nelle rocce carbonatiche.
Ecco perché gli scienziati sono interessati alla quantità e in particolare alla composizione isotopica dei minerali carbonati trovati nelle rocce del cratere Gale. Possono fungere come “registri climatici”, conservando le firme degli ambienti in cui si sono formati, tra cui la temperatura, l’acidità dell’acqua e la composizione dell’acqua e dell’atmosfera.
In particolare, i valori degli isotopi dei carbonati nel cratere Gale indicano quantità estreme di evaporazione, il che suggerisce che questi carbonati si siano probabilmente formati in un clima che poteva supportare solo acqua liquida transitoria. David Burtt del Goddard Space Flight Center della NASA, autore principale dello studio, ha spiegato:
Inostri campioni non sono coerenti con un ambiente antico con vita (biosfera) sulla superficie di Marte, sebbene ciò non escluda la possibilità di una biosfera sotterranea o di una biosfera di superficie che è iniziata e finita prima della formazione di questi carbonati.
Le ipotesi sul clima di Marte
Lo studio propone due diversi meccanismi di formazione per i carbonati trovati nel cratere Gale:
- Che si siano formati attraverso una serie di cicli umido-secco all’interno del cratere.
- Che abbiano avuto origine in acqua molto salata in condizioni criogeniche (così fredde da formare ghiaccio) nel cratere Gale.
Questi due meccanismi di formazione rappresentano quindi due diversi regimi climatici per Marte, che potrebbero di conseguenza presentare diversi scenari di abitabilità.
- Il ciclo umido-secco indicherebbe l’alternanza tra ambienti più e meno abitabili, in epoche diverse della storia marziana.
- Le temperature criogeniche alle medie latitudini di Marte indicherebbero un ambiente meno abitabile, in cui la maggior parte dell’acqua è bloccata nel ghiaccio e non disponibile per la chimica o la biologia (e quindi per l’eventuale originarsi o proliferare della vita).
E quindi?
Questi scenari climatici per Marte sono stati già proposti in precedenza, sulla base della presenza di alcuni minerali, della modellazione su scala globale e dell’identificazione di formazioni rocciose. Tuttavia, questo risultato è il primo ad aggiungere prove isotopiche da campioni di roccia a supporto degli scenari.
I valori degli isotopi pesanti nei carbonati marziani sono significativamente più alti di quelli osservati sulla Terra per i minerali carbonatici, e sono i valori degli isotopi di carbonio e ossigeno più alti registrati per qualsiasi materiale di Marte.
Secondo il team, sia il clima umido-secco che quello freddo-salato sono necessari per formare carbonati così ricchi di carbonio pesante e ossigeno. “Indicano un processo che è stato portato all’estremo” ha affermato Burtt. “Mentre l’evaporazione può causare cambiamenti significativi degli isotopi di ossigeno sulla Terra, i cambiamenti misurati in questo studio erano due o tre volte più grandi”.
Lo studio, quindi, non solo rafforza l’ipotesi che Marte abbia avuto un passato complesso e dinamico dal punto di vista climatico, ma ci avvicina anche alla comprensione delle condizioni che hanno reso il pianeta così inospitale. Anche se questi risultati suggeriscono che la superficie di Marte non fosse adatta alla vita durante la formazione dei carbonati, lasciano comunque aperte molte domande. Le indagini future, sia con rover che con missioni di ritorno campioni, saranno fondamentali per risolvere questi enigmi e scoprire se Marte abbia mai effettivamente ospitato la vita.
I risultati sono stati pubblicati in uno studio il 9 ottobre 2024 nella rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, reperibile qui.
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