L’Universo ci riserva ancora molti misteri, e uno dei più intriganti riguarda la velocità con cui si sta espandendo, ovvero il suo tasso di espansione. Da anni gli astronomi dibattono su questo valore fondamentale, quantificato dalla costante di Hubble, H0.
Ora uno studio recente, condotto da Wendy Freedman e colleghi dell’Università di Chicago nell’ambito del Chicago-Canergie Hubble Program (CCHP), ha gettato nuova luce su questa questione, utilizzando i dati del telescopio spaziale James Webb. La ricerca suggerisce che potrebbe non esistere la cosiddetta tensione di Hubble, un’apparente discrepanza tra le stime del tasso di espansione cosmica provenienti da diversi metodi di misurazione.
Utilizzando tre metodi indipendenti per analizzare i dati di 10 galassie vicine, infatti, il team ha calcolato un valore per H0 di 69.96 km/s/Mpc (km al secondo per Megaparsec). Ovvero per ogni Megaparsec (un milione di parsec, o 3.26 milioni di anni luce) l’Universo si espande di 69.96 km ogni secondo.
Questo risultato è particolarmente significativo perché si colloca in una posizione intermedia tra le stime precedenti, riconciliando potenzialmente le discrepanze che hanno alimentato il dibattito sulla tensione di Hubble. Se confermato, potrebbe indicare che il nostro modello cosmologico standard è più robusto di quanto alcuni scienziati temessero, fornendo una base solida per la nostra comprensione dell’evoluzione dell’Universo.
Origine e implicazioni della tensione di Hubble
La tensione di Hubble si riferisce alla discrepanza tra due principali metodi di misurazione della costante di Hubble.
- Il primo metodo si basa sull’osservazione della radiazione cosmica di fondo (Cosmic Microwave Backround, CMB), un residuo del Big Bang. La stima del valore di H0, eseguita dalla missione Planck dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) nel 2013, è di circa 67.4 km/s/Mpc. Se il modello cosmologico standard è corretto, questo metodo dovrebbe avere un’accuratezza entro l’1%.
- Il secondo metodo utilizza osservazioni dirette di stelle, come le stelle variabili Cefeidi, e galassie vicine. Utilizzando il telescopio spaziale Hubble per esempio, e misurando la luce di un campione di supernovae di tipo Ia, che hanno una luminosità massima standardizzabile, si sono trovati valori più alti per la costante di Hubble, intorno a 73-74 km/s/Mpc. Ciò implicherebbe che l’Universo si sta espandendo a una velocità più elevata di quanto previsto dal modello cosmologico standard.
Questa discrepanza ha sollevato interrogativi fondamentali sulla nostra comprensione dell’Universo. Se fosse reale, potrebbe indicare la necessità di rivedere il modello cosmologico standard, suggerendo forse l’esistenza di nuova fisica oltre i nostri attuali modelli.
Le nuove misurazioni indipendenti con Webb
Il team CCHP ha utilizzato tre metodi indipendenti per analizzare i dati del JWST:
1. Le stelle variabili Cefeidi. Queste stelle pulsano con una regolarità che permette di utilizzarle come “candele standard” per misurare le distanze cosmiche.
2. Il “Tip of the Red Giant Branch”. Questo metodo sfrutta la luminosità massima raggiunta dalle stelle evolute in giganti rosse, come farà il Sole, alla fine della loro vita.
3. Il “J-region asymptotic giant branch”. Questo nuovo metodo coinvolge un tipo di stelle giganti rosse che sono ricche di carbonio, e che hanno simili luminosità infrarosse intrinseche.
Il metodo delle cefeidi ha fornito un valore di H0 pari a 72.04 km/s/Mpc. Quello delle giganti rosse evolute, un valore di 69.85 km/s/Mpc. Quello delle giganti rosse ricche di carbonio, 67.96 km/s/Mpc.
E se non ci fosse alcuna discrepanza?
I risultati di questo studio hanno implicazioni significative per la cosmologia. Portano infatti a due importanti considerazioni.
Innanzitutto, il valore medio ottenuto con i tre metodi indipendenti è pari a 69.96 km/s/Mpc, in accordo con il modello cosmologico standard. Ciò implica che non ci sono prove solide di una tensione di Hubble, stando ai risultati ottenuti da questi metodi indipendenti.
Se questo sarà confermato, implicherà che il nostro modello standard dell’Universo potrebbe essere effettivamente corretto, eliminando la necessità di ipotizzare nuova fisica o modifiche radicali alla nostra comprensione dell’evoluzione cosmica.
Tuttavia, le misurazioni delle variabili Cefeidi continuano, da parte loro, ad alimentare la tensione. La stima proveniente da questo metodo, infatti, non è in accordo con le altre misurazioni (entro le incertezze), così come era accaduto in passato, anche utilizzando come “candele standard” le supernovae di tipo Ia.
A proposito di questo, gli autori dello studio sottolineano la necessità di ulteriori osservazioni e analisi, e intendono concentrare le successive misurazioni proprio sulle variabili Cefeidi.