Il 12 luglio 2022, durante una conferenza stampa, sono state presentate le prime immagini a infrarossi del telescopio spaziale James Webb (JWST). Una missione con alle spalle vent’anni di preparativi, interruzioni, attese, una missione che prometteva di esplorare il cosmo con occhi nuovi, e che infatti fin da quelle prime bellissime immagini ci ha fatto capire come di quel cosmo sapessimo ancora meno di quanto pensassimo.
Nei due anni successivi, il James Webb ha compiuto progressi significativi, superando i limiti della nostra conoscenza. Ha permesso di scrutare indietro nel tempo fino alle prime galassie, esplorato l’atmosfera di mondi lontani, fotografato in luce infrarossa i pianeti del Sistema Solare, attraversato le cortine di polvere di nebulose.
Le scoperte che ha permesso non solo hanno arricchito la nostra comprensione dell’Universo in cui viviamo, ma hanno anche sollevato nuove domande, e sfidato molte nostre ipotesi.
Oggi, in occasione del secondo anniversario da quel giorno, e quindi del concludersi del secondo anno di scienza di JWST, abbiamo raccolto in questo articolo alcune delle immagini più significative, dal punto di vista scientifico, di questo osservatorio spaziale, tra le molte che meriterebbero di essere citate.
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1. La galassia più lontana finora conosciuta
Si chiama JADES-GS-z14-0 la galassia più lontana mai scoperta finora. È stata identificata nell’ambito del programma JWST Advanced Deep Extragalactic Survey (JADES) con il James Webb, che ha raccolto dati sulle galassie formatesi nei primi 650 milioni di anni dopo il Big Bang.
JADES-GS-z14-0 è caratterizzata da uno spostamento verso il rosso (redshift) di 14.32, il che significa che la vediamo com’era quando l’Universo aveva appena 290 milioni di anni.
Prima di questa galassia, non avevamo mai trovato galassie a redshift maggiore di 14. E JADES-GS-z14-0 non solo rappresenta un nuovo record di distanza, ma è anche sorprendentemente luminosa e grande, con un diametro di 1600 anni luce e una massa pari a centinaia di milioni di volte quella del Sole. Questa scoperta solleva interrogativi su come una galassia possa crescere così rapidamente, e diventare così brillante in un periodo di tempo così breve.
Il James Webb è stato in grado di osservare queste galassie primordiali grazie alla sua capacità di rilevare la luce infrarossa, che è stata allungata dall’espansione dell’Universo. Il redshift è stato misurato grazie al Near InfraRed Spectrograph (NIRSpec) del telescopio, che ha permesso di identificare con precisione la lunghezza d’onda critica nota come rottura Lyman-alfa. Questo metodo ha confermato il redshift di 14.32 per JADES-GS-z14-0 e di 13.9 per una galassia vicina, JADES-GS-z14-1.
Le future osservazioni con il James Webb potrebbero scoprire molte altre galassie simili, avvicinandoci sempre di più all’alba del cosmo.
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2. Uno strepitoso catalogo galattico
Grazie alla sua altissima sensibilità nell’infrarosso e alla sua risoluzione senza precedenti, il James Webb ha dato un contributo unico e straordinario al progetto PHANGS (Physics at High Angular resolution in Nearby GalaxieS). Questo progetto è caratterizzato da un catalogo già ricco di dati provenienti dal telescopio spaziale Hubble, dal Multi-Unit Spectroscopic Explorer (MUSE) del Very Large Telescope dell’ESO, e dal radiointerferometro Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), comprendendo quindi osservazioni nella luce ultravioletta, visibile e radio.
I contributi di Webb nel vicino e medio infrarosso hanno fornito diversi nuovi pezzi del puzzle, e soprattutto, una vista unica su 19 galassie vicine. Molte mostrano chiare strutture a forma di barra al centro, alcune hanno invece spirali che iniziano nei loro nuclei. Alcuni dei bracci delle galassie formano chiare forme a spirale, mentre altre sono più irregolari. Alcuni sembrano ruotare in senso orario, altri in senso antiorario.
Nella luce del vicino infrarosso, il Webb ha tracciato i bracci delle galassie per mostrare milioni di stelle scintillanti. Diversi dettagli emergono anche nel medio infrarosso: evidenziano la polvere luminosa dietro, intorno e tra le stelle, così come le stelle che non si sono ancora formate, racchiuse in globi di gas e polvere.
Importante è questo contributo di JWST nell’infrarosso a un catalogo multilunghezza d’onda, perché ognuna di queste lunghezze d’onda permette di raccontare cose diverse sui bellissimi oggetti cosmici che sono stati fotografati, sulle loro caratteristiche e la loro formazione ed evoluzione.
Ogni 2 del mese pubblichiamo un approfondimento dedicato alle ultime scoperte di Webb, su Astrospace Orbit. Scoprilo qui.
3. Gli ammassi stellari più vecchi mai scoperti
Il James Webb è stato sfruttato anche per analizzare l’arco delle Gemme Cosmiche, o Cosmic Gems Arc, una galassia dell’Universo primordiale denominata SPT0615-JD1, che appare come un arco distorto con una forte luminosità grazie all’effetto di lente gravitazionale. Questa galassia emetteva luce quando l’Universo aveva circa 460 milioni di anni, fornendo una visione unica delle prime fasi di formazione stellare.
Il James Webb ha individuato cinque ammassi stellari già legati gravitazionalmente nell’arco delle Gemme Cosmiche. Ciascuno degli ammassi ha una dimensione di circa 3-4 anni luce, risultando mille volte più densi rispetto ai tipici ammassi giovani osservati nell’Universo locale. Questa è la prima scoperta di ammassi stellari in una galassia così giovane dell’Universo primordiale, e grazie alla gravità, nell’immagine di Webb riusciamo a risolverli singolarmente, qualcosa di quasi incredibile.
Questi ammassi contribuiscono con la maggior parte della luce ultravioletta della galassia ospite, e possono aiutare a comprendere meglio la formazione degli ammassi globulari che osserviamo oggi. La scoperta è significativa poiché questi giovani ammassi stellari potrebbero essere i precursori degli ammassi globulari attuali, e giocare un ruolo chiave nel processo di reionizzazione dell’Universo.
Leggi l’articolo completo –> Il James Webb ha trovato ammassi stellari in una galassia neonata dell’Universo primordiale
4. La nebulosa del Granchio
La nebulosa del Granchio è un resto di supernova all’interno della nostra Galassia, a 6500 anni luce di distanza da noi. Risale a una supernova osservata qui nel 1054 d.C. e le recenti osservazioni di Webb rivelano una dettagliata struttura, inclusa la radiazione prodotta dalla pulsar al centro della nebulosa, il resto della stella morente che l’ha prodotta.
I dati di Webb stanno fornendo una nuova comprensione della composizione del materiale espulso, in particolare di ferro e nichel, che può svelare il tipo di esplosione che ha creato questo oggetto celeste. Le capacità infrarosse del telescopio, infatti, mostrano la struttura nitida, simile a una gabbia, dei resti di supernova, con filamenti di gas rosso-arancio che tracciano zolfo doppiamente ionizzato.
Di recente, un’ulteriore immagine (reperibile qui) a cui sono stati uniti a quelli del Webb i dati del telescopio spaziale Chandra a raggi X della NASA permette di analizzare ancor più nel dettaglio le caratteristiche della nebulosa. In particolare, i venti ad alta velocità di materiale che si abbattono sulla polvere circostante a causa delle grandi quantità di energia emesse durante le 30 rotazioni al secondo della pulsar centrale.
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5. Dettagli della nebulosa Testa di Cavallo
La Nebulosa Testa di Cavallo è un’iconica regione, a 1300 anni luce di distanza nella costellazione di Orione, nota per le sue onde di polvere e gas illuminati da una vicina stella calda. Nel corso del tempo è stata osservata da vari telescopi, tra cui Euclid e Hubble, ma le nuove immagini di Webb superano tutte le precedenti in termini di nitidezza e dettaglio.
Utilizzando gli strumenti MIRI e NIRCam, Webb ha rivelato intricate strutture su piccola scala nel bordo illuminato della nebulosa e ha individuato una rete di strutture striate, che contengono particelle di polvere e gas ionizzato. Offrendoci così una nuova comprensione dei processi fisici e chimici che governano l’evoluzione della materia interstellare.
Le osservazioni spettroscopiche ottenute permetteranno ulteriori studi sull’evoluzione delle proprietà fisiche e chimiche della nebulosa. La vicinanza della Nebulosa Testa di Cavallo e la sua struttura, infatti, la rendono un obiettivo ideale per gli scienziati che vogliono studiare l’interazione tra radiazione e materia interstellare.
Leggi l’articolo completo –> Il James Webb ha fotografato la nebulosa Testa di Cavallo con una risoluzione senza precedenti
James Webb: superando frontiera dopo frontiera
In due anni, il James Webb ha dimostrato di essere lo strumento rivoluzionario che la comunità scientifica si aspettava sarebbe stato, capace di cambiare la nostra visione dell’Universo. Le sue scoperte, ottenute grazie alla sua tecnologia all’avanguardia, come il suo specchio primario di 6.5 metri che è il più grande mai lanciato nello spazio, e i suoi innovativi strumenti scientifici, hanno avuto un impatto profondo sulla nostra comprensione del cosmo. E hanno aperto e stanno aprendo la strada a nuove ricerche, e nuove domande.
JWST sta continuando e continuerà a spingersi sempre più lontano, varcando nuove frontiere, per svelare la matassa misteriosa del cosmo, svolgendo un ruolo fondamentale nel nostro viaggio esplorativo. Un viaggio che, con il supporto degli osservatori del futuro, rivoluzionerà sempre di più la nostra comprensione del cosmo e del nostro posto al suo interno.
In questo video approfondimento sul nostro canale YouTube abbiamo parlato di alcuni degli osservatori a Terra e nello spazio più importanti del prossimo decennio: