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| On 5 giorni ago

Scoperti otto nuovi crateri su Marte. Testimoniano una frequenza d’impatto maggiore del previsto

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Per quattro anni, dal 2018 al 2022, su Marte è stato attivo un lander robotico americano, progettato per analizzare l’attività sismica sul Pianeta Rosso e fornire accurati modelli 3D della sua struttura interna. Parliamo della missione NASA InSight, conclusasi a dicembre 2022, i cui dati continuano a essere analizzati, e ancora permettono interessanti scoperte.

La più recente è stata fatta da un team guidato dalla ricercatrice Ingrid Daubar della Brown University. Il team ha utilizzato i dati del sismometro altamente sensibile a bordo di InSight confrontati con le immagini scattate dall’orbita, per analizzare otto crateri da impatto di meteoroidi che non erano mai stati visti dall’orbita.

Ha così scoperto che Marte viene colpito con una frequenza molto maggiore rispetto a quanto stimato in precedenza. I tassi di impatto potrebbero essere da due a dieci volte superiori a quello che gli scienziati pensavano, a seconda della dimensioni dei meteoroidi. “È quindi possibile che Marte sia geologicamente più attivo di quanto pensassimo, il che ha implicazioni per l’età e l’evoluzione della superficie del pianeta” ha affermato Daubar.

Marte oggetto di ripetute collisioni

Gli impatti di corpi rocciosi si verificano continuamente in tutto il Sistema Solare. Siamo interessanti a studiare come ciò accade su Marte per confrontarlo con la Terra, per comprendere meglio le dinamiche di queste collisioni. E poi, perché potrebbero rappresentare un pericolo per le future missioni di esplorazione spaziale, soprattutto se con equipaggio umano.

Per individuare quando e dove si sono verificati gli ultimi impatti di meteoroidi su Marte, Daubar e il gruppo di ricerca hanno analizzato i segnali sismici di InSight. Poi hanno confrontato questi dati con le immagini scattate dal Mars Reconnaissance Orbiter della NASA, in orbita attorno al Pianeta Rosso.

Sono così riusciti a confermare visivamente otto nuovi crateri, esaminando le immagini prima e dopo. Sei di essi si trovavano proprio vicino al sito in cui si trovava (e trova ancora) InSight (che ricordiamo essere un lander stazionario, non un rover).

Immagini di HiRISE del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA che mostrano gli otto nuovi crateri da impatto scoperti dagli scienziati. Credits: NASA/JPL/University of Arizona

I due impatti più grandi finora

Gli altri due impatti, più distanti, sembrano essere stati i due più grandi impatti mai rilevati finora su Marte, anche dopo decenni di osservazione dall’orbita. Anzi, come scrivono i ricercatori, sono i più grandi crateri naturali conosciuti che siamo mai riusciti a rilevare in qualsiasi corpo nel Sistema Solare nell’era dell’esplorazione spaziale. Ciascuno di essi ha lasciato un cratere delle dimensioni di un campo da calcio.

La sorpresa più grande è che sono avvenuti a soli 97 giorni di distanza. Secondo le attuali stime della frequenza di impatti sul Pianeta Rosso, collisioni simili dovrebbero avvenire al massimo una volta ogni vent’anni. Questo fatto sottolinea la maggiore frequenza di questo tipo di eventi geologici rispetto alle stime avanzate in precedenza.

C’è una possibilità marginale che i due grandi impatti abbiano avuto luogo a distanza così ravvicinata perché tra loro collegati. Per esempio, che un asteroide si sia frammentato e due suoi pezzi abbiano generato questi crateri. Tuttavia, i ricercatori spiegano che la distanza in termini temporali è abbastanza elevata per escludere questa soluzione, infatti in 97 giorni Marte ha percorso circa un ottavo della sua orbita.

Una questione aperta

Lo studio di Daubar e del suo team si collega direttamente a un altro, guidato da Géraldine Zenhäusern dell’Institute of Geophysics all’ETH di Zurigo. Questo utilizza ancora più dati di InSight, per esaminare tutti gli eventi sismici ad altissima frequenza rilevati dal lander.

Presuppone che tutti questi eventi siano stati causati da impatti, e rileva che il tasso stimato risultante cade in linea con ciò che i ricercatori del team di Daubar hanno calcolato in modo indipendente, rafforzandone ulteriormente i risultati. Daubar ha affermato:

È possibile che molti degli eventi rilevati da InSight durante la sua missione siano stati effettivamente degli impatti. I prossimi passi consistono nell’effettuare ricerche orbitali più dettagliate per cercare di confermarlo utilizzando tecniche di apprendimento automatico. Se potessimo confermare ancora più impatti, potremmo essere in grado di trovare anche altri segnali sismici causati da essi”.

Sarà poi necessario rivedere gli attuali modelli di craterizzazione marziana per incorporare tassi di impatto più elevati, in particolare da meteoroidi più piccoli. I risultati potrebbero implicare cambiamenti anche alle attuali conoscenze della superficie marziana.

Lo studio guidato da Daubar, pubblicato su Science Advances, è reperibile qui. Quello guidato da Zenhäusern invece, pubblicato su Nature Astronomy, è disponibile qui.

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