Prima del lancio del telescopio spaziale James Webb, erano state trovate solo una manciata di supernovae più lontane di 3.3 miliardi di anni, ovvero entro il periodo in cui l’Universo aveva meno del 25% della sua età attuale. Ora, grazie al team dell’indagine JADES (JWST Advanced Deep Extragalactic Survey), è stato possibile scoprire un numero di supernovae 10 volte superiore a quello noto in precedenza.
Le supernovae sono un tipo di eventi che gli astronomi definiscono “transitori”. Corrispondono, infatti, a oggetti che variano nella luminosità osservata nel tempo. Per trovarle, il team ha confrontato più immagini scattate a un anno di distanza l’una dall’altra, cercando le fonti che scomparivano e riapparivano.
Hanno così individuato circa 80 supernovae in una zona di cielo che, per confronto, ha lo spessore di un chicco di riso tenuto a distanza di un braccio dal corpo. Questo campione, JADES Transient Survey Sample, contiene anche molte supernvoae esplose quando l’Universo era ancora bambino, e di anni ne aveva meno di 2 miliardi.
I risultati sono stati presentati questa settimana durante il 244esimo incontro dell’American Astronomical Society a Madison, nel Wisconsin.
Molte supernovae, tra cui quella più lontana
Il James Webb è ideale per trovare transitori estremamente distanti, perché la luce di questi oggetti viene allungata in lunghezze d’onda più lunghe, ovvero più rosse, un fenomeno noto come redshift cosmologico (parametro z).
Osservando vaste aree di cielo nell’infrarosso a distanza di tempo, tra il 2022 e il 2023, il telescopio è riuscito per la prima volta a mostrare agli scienziati come appare l’Universo ad alto redshift per la scienza transitoria.
Nell’analizzare i dati di imaging ottenuti dall’indagine JADES, i ricercatori hanno dovuto studiare i risultati per determinare quali transitori fossero effettivamente supernovae. Hanno individuato sia supernovae esplose di recente, sia supernovae che erano già esplose e la cui luce stava svanendo.
L’età di ciascuna supernova può essere determinata dal suo redshift. Il team è riuscito a identificare un gran numero di supernovae ad alto redshift. Tra esse, quella più lontana mai confermata spettroscopicamente, con redshift di 3.8 (immagine soprastante). La sua stella progenitrice è esplosa quando l’Universo aveva solo 1.7 miliardi di anni in una “supernova con collasso del nucleo”, come viene definita l’esplosione di una stella massiccia.
Anche la supernova di tipo Ia più lontana
Di particolare interesse per gli astrofisici sono le supernove di tipo Ia. Si tratta di stelle che esplodendo emettono un piccolo di luminosità specifica e prevedibile. Sono perciò utilizzate per misurare le distanze cosmiche e aiutare a calcolare il tasso di espansione dell’Universo.
Il team ha identificato almeno una supernova di tipo Ia con uno spostamento verso il rosso di 2.9. La luce di questa esplosione ha iniziato a viaggiare verso di noi 11.5 miliardi di anni fa, quando l’universo aveva appena 2.3 miliardi di anni. Il precedente record di distanza per una supernova di tipo Ia confermata spettroscopicamente era uno spostamento verso il rosso di 1.95, corrispondente a un Universo di 3.4 miliardi di anni.
Analizzando questa supernova di tipo Ia a redshift 2.9, per determinare se la luminosità intrinseca fosse diversa da quella prevista, gli scienziati hanno mostrato che i risultati non indicano alcuna prova che la luminosità di una supernvoa di Tipo Ia cambi con il redshift. Saranno necessari ulteriori dati per dare la conferma definitiva. Tuttavia, per ora le teorie basate sulla supernova di tipo Ia come indicatori del tasso di espansione dell’Universo rimangono intatte.
Uno sguardo al futuro
L’Universo primordiale era un luogo molto diverso da oggi, con ambienti estremi ed eventi e processi completamente diversi, che hanno permesso la nascita e crescita delle successive strutture cosmiche. Ora che con il James Webb possiamo letteralmente guardarlo, come attraverso una finestra che dà sul passato. E studiando questo tipo di eventi, abbiamo la possibilità di eseguire analisi approfondite riguardo diverse domande senza risposta.
Per esempio, gli scienziati si aspettano di vedere antiche supernovae provenienti da stelle che contengono molti meno elementi chimici pesanti rispetto a stelle come il nostro Sole. Il confronto di queste supernovae con quelle dell’Universo locale aiuterà gli astrofisici a comprendere meglio i meccanismi di formazione e di morte stellare.
Gli scienziati sono anche ansiosi di analizzare altre supernove di tipo Ia ad alto redshift, per vedere se hanno tutte la stessa luminosità intrinseca, indipendentemente dalla distanza. Questo è di fondamentale importanza, perché se la loro luminosità variasse con lo spostamento verso il rosso, non sarebbero indicatori affidabili per misurare il tasso di espansione dell’Universo, sul quale ancora grava una discrepanza irrisolta.