Il Roman Coronagraph Instrument sarà uno strumento rivoluzionario. Fungerà da dimostrazione tecnologica per testare nuovi strumenti che bloccano la luce delle stelle, in modo tale da rivelare i pianeti nascosti dal loro bagliore.
Questo coronografo sarà installato sul Nancy Grace Roman Space Telescope, il prossimo telescopio spaziale della NASA il cui lancio è attualmente previsto entro maggio 2027. Nell’ultima settimana si sono conclusi i test allo strumento. In particolar modo il test più completo mai realizzato finora sulle sue capacità di bloccare la luce stellare.
Successivamente, il Roman Coronagraph Instrument è stato spedito dal JPL in Calinfornia al Goddard Space Flight Center, nel Maryland, dove si è unito al resto dell’osservatorio spaziale.
Uno strumento senza precedenti
Quando la luce di una stella raggiunge un coronografo, lo strumento utilizza piccoli oscuramenti circolari, detti maschere, per bloccare efficacemente la luce della stella, come la Luna che blocca la luce del Sole durante un’eclissi solare totale. Ciò rende più facili da vedere gli oggetti più deboli vicino alla stella.
In missioni attualmente all’attivo nello spazio, sono già presenti dei coronografi dotati di maschere apposite per rimuovere la maggior quantità possibile di luce stellare, e poter risolvere mondi orbitanti. Tuttavia, questi strumenti sono in grado di rilevare per lo più pianeti molto grandi o lontani dalla stella; non riescono a trovare mondi di simili alla Terra, per dimensioni e posizione.
Da un altro sistema stellare, il nostro pianeta apparirebbe circa 10 miliardi di volte più fioco del Sole, a cui è anche molto vicino. Cercare di fotografare direttamente la Terra sarebbe come cercare di vedere un granello di alghe bioluminescenti accanto a un faro da 5000 km di distanza. Con le precedenti tecnologie coronagrafiche, anche il bagliore di una stella mascherata travolge completamente quello di un pianeta simile alla Terra.
Il Roman Coronagraph Instrument, quindi, dimostrerà le tecniche in grado di rimuovere una quantità maggiore di luce stellare indesiderata rispetto ai coronografi spaziali del passato, utilizzando diversi componenti mobili. Queste parti mobili lo renderanno il primo coronografo “attivo” a volare nello spazio.
I suoi strumenti principali sono due specchi deformabili, ciascuno di soli 5 cm di diametro, supportati da oltre 2000 minuscoli pistoni che si muovono su e giù. I pistoni lavorano insieme per modificare la forma degli specchi deformabili, in modo che possano compensare la luce diffusa indesiderata che si riversa attorno ai bordi delle maschere. Nel video seguente, una overview del funzionamento dello strumento. Credits: Goddard Space Flight Center della NASA
Il “digging the dark hole” test
Il test più completo eseguito finora sul Roman Coronagraph Instrument è soprannominato dagli ingegneri “digging the dark hole” (letteralmente: “scavando nel buco nero”). Per eseguirlo, il team ha posizionato il coronografo in una camera sigillata, progettata per simulare il vuoto freddo e oscuro dello spazio. Utilizzando laser e ottiche speciali, hanno quindi replicato la luce di una stella come apparirebbe se osservata dal Roman.
Durante il test, le letture della fotocamera del coronografo mostrano una regione a forma di ciambella attorno alla stella centrale che diventa lentamente più scura man mano che il team dirige più luce stellare lontano da essa (da qui il soprannome). Nello spazio, un esopianeta in questa regione oscura apparirebbe, lentamente, mentre lo strumento fa il suo lavoro con i suoi specchi deformabili.
Il test ha mostrato che alla sua massima capacità, il Roman Coronagraph Instrument potrebbe immaginare un esopianeta simile a Giove attorno a una stella come il nostro Sole: un pianeta grande e freddo appena fuori dalla zona abitabile della stella.
Fotografare direttamente pianeti extrasolari
Negli ultimi 30 anni sono stati scoperti e confermati più di 5000 pianeti attorno ad altre stelle, ma la maggior parte è stata rilevata indirettamente: la loro presenza viene dedotta in base al modo in cui influenzano la stella madre. Infatti, sono stati fotografati direttamente meno di 70 pianeti extrasolari.
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I pianeti che sono stati fotografati direttamente fino ad oggi non sono come la Terra: la maggior parte sono molto più grandi, più caldi e tipicamente più lontani dalle loro stelle. Queste caratteristiche li rendono più facili da individuare ma anche meno ospitali per la vita come la conosciamo.
Lo sviluppo delle capacità per visualizzare direttamente pianeti simili alla Terra richiederà passaggi intermedi, e uno di questi è il Roman Coronagraph Instrument. Ciò che la NASA apprende da esso aiuterà poi a progettare gli strumenti del futuro, utilizzati probabilmente nel concetto di missione dell’Agenzia americana attualmente chiamato Habitable Worlds Observatory, che mira a fotografare almeno 25 pianeti simili alla Terra.