Fra i giorni 10 e 11 maggio si sta svolgendo la più forte tempesta solare registrata fin dal 2003. È generata da un ammasso di macchie solari sulla superficie del Sole che è largo 16 volte il diametro della Terra, la tempesta ha costretto lo Space Weather Prediction Center (SWPC) della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) ad alzare il livello prima da G2 a livello G4 e poi nella notte fra 10 e 11 maggio a livello G5. Questo livello rappresenta la pericolosità dell’evento. Il G5 è il livello più alto sulla scala di classificazione di queste tempeste.
Con un comunicato emesso alle 17:30 italiane di ieri, 10 maggio 2024, lo SWPC della NOAA ha scritto “Exact timing remains somewhat uncertain”, aggiungendo che c’è un’alta probabilità che siano in viaggio verso la Terra almeno sette espulsioni di massa coronale, enormi quantità di particelle cariche che vengono strappate dalla superficie del Sole e lanciate nello spazio.
–> La situazione della tempesta solare è ora in costante mutamento. Per tutto il fine settimana forniremo aggiornamenti costanti sull’evolversi della situazione sul canale Telegram di Astrospace.
Questi eventi vengono costantemente monitorati da missioni spaziali come SOHO (Solar and Heliospheric Observatory Homepage), una missione congiunta ESA-NASA, perché altamente pericolosi sia per i satelliti in orbita, sia per la rete elettrica e i segnali radio a Terra.
Alle 00:54 italiane dell’11 maggio il livello è stato aumentato a G5 e il NOAA ha descritto la situazione come potenzialmente pericolosa per le infrastrutture di navigazione satellitare ma anche per aerei e telecomunicazioni in generale.
Responsabile delle diverse espulsioni di massa coronale (CME) in arrivo dal Sole è un gruppo di 62 macchie solari denominato AR3664, visibile da Terra con un semplice telescopio e filtro solare. Nel corso della giornata di ieri questa regione attiva è aumentata di dimensioni e complessità, arrivando a ricoprire 1200 milionesimi della superficie solare, ovvero lo 0.12% (più del pianeta Giove).
Ad attirare l’attenzione della comunità scientifica e degli astronomi amatoriali sono le dimensioni e la complessità di AR3664, che assomigliano molto a quelle del gruppo di macchie che l’1 settembre 1859 produsse il brillamento solare più intenso (e famoso) mai registrato: l’evento di Carrington.
Quella tempesta solare durò dal 28 agosto al 2 settembre e provocò notevoli disturbi all’allora recente tecnologia del telegrafo. Causò incendi negli impianti e l’interruzione delle linee telegrafiche per 14 ore in tutta Europa e nel Nord America. Generò poi aurore visibili a latitudini inusuali, fino al Messico, in Giamaica, a Cuba e alle Hawaii, ma anche a Roma.
Da questo mercoledì, la regione AR3664 ha già prodotto sette brillamenti nei raggi X ad alta intensità, quattro dei quali in classe X, la più alta. Sta espellendo materiale ogni 6-12 ore, e l’attività sembra si stia intensificando sempre di più.
La NOAA classifica queste tempeste su una scala “G” da 1 a 5, dove G1 è minore e G5 è estremo. Le tempeste più estreme possono causare blackout diffusi e danni alle infrastrutture della Terra. I satelliti potrebbero anche avere difficoltà a orientarsi o a inviare o ricevere informazioni durante questi eventi.
L’attuale tempesta è classificata come G5, quindi è al livello più alto. A tale livello si rischiano problemi diffusi con il controllo della tensione e impatti sulla rete che potrebbero influenzare alcuni sistemi di protezione. I sistemi di navigazione radio satellitare e a bassa frequenza come il GPS potrebbero essere interrotti e anche le operazioni dei veicoli spaziali potrebbero avere problemi per quanto riguarda la ricarica e il tracciamento della superficie.
Il Solar Dynamics Observatory della NASA ha catturato diverse immagini dei brillamenti solari che hanno preceduto questa tempesta. Nel video seguente si vedono dei lampi luminosi nell’immagine a sinistra (un brillamento dell’8 maggio) e nell’immagine a destra (un brillamento del 7 maggio). L’immagine mostra un sottoinsieme di luce ultravioletta estrema che evidenzia il materiale estremamente caldo. Credits: NASA/SDO
Durante una forte tempesta solare, il Sole emette una grande quantità di particelle cariche in violente esplosioni di materiale. Queste particelle viaggiano attraverso lo spazio e possono raggiungere la Terra in uno o due giorni. Quando queste particelle interagiscono con il campo magnetico terrestre, provocano una serie di fenomeni, tra cui l’aurora.
Il campo magnetico terrestre, normalmente, funge da scudo protettivo contro le particelle solari. Tuttavia, durante una tempesta solare intensa, le particelle cariche possono penetrare nelle regioni polari, dove il campo magnetico è più debole, e interagire con l’atmosfera terrestre. Se sono abbastanza energetiche riescono a penetrare anche verso le latitudini più basse, permettendo agli osservatori situati in zone più vicine all’equatore di vedere l’aurora boreale o australe.
Questo evento sta già portando aurore polari visibili molto più a sud del solito. Una debole aurora può essere rilevata dalla fotocamera di un moderno cellulare, anche se l’occhio nudo non la percepisce.
Qui il sito ufficiale dell’SWPC della NOAA.