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| On 3 mesi ago

Il James Webb ha trovato per la prima volta acido solfidrico nell’atmosfera di un esopianeta

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Sotto la densa atmosfera del gigante gassoso HD 189733b si nascondono un clima infernale, venti urlanti e piogge di vetro. Se ciò lo rendeva già un esopianeta decisamente esotico e molto diverso dai mondi a noi familiari, ora il telescopio spaziale James Webb ha scoperto un’altra, curiosa caratteristica: HD 189733b odora di uova marce.

La sua atmosfera infatti contiene idrogeno solforato, meglio conosciuto come acido solfidrico, un gas incolore che rilascia un forte odore di zolfo (di “uova marce”, per l’appunto). Questo gas non era mai stato individuato prima d’ora al di fuori del nostro Sistema Solare.

Un pianeta bizzarro, con un clima mortale

HD 189733b è stato scoperto nel 2005, a 64 anni luce di distanza da noi. In seguito gli scienziati l’hanno identificato come un Gioviano caldo, un hot Jupiter, ovvero un pianeta che ha una composizione chimica simile a Giove ma con temperature molto alte.

Confronto tra le dimensioni di HD 189733 b e di Giove. Credits: Wikimedia commons

Si tratta del Gioviano caldo più vicino che gli astronomi possono studiare con il metodo del transito. Per questo motivo, è uno degli esopianeti più studiati, per comprendere le sue caratteristiche e le sue peculiarità.

Il pianeta è circa il 10% più grande di Giove, ma molto più caldo perché è 13 volte più vicino alla sua stella di quanto Mercurio lo sia al nostro Sole. HD 189733b impiega solo circa due giorni terrestri per completare un’unica orbita attorno alla sua stella, vicinanza tale da conferirgli una temperatura media di 926° Celsius. E forti venti, che fanno turbinare le particelle di silicato simili a vetro che cadono dalle alte nubi, a una velocità di più di 8mila km/h.

Odore di uova marce. Perché è importante?

Il James Webb, nell’osservare questo bizzarro esopianeta, ha permesso di individuare acqua, anidride carbonica e monossido di carbonio nell’atmosfera del pianeta. E poi acido solfidrico, una vera sorpresa per gli scienziati.

L’acido solfidrico è presente su Giove, e si prevedeva che esistesse anche sugli esopianeti giganti gassosi. Tuttavia, al di fuori del nostro sistema planetario le prove della sua presenza erano state finora sfuggenti. Guangwei Fu, astrofisico della Johns Hopkins University e autore principale dello studio, ha spiegato:

L’acido solfidrico è una delle principali riserve di zolfo nelle atmosfere planetarie. L’elevata precisione e la capacità infrarossa di Webb ci consentono di rilevare per la prima volta l’acido solfidrico sugli esopianeti, il che apre una nuova finestra spettrale nello studio della chimica dello zolfo atmosferico degli esopianeti. Questo ci aiuta a capire di cosa sono fatti gli esopianeti e come sono nati.

Lo zolfo, infatti, è un elemento essenziale per la costruzione di molecole più complesse. Come il carbonio, l’azoto, l’ossigeno e il fosfato, gli scienziati ne studiano la presenza per comprendere appieno come sono fatti i pianeti, di cosa sono fatti, e come si sono formati.

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E le capacità di Webb consentono agli scienziati di identificare sostanze chimiche specifiche nelle atmosfere attorno agli esopianeti in modo più dettagliato, rispetto al passato.

Verso una comprensione sempre migliore

I dati di Webb hanno evidenziato u HD 189733b anche livelli di metalli pesanti simili a quelli riscontrati su Giove.

Nel nostro Sistema Solare, i giganti ghiacciati Nettuno e Urano contengono più metalli dei giganti gassosi Giove e Saturno, che sono i pianeti più grandi. Ciò suggerisce che potrebbe esserci una correlazione tra il contenuto di metalli e la massa. Infatti, gli astronomi ritengono che nella formazione di Nettuno e Urano siano stati coinvolti più ghiaccio, roccia e metalli, anziché gas come idrogeno ed elio.

I risultati di questa nuova ricerca su un mondo esotico lontano, con caratteristiche simili e non ai “nostri” pianeti giganti, supportano tale teoria, e aiuteranno ad affinare i nostri modelli.

Il team prevede di cercare tracce di zolfo anche su altri esopianeti, per determinare se le elevate concentrazioni del composto sono correlate alla vicinanza di alcuni pianeti alla loro stella ospite, durante la formazione.

L’abstract dello studio, pubblicato sulla rivista Nature, è reperibile qui.

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