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| On 6 giorni ago

I campioni dell’asteroide Bennu raccolti da OSIRIS-REx contengono anche fosfati

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Gli scienziati che stanno analizzando i campioni dell’asteroide Bennu, portati a Terra il 24 settembre 2023 dalla missione OSIRIS-REx della NASA, hanno scoperto che contengono gli ingredienti originali che hanno formato il nostro Sistema Solare.

La polvere dell’asteroide, dominata da minerali argillosi, è ricca non solo di carbonio e di acqua, come già annunciato negli scorsi mesi, ma anche di azoto e composti organici, tutti componenti essenziali per la vita come la conosciamo. E contiene anche fosfato di sodio e magnesio, una vera sorpresa per i ricercatori, perché i fosfati non erano mai stati rilevati nei dati di telerilevamento raccolti da OSIRIS-REx.

Il fosfati suggeriscono che l’asteroide potrebbe essersi staccato da un antico, piccolo e primitivo mondo oceanico. Inoltre, questo fosfato di magnesio-sodio di Bennu si distingue per la sua purezza, ovverosia per la mancanza di altri materiali inclusi nel minerale, e per la dimensione dei suoi grani, senza precedenti in qualsiasi altro campione di meteorite.

Bennu, dai primordi del Sistema Solare

OSIRIS-REx ci ha fornito ben 121.6 grammi di materiale, dal suolo e dal sottosuolo dell’asteroide Bennu, una vera e propria “macchina del tempo” sulle origini del Sistema Solare. Che lo fosse, gli scienziati già lo sapevano, e per questo speravano che il materiale contenesse i segreti del passato del nostro sistema planetario e della chimica prebiotica, che avrebbe potuto portare all’origine della vita sulla Terra.

Le prime analisi dimostrano che la loro eccitazione era giustificata, e che le loro speranze sono state soddisfatte. I campioni sono dominati da minerali argillosi, in particolare serpentini. Rispecchiano il tipo di roccia che si trova sulle dorsali medio-oceaniche della Terra, dove il materiale del mantello, lo strato sotto la crosta terrestre, incontra l’acqua. Questa interazione non provoca solo la formazione, ma dà anche origine a una varietà di minerali come carbonati, ossidi di ferro e solfuri di ferro.

Una piccola frazione del campione di asteroide Bennu restituito dalla missione OSIRIS-REx della NASA, mostrato nelle immagini al microscopio. Il riquadro in alto a sinistra mostra una particella scura di Bennu, lunga circa un millimetro, con una crosta esterna di fosfato brillante. Gli altri tre pannelli mostrano viste progressivamente ingrandite di un frammento della particella che si è staccata lungo una vena luminosa contenente fosfato, catturata da un microscopio elettronico a scansione. Credits: Lauretta & Connolly et al. 2024

Più sorprendente ancora è stata la scoperta di fosfati idrosolubili. Questi composti sono componenti della biochimica di tutta la vita conosciuta oggi sulla Terra. Il ritrovamento di fosfati di magnesio e sodio nel campione di Bennu solleva interrogativi sui processi geochimici che hanno concentrato questi elementi, e fornisce preziosi indizi sulle condizioni storiche dell’asteroide, suggerendo un passato acquoso, o comunque molto più umido.

Si continua l’analisi

Bennu è molto interessante proprio perché è un asteroide primitivo, dal punto di vista chimico. I suoi campioni costituiscono attualmente il più grande serbatoio di materiale di asteroidi rimasto inalterato che possediamo. La sua composizione ci offre una finestra direttamente sui primi giorni della formazione del nostro Sistema Solare, oltre 4.5 miliardi di anni fa: queste rocce hanno mantenuto il loro stato originale, non essendosi né sciolte né risolidificate sin dal loro inizio.

Il team ha confermato anche che l’asteroide è ricco di carbonio e azoto. Si tratta di elementi cruciali per comprendere gli ambienti in cui hanno avuto origine i materiali di Bennu. E di conseguenza, per analizzare i processi chimici che hanno trasformato elementi semplici in molecole complesse, ponendo potenzialmente le basi per la vita sulla Terra.

Nei prossimi mesi, decine di altri laboratori negli Stati Uniti e in tutto il mondo riceveranno porzioni del campione di Bennu dal Johnson Space Center. E nei prossimi anni sono attesi molti altri studi come questo, che descrivono ulteriori analisi di queste rocce extraterrestri. Permettendo scoperte nuove (e talvolta sorprendenti).

Lo studio, pubblicato su Meteoritics & Planetary Science, è reperibile qui.

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