Nel giugno 2022 la NASA ha annunciato la selezione di due aziende per sviluppare le tute spaziali di nuova generazione. Axiom Space e Collins Aerospace avrebbero prodotto due versioni di tutte secondo un contratto a prezzo fisso e con un approccio di fornitura del servizio. Le tute sarebbero quindi rimaste di proprietà delle due aziende, e la NASA ne avrebbe acquistato l’uso di volta in volta. Un approccio simile a quello utilizzato per molti progetti spaziali negli ultimi 10 anni.
Collins Aerospace ha però annunciato che si ritirerà dallo sviluppo delle tute di nuova generazione, ed è già in fase di discussione con la NASA per stoppare il progetto. Nel 2023 l’Agenzia Spaziale Americana aveva diviso questo contratto, del valore totale di 3.5 miliardi di dollari, affidando ad Axiom lo sviluppo delle tute per le prime missioni Artemis sulla Luna, mentre a Collins quelle da usare a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. L’obbiettivo, per entrambe le aziende, era comunque quello di sviluppare un prodotto che si potesse adattare sia all’uso nello spazio, che sulla Luna.
La notizia del ritiro di Collins Aerospace dal progetto di queste tute era stata annunciata ieri, 25 giugno, da Reuters, che ha avuto accesso ad alcune indiscrezioni. Poche ore dopo la società ha confermato, dichiarando di essere in discussione con la NASA per i dettagli.
Le tute spaziali della NASA sono un grande problema
Le tute per attività extraveicolari che sta attualmente utilizzando la NASA sono state progettate oltre 40 anni fa, subito dopo Apollo e sono le stesse, anche se aggiornate, utilizzate per uscire nello spazio dallo Shuttle. Oltre alla necessità di aggiornamento, sembra che i problemi siano in aumento negli ultimi anni. Proprio a giungo 2024 la NASA ha dovuto annullare una attività extraveicolare 2 volte di seguito, per due motivi diversi.
Il primo problema si è registrato il 13 giugno. Poco prima di uscire dalla ISS, l’astronauta Matt Dominick ha dichiarato un problema di confort non meglio specificato, ma dovuto proprio alla tuta. Il 24 giugno inoltre, l’astronauta Mike Barratt è stato costretto a rientrare a bordo della stazione dopo soli 31 minuti. La causa è stata una perdita di acqua all’interno della tuta. Attualmente la NASA non ha dichiarato una nuova data per ripetere queste attività, ne ha confermato che la successiva uscita prevista per il 2 luglio verrà eseguita.
La necessità di nuove tute spaziali per le attività in orbita era stata già reputata urgente nel 2019. E nel 2024 non ci sono ancora grossi progressi. Collins Aerospace aveva annunciato a febbraio 2024 dei progressi nello sviluppo delle sue tute, dichiarando di aver eseguito un test completo di un prototipo durante un volo suborbitale.
Non è dato sapere il motivo di questa rinuncia. Già a marzo 2024 è emerso che Raytheon Technologies, gruppo che possiede la società Collins Aerospace, ha annullato un contratto con la SDA. Esso prevedeva la costruzione di sette satelliti. Questi avrebbero fatto parte della costellazione per la difesa chiamata Tracking Layer Tranche 1. Erano stati affidati alla società con un contratto del valore di 250 milioni di dollari. A giugno, la Space Force ha annullato anche un contratto con RTX per la costruzione di 3 satelliti per la rete di tracciamento missilistica chiamata Epoch 1.
Il futuro delle tute spaziali NASA
La necessità di avere a disposizione delle nuove tute per l’orbita porterà probabilmente la NASA alla ricerca di un nuovo partner. Sulla carta le ipotesi più probabili sono due. Un passaggio di tutto il contratto ad Axiom Space, oppure la richiesta a SpaceX, che sta già sviluppando in autonomia delle tute per le attività spaziali.
Entrambe le soluzioni sembrano plausibili e vantaggiose per la NASA. Axiom sta già lavorando alle tute per la Luna, e avrebbe dovuto comunque progettarne una versione per le attività spaziali. SpaceX testerà un primo prototipo della sua tuta, senza sistema di supporto vitale (quindi collegata via cavo e tubazioni alla capsula) durante la missione Polaris Dawn prevista per questa estate.
In passato la NASA ha sempre di mostrato di cercare il più possibile di affidare questi contratti almeno a due aziende, per mantenere la concorrenza attiva e per ragioni di sicurezza. Questo è proprio il caso che si è verificato ora, con la rinuncia di Collins Aerospace al progetto.