Polaris Dawn si è conclusa con successo. SpaceX ha raggiunto nuovi e importanti traguardi nella storia dell’esplorazione spaziale, ma i risultati pratici di questa missione probabilmente si concretizzeranno solo nei prossimi mesi e anni.
Uno degli obiettivi del programma Polaris consiste nello sviluppare tecnologie che SpaceX utilizzerà per future missioni, soprattutto con Starship. Un altro obbiettivo però, è che altri miliardari, oltre Jared Isaacman, ispirati dal successo di Polaris Dawn potrebbero finanziare spedizioni simili.
Inspiration4, nel 2021, aveva già segnato l’inizio di una nuova era delle missioni spaziali private, gettando le basi proprio per Polaris Dawn. Ad agosto, SpaceX ha annunciato Fram2, che diventerà la prima spedizione umana in un’orbita che sorvolerà entrambi i poli terrestri, e finanziata da un miliardario di origini cinesi ispirato proprio da Inspiration 4.
In questo articolo ripercorriamo la storia di Polaris Dawn in 10 iconiche immagini.
1. Una partenza travagliata
Il lancio è avvenuto il 10 settembre alle 11:23 ora italiana, circa due mesi dopo la data annunciata a inizio dell’estate. Polaris Dawn sarebbe dovuta partire il 12 luglio, ma SpaceX aveva deciso di rimandare il lancio per effettuare ulteriori controlli. Lo stesso 12 luglio, durante una missione Starlink, una perdita di ossigeno nel secondo stadio ha compromesso il rilascio dei satelliti in orbita. Questo fallimento ha comportato un’indagine da parte della FAA, con conseguente stop di tutti i voli del Falcon 9.
Polaris Dawn sarebbe così dovuta partire il 26 agosto, ma in quell’occasione è stata una perdita di elio nelle infrastrutture di terra a causare il rinvio.
L’atterraggio fallito di un primo stadio del Falcon 9 durante la missione del 28 agosto ha poi portato a una nuova indagine della FAA e a ulteriori rinvii nei lanci. Infine, le pessime condizioni meteo hanno rimandato la partenza al 10 settembre.
2. Sempre più in alto
Il vettore di SpaceX ha rilasciato la capsula Dragon Resilience a circa 215 km di altezza, su un’orbita con un perigeo a 190 km e un apogeo a 1200 km, con un’inclinazione di 51,7°. Questa particolare orbita ha consentito alla Dragon di viaggiare in zone in cui le radiazioni sono molto intense.
I quattro astronauti hanno inoltre attraversato l’Anomalia del Sud Atlantico. Questo ha permesso di studiare il comportamento sia del corpo umano sia dei sistemi della Dragon in condizioni di elevata radiazione. Al termine del primo giorno di missione, i quattro astronauti hanno raggiunto un’altezza massima di 1216 km.
3. Gli esseri umani più lontani dalla Terra
I motori Draco di Resilience hanno continuato a eseguire accensioni per innalzare ulteriormente l’apogeo dell’orbita. Durante il secondo giorno di missione, la Dragon ha raggiunto l’altezza record di 1408.1 km. SpaceX è così riuscita a strappare il primato alla missione Gemini 11 del 1966, che si era fermata a 1373 km. Gli astronauti di Polaris Dawn sono quindi diventati gli esseri umani che hanno viaggiato più lontano durante una missione in orbita terrestre.
Resilience ha effettuato sei orbite mantenendo questa altezza, per poi accendere nuovamente i suoi motori Draco e iniziare la discesa. Questa operazione è stata necessaria per riportarsi alla quota prevista per l’attività extraveicolare.
4. La porta sul mondo
La preparazione per l’EVA è iniziata fin dai primi momenti dopo il lancio. Una volta in orbita, infatti, i sistemi della Dragon hanno gradualmente ridotto la pressione nella capsula, aumentando contemporaneamente la concentrazione di ossigeno. Si trattava di un’operazione necessaria per ridurre la concentrazione di azoto nel flusso sanguigno degli astronauti, evitando così malattie da decompressione.
Le operazioni per la prima passeggiata spaziale privata sono iniziate poco dopo le 12:00 del 12 settembre. In quel momento, i sistemi della capsula hanno iniziato a pressurizzare le tute con ossigeno, spurgando così l’azoto dall’aria. Durante queste fasi, sono stati eseguiti i primi controlli per verificare che non ci fossero perdite nelle tute. Circa mezz’ora dopo, è iniziata la depressurizzazione della capsula.
Jared Isaacman ha aperto il portellone di Resilience alle 12:49, esponendo così tutto l’equipaggio al vuoto dello spazio.
5. E quindi uscirono a riveder le stelle
Il primo a uscire dalla Dragon è stato proprio il comandante della missione, Jared Isaacman, seguito poi da Sarah Gillis. Entrambe le EVA sono durate circa 12 minuti e l’obiettivo era collaudare le nuove tute. I due astronauti, infatti, hanno eseguito diversi movimenti per testare la mobilità delle tute una volta pressurizzate. Durante l’EVA non sono mai usciti completamente all’esterno, rimanendo aggrappati allo Skywalker, la struttura realizzata appositamente per questa attività.
6. Portellone richiuso
Terminate le due EVA, hanno iniziato a pressurizzare nuovamente la cabina della capsula Dragon, permettendo poi agli astronauti di togliersi le tute. Questa operazione è avvenuta in due fasi. Una volta chiuso il portellone, i sistemi della Resilience hanno portato gradualmente la pressione interna a 8 psi.
A questo punto è stata fatta una pausa per effettuare controlli per verificare che non ci fossero perdite. Ultimati i controlli, la pressione è stata portata a 14 psi. L’intera operazione di pressurizzazione è durata circa 50 minuti.
7. Concerto in orbita
Nei primi giorni di missione, Sarah Gillis ha eseguito al violino il brano “Rey’s Theme” di John Williams, tratto dall’ultima trilogia di Star Wars. Una volta registrati l’audio e il video, hanno inviato i file a terra tramite la rete Starlink, testando nuovamente le capacità della rete.
La performance di Gillis è stata sincronizzata con le parti registrate da altre orchestre sparse per il mondo, tra la metà del 2023 e l’inizio del 2024. Questo brano è stato registrato anche per promuovere una raccolta fondi per il St. Jude Children’s Research Hospital e El Sistema USA.
8. Studiare il corpo umano
Uno degli obiettivi di Polaris Dawn era effettuare esperimenti per comprendere le reazioni del corpo umano all’ambiente spaziale, soprattutto riguardo all’esposizione alle radiazioni. Il team di SpaceX ha collaborato con 31 diversi enti di ricerca per scegliere e sviluppare gli esperimenti da eseguire.
Tra le ricerche portate avanti, una riguarda la sindrome neuro-oculare associata ai voli spaziali (SANS). I quattro astronauti hanno inoltre testato il funzionamento in orbita di diversi dispositivi medici già in commercio. Ciò permette sia di verificarne il comportamento in condizioni estreme, sia di trovare dispositivi validi a supporto delle future esplorazioni spaziali.
9. L’ammaraggio
Il viaggio attorno alla Terra dei quattro astronauti si è concluso il 15 settembre alle 9:37 italiane, con l’ammaraggio della Dragon al largo di Dry Tortugas, nel Golfo del Messico. In 4 giorni e 22 ore di missione, Resilience ha completato 74 orbite attorno alla Terra.
Il rientro della Dragon è stato il motivo dei maggiori ritardi per la partenza. Il team di SpaceX doveva monitorare le condizioni meteorologiche sia al momento del lancio sia cinque giorni dopo, per il rientro.
Nei primi giorni di settembre, nell’Oceano Atlantico si stavano sviluppando diverse perturbazioni che avrebbero potuto compromettere l’ammaraggio della capsula. Per tale ragione, SpaceX ha dovuto attendere il passaggio di queste perturbazioni per garantire un rientro sicuro degli astronauti.
10. Sguardo al futuro
Ora che Polaris Dawn si è conclusa, SpaceX ha a disposizione numerosi dati da analizzare per sviluppare non solo la capsula Dragon, ma anche le tute e tutti i sistemi di supporto vitale per le future esplorazioni spaziali. Attualmente, il programma Polaris è composto da tre missioni, e l’ultima utilizzerà la Starship, sviluppata per il trasporto umano.
Molte delle tecnologie che saranno integrate nel nuovo vettore verranno sviluppate proprio grazie al programma Polaris. Prima del lancio di Starship, però, SpaceX effettuerà un altro lancio con la capsula Dragon. Non si hanno ancora i dettagli riguardo alla prossima missione, ma probabilmente permetterà all’azienda di stabilire altri nuovi primati.
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