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Un anno dall’arrivo dei campioni di Bennu con OSIRIS-REx. Cosa sappiamo in più ora?

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Il 24 settembre 2023, la capsula della missione OSIRIS-REx rientrava sulla Terra per portare i primi campioni di un asteroide mai raccolti dalla NASA. Dopo sette anni di viaggio e sfide tecniche, la capsula contenente i preziosi frammenti è atterrata nel deserto dello Utah, segnando il culmine di un’altra importante impresa scientifica.

I campioni, raccolti nel 2020, provengono dall’asteroide carbonaceo Bennu, e rappresentano una finestra unica sulle origini del Sistema Solare e sui processi che hanno portato alla formazione dei pianeti e alla vita sulla Terra. Infatti, si pensa che Bennu sia un pezzo di roccia originale, proveniente dai primordi del nostro sistema planetario.

Ora, un anno dopo il loro ritorno, gli scienziati sono ancora impegnati nell’analisi dettagliata dei materiali. Ma cosa abbiamo scoperto in più, nel frattempo?

Cosa sapevamo prima di Bennu?

Bennu è stato scelto come obiettivo della missione OSIRIS-REx per la sua orbita vicina alla Terra e per il suo potenziale di contenere materiali organici e volatili, che risalirebbero ai primi milioni di anni del Sistema Solare.

Gli asteroidi di tipo carbonaceo come Bennu sono particolarmente interessanti poiché si pensa che abbiano conservato materiale primordiale, relativamente intatto, dalla formazione del nostro sistema planetario. Tuttavia, nonostante gli indizi raccolti dalle missioni precedenti e dagli studi spettroscopici, non avevamo informazioni precise sulla reale composizione chimica di Bennu o sui processi che lo hanno modellato.

Si sapeva che questi oggetti contenevano carbonio e che potevano essere ricchi di molecole organiche complesse, ma non c’erano conferme dirette. La missione OSIRIS-REx è nata con l’obiettivo di colmare queste lacune, raccogliendo campioni da analizzare direttamente in laboratorio.

Immagine a mosaico dell’asteroide Bennu, composta da 12 immagini PolyCam raccolte il 2 dicembre da OSIRIS-REx da una distanza di 24 km. Credits: NASA/Goddard/Università dell’Arizona

La missione OSIRIS-REx, in breve

OSIRIS-REx (Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security, Regolith Explorer) è stata lanciata il 9 settembre 2016 con l’obiettivo di raccogliere e riportare sulla Terra campioni di Bennu. Dopo un viaggio di due anni, la sonda ha raggiunto Bennu nel dicembre 2018, iniziando una fase di studio approfondito dell’asteroide.

Utilizzando strumenti avanzati per mappare la superficie e studiare la composizione chimica di Bennu, OSIRIS-REx ha preparato il terreno per l’evento più critico della missione: il prelievo dei campioni. Nel mese di ottobre 2020, il braccio robotico della sonda ha toccato la superficie dell’asteroide, aspirando circa 60 grammi di materiale.

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Questo evento, noto come TAG (Touch-and-Go), ha rappresentato un successo straordinario, nonostante alcune complicazioni iniziali dovute alla quantità di materiale raccolto, che ha superato le aspettative e ha causato la fuoriuscita di alcuni frammenti dal contenitore.

La sonda ha quindi iniziato il suo lungo viaggio di ritorno verso la Terra, concluso il 24 settembre 2023 con il rientro sicuro della capsula contenente i campioni. Oggi, la missione OSIRIS-REx si prepara a un nuovo capitolo, poiché la sonda è stata riassegnata alla missione OSIRIS-APEX, per studiare un altro asteroide, Apophis.

Il ritorno dei campioni

Il rientro della capsula di OSIRIS-REx nel deserto dello Utah ha segnato l’inizio di un lungo e delicato processo di recupero e apertura dei campioni. L’interesse scientifico era altissimo, poiché i frammenti di Bennu rappresentavano un’opportunità senza precedenti per comprendere l’evoluzione del Sistema Solare e, forse, l’origine della vita.

Tuttavia, le prime settimane non sono state prive di imprevisti. La NASA ha incontrato alcune difficoltà nell’aprire il contenitore primario che custodiva i campioni. Infine, dopo mesi di tentativi, a gennaio 2024 l’agenzia è riuscita ad accedere completamente ai frammenti raccolti, inaugurando ufficialmente la fase di analisi dettagliata.

Il “bonus sample” di OSIRIS-REx, materiale extra raccolto all’esterno del contenitore principale. Ci sono particelle più piccole della polvere, e altre grandi qualche millimetro. Credits: NASA

Questa fase è cruciale per comprendere la composizione chimica e mineralogica di Bennu e confrontare i risultati con i dati raccolti in orbita. Gli scienziati stanno utilizzando tecniche all’avanguardia per analizzare i materiali, tra cui la spettrometria di massa e la microscopia elettronica, allo scopo di identificare elementi e composti chimici che potrebbero svelare nuovi dettagli sulla storia primordiale del Sistema Solare.

Cosa sappiamo ora di Bennu, grazie a OSIRIS-REx?

Le prime analisi dei campioni di Bennu hanno già fornito risultati sorprendenti. Tra i più importanti, c’è la conferma della presenza di fosfati, composti chimici essenziali per lo sviluppo della vita come la conosciamo.

Questi fosfati si trovano in concentrazioni molto elevate nei campioni raccolti, suggerendo che Bennu potrebbe aver giocato un ruolo fondamentale nella distribuzione di ingredienti vitali nel Sistema Solare. Inoltre, sono stati identificati composti organici complessi che, pur non indicando direttamente la presenza di vita, rappresentano mattoni essenziali per la sua formazione.

Gli scienziati hanno anche rilevato la presenza di minerali idrati, che indicano l’interazione passata di Bennu con l’acqua. Questo suggerisce che, nonostante sia un corpo molto piccolo, Bennu potrebbe aver ospitato reazioni chimiche complesse sotto la superficie, potenzialmente favorendo l’accumulo di molecole prebiotiche. Questi risultati sono solo l’inizio: l’analisi dei campioni continuerà per anni, con l’obiettivo di comprendere sempre più a fondo l’evoluzione degli asteroidi e il loro ruolo nella formazione della Terra e della vita.

Immagine al microscopio di una particella scura dell’asteroide Bennu, lunga circa un millimetro, con una crosta di fosfato brillante. A destra, un frammento più piccolo che si è rotto. Credits: Lauretta & Connolly et al. 2024

Bennu vs Ryugu

Un altro asteroide carbonaceo che è stato studiato e campionato di recente è Ryugu, esplorato dalla missione giapponese Hayabusa2, che ha raccolto campioni dalla sua superficie e li ha riportati sulla Terra nel 2020. Come Bennu, anche Ryugu sta fornendo informazioni cruciali sui materiali primitivi del Sistema Solare.

I campioni di Ryugu hanno rivelato la presenza di composti organici, inclusi aminoacidi, e minerali idrati, segni che l’acqua potrebbe essere stata presente nel passato dell’asteroide. La sua superficie è scura, porosa e priva di trasformazioni significative causate dal calore, mantenendo così uno stato molto primitivo.

Bennu, come accennato, ha fornito dati simili in termini di composizione e implicazioni. Tuttavia, la sua superficie presenta rocce di varie dimensioni disposte in modo irregolare, e le analisi radar indicano che l’interno potrebbe essere più vuoto e fragile rispetto a quello di Ryugu.

Questi due asteroidi condividono caratteristiche comuni, come la presenza di acqua e molecole organiche, ma differiscono per la loro geologia e dinamica. Sicuramente, le analisi che stanno proseguendo sapranno dirci di più. Nel frattempo, queste scoperte ci stanno fornendo indizi cruciali sulle condizioni del Sistema Solare primordiale e sui processi che hanno portato alla formazione dei pianeti e alla distribuzione degli ingredienti della vita.

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