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| On 1 settimana ago

Nonostante i problemi, la sonda Voyager 1 è tornata all’uso dei propulsori primari

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Nella tarda serata italiana di ieri, 10 settembre 2024, la NASA ha annunciato che la missione Voyager 1 è passata a un set di propulsori diverso da quello utilizzato negli ultimi anni.

Voyager 1, lanciata nel 1977 e attualmente l’oggetto costruito dall’uomo più distante dalla Terra, sta viaggiando nello spazio interstellare, oltre l’eliosfera del Sole. Nonostante fosse stata progettata per funzionare solo per cinque anni, la missione è stata estesa ben oltre ogni previsione. Ciò ha comportato il deterioramento di sistemi cruciali, inclusi i propulsori, che attualmente mantengono la sonda puntata verso la Terra in modo che possa ricevere comandi, inviare dati tecnici e fornire gli esclusivi dati scientifici che sta raccogliendo.

Dopo 47 anni, un tubo del propellente all’interno dei propulsori si è intasato di biossido di silicio, un sottoprodotto che si forma con l’età da un diaframma di gomma nel serbatoio del propellente. L’intasamento riduce l’efficienza dei propulsori nel generare la spinta.

Dopo settimane di attenta pianificazione, il team ha deciso di passare a un diverso set di propulsori. La sonda infatti è equipaggiata con tre set, o rami, di propulsori: due set per la propulsione d’assetto e un set di propulsori di manovra di correzione della traiettoria, utilizzati in passato per i flyby planetari. Durante i sorvoli entrambi i tipi di propulsori venivano utilizzati per scopi diversi, ma poiché Voyager 1 viaggia su un percorso invariato fuori dal Sistema Solare, le sue esigenze di propulsore sono più semplici e entrambi i rami di propulsore possono essere utilizzati per puntare la navicella spaziale verso la Terra.

Il 27 agosto è arrivata alla NASA la conferma del corretto funzionamento della nuova configurazione.

I problemi ai propulsori di Voyager 1

I propulsori di Voyager 1 sono alimentati da idrazina liquida, che viene trasformata in gas e rilasciata in sbuffi lunghi decine di millisecondi per inclinare delicatamente l’antenna della sonda verso la Terra. Se il propulsore intasato fosse sano, dovrebbe condurre circa 40 di questi brevi impulsi al giorno.

Già nel 2002 il team di missione notò che questi impulsi erano diminuiti, sintomo di un crescente consumo di energia e un’efficienza ridotta: alcuni tubi nel ramo di propulsione utilizzato per l’assetto della sonda si stavano ostruendo, quindi il team passò al secondo ramo. Quando quel ramo mostrò segni di ostruzione nel 2018, il team passò ai propulsori di manovra di correzione della traiettoria (terzo ramo), e da allora ha utilizzato quel set propulsivo.

ANNUNCIO

Ora quei tubi sono ancora più intasati rispetto agli originali, sostituiti nel 2018. Se l’apertura del tubo era originariamente di 0.25 millimetri di diametro, l’intasamento l’ha ridotta a 0.035 mm (circa la metà della larghezza di un capello umano).

La causa principale di questo problema è legata alla lunga esposizione allo spazio interstellare, un ambiente estremo e ricco di radiazioni che ha influito su diverse componenti della sonda. Nel corso degli anni, i propulsori hanno subito l’accumulo di depositi nei condotti del propellente, riducendo progressivamente il loro rendimento.

Le diverse componenti della sonda Voyager 1, gemella di Voyager 2.

Un delicato bilanciamento di risorse

Di conseguenza, il team ha dovuto tornare a uno dei rami della propulsione d’assetto. Tuttavia, era necessario riscaldare i propulsori prima dell’accensione, per evitare che i propulsori si danneggiassero a causa delle basse temperature nello spazio, ma l’alimentazione di Voyager 1 è così bassa che i riscaldatori non essenziali non potevano essere messi in azione senza spegnere qualcos’altro.

Spegnere uno strumento scientifico era da escludere, per il rischio che non tornasse più online successivamente. Gli ingegneri hanno quindi optato per spegnere per un’ora uno dei principali riscaldatori della sonda, così da liberare abbastanza energia per accendere i riscaldatori dei propulsori.

Questo complicato processo di gestione dell’energia è il frutto di un’attenta analisi ingegneristica, che mira a preservare il più a lungo possibile la capacità di Voyager 1 di raccogliere dati scientifici unici sull’ambiente interstellare. E sebbene questi propulsori non fossero stati utilizzati per decenni, hanno risposto in maniera efficace, prolungando la vita della missione.

Attualmente, Voyager 1 si trova in una fase della missione che richiede un bilanciamento delicato tra il risparmio di energia e il mantenimento delle operazioni scientifiche. Il generatore termoelettrico a radioisotopi (RTG) che alimenta la sonda perde circa 4 watt all’anno, costringendo il team a disattivare progressivamente alcuni strumenti non essenziali. Il team è comunque determinato a mantenere attiva la missione almeno fino al 2025, per continuare a ottenere preziose informazioni sull’Universo al di là della nostra eliosfera.

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