Dopo l’intensa tempesta solare che tra il 10 e il 12 maggio ha provocato sulla Terra la tempesta geomagnetica più forte mai registrata dal 2003, il gruppo di macchie solari AR3664 che l’ha causata si è allontanato per via della rotazione del Sole e si è rivolto verso Marte.
Il 14 maggio, l’Extreme UltraViolet Monitor (EUVM) a bordo dell’orbiter marziano MAVEN della NASA ha registrato un brillamento classificato come X8.7. Successivamente il 20 maggio la missione Solar Orbiter di ESA/NASA ha registrato un brillamento X12. I brillamenti solari di classe X sono i più intensi, e sulla base dei dati delle diverse sonde, questo brillamento ha emesso un getto di raggi X e gamma in direzione del Pianeta Rosso, con successiva espulsione di massa coronale (CME).
I raggi X e i raggi gamma del brillamento sono arrivati per primi su Marte, seguiti poi dal flusso di particelle cariche della CME. Sul suolo marziano, il rover Curiosity ha raccolto dati utilissimi a studiare che esposizione alle radiazioni potrebbero incontrare i futuri astronauti su Marte. L’orbiter MAVEN, invece, ha osservato e immortalato nell’UV delle aurore globali diffuse, causate dall’interazione tra le particelle solari e la sottile atmosfera marziana.
Una dose di radiazioni molto elevata
Durante l’evento del 20 maggio, la superficie marziana è stata investita da una tale dose di radiazione energetica che le telecamere di navigazione di Curiosity mostrano strisce bianche e tracce di granelli sollevati dal suolo.
Secondo le stime della NASA, se un gruppo di astronauti si fosse trovato accanto al rover in quel momento, avrebbe ricevuto una dose di radiazioni di 8100 microGray, equivalente a 30 radiografie al torace in contemporanea. Anche se si tratta di una dose non mortale, si è comunque trattato della più alta registrata in un unico evento dal Radiation Assessment Detector (RAD) di Curiosity, fin dal suo arrivo sul Pianeta Rosso nel 2012.
Anche la telecamera stellare utilizzata dall’orbiter Mars Odyssey della NASA per l’orientamento è stata inondata di energia proveniente dalle particelle solari, e si è momentaneamente spenta. L’orbiter ha comunque altri modi per orientarsi, e ha recuperato il pieno funzionamento della fotocamera in un’ora. Nonostante il problema, inoltre, Mars Odyssey ha raccolto dati di grande importanza su raggi X, raggi gamma e particelle cariche utilizzando l’High-Energy Neutron Detector.
Questo non è stato il primo incontro di Odyssey con un brillamento solare. Nel 2003, le particelle provenienti da un brillamento solare stimato X45 hanno fritto il rilevatore di radiazioni di Odyssey, progettato proprio per misurare tali eventi.
Aurore su Marte
Dall’orbita invece, l’orbiter MAVEN (Mars Atmosphere and Volatile EvolutioN) ha catturato un altro effetto della recente attività solare: aurore luminose sul pianeta.
Il modo in cui si verificano queste aurore è diverso da quelle viste sulla Terra. Il nostro pianeta natale, infatti, è protetto dalle particelle cariche da un campo magnetico globale, che normalmente limita le aurore alle regioni vicine ai poli. Marte, invece, ha perso in passato il suo campo magnetico generato internamente, quindi non è protetto dalla raffica di particelle energetiche. Quando le particelle cariche colpiscono l’atmosfera marziana, si verificano aurore diffuse che avvolgono l’intero pianeta.
Durante le tempeste solari, il Sole rilascia una vasta gamma di particelle. Solo quelle a più alta energia possono raggiungere la superficie, ed essere misurate con il RAD di Curiosity. Le particelle meno energetiche, quelle che causano le aurore, vengono invece rilevate dallo strumento Solar Energetic Particle di MAVEN.
Gli scienziati possono utilizzare i dati di quello strumento per ricostruire una sequenza temporale di ogni minuto in cui le particelle solari venivano registrate, analizzando meticolosamente come si è evoluto l’evento. Christina Lee dell’Università della California – Berkeley Lab, responsabile della meteorologia spaziale con MAVEN, ha affermato: “Questo è stato il più grande evento di particelle energetiche solari che MAVEN abbia mai visto”.
Di seguito, un’animazione realizzata a partire dalle immagini MAVEN tra il 14 e il 20 maggio 2024, in cui il colore viola mostra le aurore sul lato notturno di Marte viste nell’ultravioletto. Credits: NASA/Università del Colorado/LASP
Dati utili anche ad altre missioni, presenti e future
I dati di RAD e di MAVEN sono molto preziosi. Aiuteranno gli scienziati a pianificare il livello più alto di esposizione alle radiazioni che potrebbe essere riscontrato dagli astronauti. E a comprendere come questi potrebbero utilizzare le strutture geologiche presenti nel paesaggio marziano per proteggersi, come scogliere o lava tubes.
Inoltre, tutte queste misurazioni stanno contribuendo alla raccolta di una grande quantità di informazioni da parte dei team di altre missioni che si occupano di eliofisica, tra cui le Voyager e la più recente Parker Solar Probe.
E a gettare le basi per l’esplorazione da parte dell‘imminente missione ESCAPADE (Escape and Plasma Acceleration and Dynamics Explorers). ESCAPADE sarà costituita da due sonde gemelle che orbiteranno attorno a Marte e osserveranno il meteo spaziale da una doppia prospettiva unica, più dettagliata di quella che MAVEN può attualmente misurare in solitaria.