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| On 2 giorni ago

Hubble ha osservato più buchi neri supermassicci del previsto nell’Universo primordiale

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Utilizzando il telescopio spaziale Hubble, un team internazionale di ricercatori guidato dal Dipartimento di Astronomia dell’Università di Stoccolma ha messo in evidenza la presenza di un numero sorprendente di buchi neri supermassicci nell’Universo primordiale, suggerendo che questi oggetti siano molto più diffusi di quanto si pensasse.

La scoperta è il risultato di un’analisi dettagliata di galassie lontane, risalenti a circa 10 miliardi di anni fa, un’epoca in cui l’Universo era ancora nella sua fase iniziale di evoluzione. Ciò che ha colpito gli astronomi è la presenza di buchi neri più massicci e numerosi di quanto i modelli teorici precedenti avessero previsto, sfidando così le nostre attuali comprensioni sulla formazione e crescita di questi oggetti.

I buchi neri giocano un ruolo cruciale nel modellare le galassie che li ospitano e nell’evoluzione dell’Universo stesso, rendendo questa scoperta particolarmente significativa. Finora, si credeva che nell’Universo primordiale ci fossero pochi buchi neri massicci, in quanto la loro formazione richiede tempo, e la rapida crescita osservata oggi risulta sorprendente. Questo studio apre quindi nuove domande su come questi buchi neri si siano formati, e su quali processi abbiano permesso loro di crescere così rapidamente.

Una sguardo dettagliato sui buchi neri primordiali

Hubble continua a essere uno degli strumenti più potenti per l’esplorazione dell’Universo. Le sue osservazioni, nel corso degli ultimi decenni, hanno permesso di ottenere una visione dettagliata delle prime epoche cosmiche, fornendo indizi fondamentali sulla nascita delle galassie, delle stelle e dei buchi neri. In particolare, diverse versioni dell’Hubble Ultra Deep Field, un’immagine di campo profondo di Hubble, tra il 2004 e il 2023 hanno permesso di migliorare sempre di più le nostre conoscenze.

In questo contesto, la sua ultima scoperta rappresenta un ulteriore passo avanti nella comprensione di questi oggetti misteriosi. Hubble ha individuato segnali di buchi neri supermassicci nascosti in galassie a distanze estremamente elevate, che corrispondono a un’epoca in cui l’Universo aveva appena 3 miliardi di anni.

Dalla nuova immagine dell’Hubble Ultra Deep Field del 2023, sono stati individuati molti più buchi neri supermassicci di quanto si pensasse. Credits: NASA, ESA, Matthew Hayes (Università di Stoccolma)

Ciò che rende queste osservazioni straordinarie è poi il fatto che molti di questi buchi neri si trovano in galassie considerate nane o compatte. Ciò suggerisce che la crescita dei buchi neri in queste piccole galassie potrebbe essere avvenuta in modo più rapido e efficiente rispetto alle galassie più grandi.

Le immagini e i dati spettroscopici raccolti da Hubble indicano inoltre che i buchi neri di queste galassie sono probabilmente molto più massicci di quanto si pensasse, con alcuni che superano di gran lunga la massa stimata in precedenti modelli teorici. Questa scoperta sfida le attuali ipotesi sulla crescita dei buchi neri: sebbene si pensasse che la formazione di buchi neri supermassicci richiedesse periodi di tempo molto lunghi, i dati suggeriscono che essi possano formarsi in tempi molto più brevi, specialmente in galassie in rapida formazione stellare.

Prospettive future con il James Webb

Il James Webb Space Telescope è destinato ad approfondire ancora di più questa ricerca. Con la sua capacità di osservare l’Universo nell’infrarosso, Webb è in grado di vedere attraverso le polveri cosmiche che oscurano le galassie lontane e di raggiungere anche gli oggetti più “arrossati” dall’espansione cosmica, consentendo una visione ancora più profonda delle prime fasi dell’Universo.

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Grazie alla sua maggiore risoluzione e sensibilità, inoltre, Webb potrà individuare buchi neri ancora più lontani e in fasi ancora più giovani della loro evoluzione. Webb sarà anche in grado di analizzare il gas che li alimenta e la struttura delle galassie ospiti, fornendo informazioni dettagliate sui processi di accrescimento e fusione che portano alla crescita di questi giganti cosmici.

Le future osservazioni di Webb potrebbero inoltre rivelare nuove connessioni tra la formazione stellare e la crescita dei buchi neri, svelando come questi processi siano interconnessi nelle prime galassie. E questo porterà a una comprensione più completa di come i buchi neri abbiano influenzato l’evoluzione delle galassie stesse e il quadro generale dell’Universo.

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