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| On 3 settimane ago

Come e perché proteggere la faccia nascosta della Luna? Intervista al dott. Claudio Maccone

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Il 21 e 22 marzo 2024 si è tenuto a Torino la prima edizione dell’IAA Moon Farside Protection Symposium, un simposio dedicato alla sensibilizzazione sul tema della protezione della banda radio per fare scienza dal lato nascosto della Luna (il Moon Farside): un tema sempre più attuale, e sempre più importante da discutere.

A organizzare l’evento è stato il dott. Claudio Maccone, fisico-matematico torinese e uno dei più importanti scienziati SETI (Search for Exra Terrestrial Intelligence) a livello globale. Tra le altre cose, è responsabile del progetto Lunar Farside Radio Lab e membro del Consiglio Direttivo di IARA, Italian Amateur Radio Astronomy, dove ricopre la carica di consigliere scientifico e responsabile del settore SETI.

Abbiamo avuto l’occasione di scambiare qualche parola con lui riguardo la radioastronomia (di cui abbiamo parlato anche con il prof. Joseph Silk della Johns Hopkins University), la protezione del lato nascosto della Luna e l’importanza dell’evento svoltosi a marzo, a cui hanno partecipato relatori, agenzie spaziali, organizzazioni e società di rilevanza internazionale.

Quali sono le principali attività scientifiche che beneficeranno maggiormente di una protezione della faccia a noi nascosta della Luna?

Io ne ho identificate quattro. La prima è la cosmologia, ovvero lo studio dell’evoluzione dell’Universo dal Big Bang fino ai giorni nostri. I cosmologi intendono verificare che le frequenze della riga dell’idrogeno, che in posizione normale sulla Terra è a 1.420 GigaHertz, sono abbassate enormemente fino all’ordine dei MegaHertz se non addirittura dei kiloHertz, per via dell’espansione dell’Universo su un tempo avvenuta per 13.797 miliardi di anni.

Sappiamo questo a partire dalle equazioni di Einstein, e possiamo ottenere matematicamente anche il risultato che c’è stato un periodo, grosso modo 390mila anni dopo il Big Bang, in cui non c’erano ancora le stelle, non poteva esserci la riga dell’idrogeno, e la radiazione emessa allora, per via dell’espansione cosmica, si è abbassata moltissimo in frequenza.

Questo segnale è debolissimo, ha viaggiato più di 13 miliardi di anni. Ci abbiamo provato a rilevarlo, ma non ci è mai riuscito nessuno. La speranza dei cosmologi è che andando sul lato nascosto della Luna, che è silenzioso rispetto al rumore che viene dalla Terra, si possa rilevare (e provare ancora una volta che la teoria di Einstein è corretta).

Parlando sempre di radioastronomia fatta dalla faccia nascosta della Luna, un’altra area in cui questa scienza è fondamentale è l’astrobiologia, che si occupa della vita come si è evoluta sulla Terra negli ultimi 4 miliardi di anni, e della ricerca per mezzo di radiotelescopi di molecole interstellari (o nel Sistema Solare) che sono prebiotiche, ovvero che hanno una composizione chimica precedente a quella della vita come la conosciamo.

Sulla Terra gli scienziati usano i computer migliori che hanno per calcolare in anticipo (grazie alle equazioni della meccanica quantistica) quali sono le frequenze emesse da queste molecole prebiotiche (dette frequenze rotovibrazionali). Successivamente, con i radiotelescopi è necessario verificare se quelle frequenze ci sono oppure no. In questo modo sono state scoperte circa 100 molecole prebiotiche, che si trovano nello spazio intorno alla Terra e nello spazio interstellare. Facendo queste ricerche dal lato nascosto della Luna è possibile trovare quelle frequenze nitidamente, con una deviazione standard piccola rispetto alle osservazioni da Terra.

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Il terzo campo è quello per il quale io ho lavorato per molti anni. Sono stato per nove anni il presidente del comitato SETI dell’IAA, dal 2012 al 2021. Il SETI è ambizioso: cerca di captare eventuali messaggi radio che ci arrivano da eventuali civiltà extraterrestri (detti technosignatures, diversamente dalle biosignatures provenienti da pianeti extrasolari e indicanti vita). Finora non abbiamo trovato niente, però ci sono stati dei casi dubbi.

L’Allen Telescope Array, radiotelescopio multiplo interferometrico in California, frutto di una collaborazione tra il SETI e l’Università di Berkeley. Credits: SETI

Nel mondo della radioastronomia ormai tutti utilizzano la cosiddetta “Trasformata di Fourier veloce” (Fast Fourier Transform, FFT). Si tratta di uno sviluppo nel 1959 della Trasformata di Fourier, un operatore che traduce il segnale rilevato dai radiotelescopi in funzioni matematiche ortonormali. Io però ho trascorso la maggior parte della mia vita a cercare i sfruttare un altro tipo di trasformata, chiamata Trasformata di Karhunen-Loève (Karhunen-Loève Transform, KLT). Mentre per la FFT le funzioni di base sono seni e coseni, ovvero esponenziali complessi, per la KLT non si decidono a priori le funzioni ortonormali su cui fare lo sviluppo. Sono diverse a seconda di quelle che si adattano meglio al tipo di segnale che entra nell’antenna del radiotelescopio. Questo permette di captare segnali debolissimi, molto più deboli di quelli che riesce a rilevare le trasformate di Fourier.

La quarta area di ricerca, invece, è la difesa planetaria, ovvero la protezione della Terra da asteroidi e comete potenzialmente pericolosi. Si tratta di un campo in grande evoluzione, nato nel 1980 quando Walter Alvarez, il padre Luis Alvarez Premio Nobel per la fisica delle particelle e i chimici Frank Asaro e Helen Vaughn Michel pubblicarono l’articolo Extraterrestrial cause for the Cretaceous–Tertiary extinction. Avevano scoperto che l’estinzione di massa dei dinosauri, che avvenne circa 65 milioni di anni fa, era stata causata dalla caduta di un grosso asteroide dell’ordine di 15 km di diametro. La NASA più tardi scoprì che tale asteroide era caduto nel golfo del Messico ed era responsabile del cratere di Chicxulub poco lontano dalla penisola dello Yucatan, largo 250-300 km.

Io penso che la difesa planetaria si possa fare molto meglio dalla Luna che non dalla Terra, perché la Luna non ha atmosfera. Mettendo dei telescopi ottici sul Farside, siccome tutti gli asteroidi e le comete lungo la loro orbita si avvicinano al Sole, la precisione nella stima dei 6 parametri orbitali (i sei valori necessari per stimare con precisione la traiettoria di un corpo celeste nrd) è maggiore rispetto a quella ottenuta dalla Terra. Questo serve per ideare una missione spaziale di impatto cinetico su un asteroide o una cometa che possa deviarne la traiettoria.

Perché crede che abbia particolare importanza concentrarsi sulla protezione del silenzio radio della faccia a noi nascosta della Luna, oltre che su quello della superficie?

Il Farside della Luna è un posto unico nelle vicinanze della Terra, perché è protetto da tutta la spazzatura radio che arriva dal nostro pianeta. Questo dice già che il punto migliore per fare osservazioni astronomiche sul Farside è agli antipodi della Terra, e in particolar modo è in prossimità del cratere Daedalus, il posto più protetto che ci sia dal rumore radio proveniente da Terra. Infatti, anche se tutto il Farside lunare è protetto, per via della diffrazione le trasmissioni radio che arrivano da qui seguono la superficie della Luna e un po’ debordano oltre i limiti della sfera lunare.

Il cratere Daedalus, sul lato a noi nascosto della Luna, in un’immagine scattata dall’Apollo 11. Credits: NASA

Il cratere Daedalus ha un diametro di 80 km ed è circondato da una collina alta 3 km rispetto al fondo del cratere, cosa che protegge l’interno del cratere da tutte le trasmissioni spurie e non spurie che arrivano dall’altro lato della Luna.

Io credo di essere stato il primo scienziato a essere andato a parlare all’ONU il 10 giugno 2010 di questo fatto, ovvero di queste caratteristiche del cratere Daedalus. Suggerisco di proteggere almeno una zona intorno a Daedalus.

Come potremmo garantire la trasmissione sicura di dati scientifici e di informazioni logistiche dalla Luna e dalla superficie, senza compromettere la quiete radio?

A Ginevra c’è l’ITU (International Telecommunication Unit) che attualmente è la branca dell’ONU che si occupa di telecomunicazioni, così come faceva in passato. Nel 1974 emise dei regolamenti in cui definiva la Shielded Zone (SZ), la zona schermata della Luna. La definizione è la seguente: se immagini di avere intorno alla Terra un satellite che emette onde radio e supponi che l’altezza della sua orbita circolare rispetto alla superficie terrestre sia 100mila km, e poi estendi quest’orbita in modo che diventi tangente alla superficie lunare, di fatto stai descrivendo un cono nello spazio (l’orbita è perpendicolare al piano della Luna e alla retta Terra-Luna). Il vertice del cono è detto apex, e la zona compresa tra la superficie della Luna e l’apex io l’ho chiamata quiet cone.

L’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU) ha definito la Shielded Zone of the Moon (SZM), dove si applica una specifica normativa di frequenze radio per proteggere la radioastronomia.

L’altezza e grandezza del quiet cone dipendono dalla posizione in orbita terrestre del tuo satellite. Mettendo un satellite in orbita circolare intorno alla Luna, ci sarà un certo tempo in cui entrerà nel quiet cone. Quello è il tempo in cui si può fare scienza, perché c’è silenzio radio.

E questa è dunque la situazione intorno alla Luna. Ma è solo l’inizio: mentre le missioni Apollo giravano intorno alla Luna su orbite circolari, il nuovo programma spaziale Artemis userà anche orbite completamente diverse. Una di queste, quella usata dalla stazione Lunar Gateway, è un’ellisse con fuoco nella luna, ma enormemente elongata, è quasi un sigaro, ha un’eccentricità dell’ordine di 0.92, che è molto alta.

Quest’orbita è stata proposta perché NASA ed ESA vogliono che il contatto radio fra la Terra e Artemis subisca il minor tempo possibile la presenza della Luna nel mezzo: se l’orbita è fatta in maniera tale che la luna venga a trovarsi fra la Terra e Artemis, non riesco più né a trasmettere né a ricevere.

Anche qui, però, c’è un’inconveniente. Per la terza legge di Keplero, per fare un giro intero su un’orbita intorno alla Luna con questa eccentricità, impiego una settimana, e questa non è una buona cosa: se ci fosse un guasto sul veicolo che trasporta astronauti, per un’intera settimana il veicolo non passa più vicino alla Luna.

Un altro punto fondamentale è l’acqua sulla Luna. L’acqua si trova intorno al Polo Sud, in una serie di crateri non illuminati dal Sole da oltre 3.8 miliardi di anni, il tempo trascorso fino a oggi dal Big Wham, cioè lo sfregamento laterale tra la Terra e la Luna. Prima del Big Wham c’era un altro corpo orbitante attorno alla Terra, si pensa grande circa come Marte. Nel corso del tempo, lo sfregamento tra i due ha generato la perdita di una notevole parte di massa di quel secondo corpo, che si è trasferita sulla Terra.

Immagine del Polo Sud lunare. Il Polo Sud si trova in una depressione, parte della quale non viene mai illuminata dal Sole. Credits: BMDO e NASA

Questo spiega due cose: prima di tutto, perché la Terra ha la densità più alta di tutti i corpi del Sistema Solare, dell’ordine dei 5.5 grammi al centimetro cubo, e poi perché l’altro corpo rimasto, che è la Luna che vediamo oggi, è 3.3 grammi al centimetro cubo. Questo in realtà spiega anche altri fatti. Prima di tutto, il perché la Terra è avvolta all’atmosfera: la sua alta densità ha trattenuto l’atmosfera dal fuggire via nello spazio. Nella Luna ciò non è avvenuto.

Torniamo alle telecomunicazioni, che è poi il motivo principale per cui abbiamo organizzato il congresso a Torino a marzo 2024. Qui affrontiamo un problema difficilissimo: tutti vogliono andare sulla Luna, tutte le grandi agenzie spaziali (NASA, Cina, India, Giappone, Europa, Russia…), e vogliono farlo prima degli altri. Come possiamo mantenere le telecomunicazioni? Bisogna distinguere fra Nearside e Farside.

Sul Nearside il problema non esiste: con le antenne che abbiamo a Terra possiamo trasmettere ovunque sulla faccia vicina della Luna, la comunicazione in linea di principio è possibile. Con il Farside invece la comunicazione non è possibile in assenza di satelliti che facciano da ponte radio, in orbita intorno alla Luna. I Cinesi hanno risolto questo problema già nel 2018, prima di chiunque altro, con il satellite Queqiao 1, che orbita intorno al punto Lagrangiano instabile L2 del sistema Terra-Luna. Ora hanno ripetuto l’impresa con Queqiao 2 necessario per connettersi alla sonda Chang’e 6.

Gli americani, nella volontà di raggiungere per primi la Luna, si sono premurati di instaurare degli accordi bilaterali, gli Accordi Artemis, ai quali si sono già adeguati l’Italia e molti altri paesi. Questi accordi definiscono, tra le altre cose, le frequenze di trasmissione fra la Terra e la Luna.

A un congresso ONU svoltosi a febbraio, a cui ho partecipato, erano presenti tutti i più esperti di Spectrum Management, scienziati e ingegneri delle telecomunicazioni. L’unica soluzione per salvare il silenzio radio intorno alla Luna è mettersi d’accordo con un trattato internazionale, come il Moon Treaty del 1967. In quel caso, però, furono sufficienti tre paesi a firmare per farlo attuare: Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna. Tutti gli altri si sono adeguati da quell’anno ad adesso. Tuttavia, farne uno nuovo ora nella situazione attuale è un’impresa ben più complessa.

Ci sono anche numerose associazioni singole di radioastronomia, che si attengono alle leggi del paese in cui sono nate. Alcuni esempi sono l’americana CORF (Committee on Radio Frequencies) l’europea CRAF (Committee on Radio Astronomy Frequencies), la RAFCAP (Radio Astronomy Frequency Committee in the Asia-Pacific region). Questi sono già tre enti di cui dobbiamo tener conto per scrivere un nuovo trattato lunare. E c’è anche l’IISL (International Institute of Space Law), che finora si è occupato di problemi minori ma ora dovrà occuparsi anche della protezione della Farside.

Perché l’IAA Moon Farside Protection Symposium si è tenuto proprio a Torino?

Io ho avuto una vita diversa rispetto al classico astronomo dell’INAF, l’Istituto Nazionale di AstroFisica, a cui io comunque ora afferisco, tra l’altro dal 2010 sono direttore tecnico per l’esplorazione scientifica dello spazio dell’International Academy of Astronautics (IAA). Ho preso la laurea in Fisica a Torino con una tesi sulla relatività generale con il direttore dell’Osservatorio di Pino Torinese di allora, il professor Mario Girolamo Fracastoro.

Mi sono laureato con Tullio Regge, fisico delle particelle candidato al Premio Nobel per la Fisica (che poi venne dato a Murray Gell-Mann), che lavorava a Princeton, dove sono stato di persona. Dopo la laurea in Fisica presi quella in Matematica, per avere i permessi per tornare nel mondo universitario, dopo il servizio militare. Poi mi spostai a Londra, dove ottenni un PhD in Matematica al King’s College. E infine tornai a Torino, dove per 20 anni ho lavorato in Thales Alenia Space (allora Gruppo Sistemi Spaziali Aeritalia e successivamente Alenia Spazio SpA) e mi sono trovato benissimo.

Così per l’IAA Moon Farside Protection Symposium ho scelto Torino. Ci sono affezionato, ci ho trascorso tra gli anni migliori della mia vita. E poi Torino ha il vantaggio, non marginale, di essere la capitale dello spazio italiano.

Ringraziamo il dott. Maccone per la sua disponibilità a questa intervista.

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