Fin dal 2004, diverse missioni spaziali hanno mostrato che su Marte c’è un’eccessiva produzione di metano. La sua presenza è di grande interesse per l’astrobiologia: sulla Terra la maggior parte del metano viene prodotta dalle creature viventi, perciò l’abbondante quantità di metano potrebbe potenzialmente indicare la presenza di vita microbica sul Pianeta Rosso.
Lo strumento SAM (Sample Analysys at Mars) a bordo del rover Curiosity della NASA ha scoperto, in passato, che nel cratere Gale il metano appare di notte e scompare durante il giorno, fluttua stagionalmente e talvolta raggiunge livelli 40 volte superiori al normale. Sorprendentemente, però, non non si accumula in atmosfera: l’ExoMars Trace Gas Orbiter dell’ESA, inviato su Marte proprio per studiare la sua atmosfera, non ha rilevato metano.
Ancora non conosciamo il motivo della presenza di così grosse quantità di metano, anche se sono diverse le ipotesi avanzate sulla sua origine, e le spiegazioni date al suo comportamento. Ora un team di ricerca NASA, guidato da Alexander Pavlov di NASA Goddard, ha avanzato una nuova idea: che il metano, indipendentemente da come viene prodotto, potrebbe essere sigillato sotto il sale solidificato formatosi nella regolite marziana.
Testando il sale come trappola per il metano
I ricercatori hanno testato in laboratorio se queste “trappole di gas” possano formarsi in condizioni simili a quelle di Marte nella regolite marziana poco profonda, a causa della migrazione del sale nel terreno ghiacciato. Gli esperimenti sono stati eseguiti su vari campioni di terreno di tipo permafrost, in una camera di simulazione dell’ambiente marziano, comprendente diversi sali di perclorato e concentrazioni di acqua.
All’interno della camera, i campioni sono stati esposti a un intervallo di temperature compreso tra −20°C e 10°C, alla pressione gassosa dell’anidride carbonica tra 8 e 10 mbar. Successivamente, i ricercatori hanno iniettato periodicamente sotto il campione di terreno del gas neon, usato come analogo del metano.
Hanno così scoperto che su un’ampia gamma di parametri del suolo simili a quelli marziani, il sale può effettivamente intrappolare il gas in un periodo relativamente breve (da 3 a 13 giorni). Questo a patto che ci sia un 5% –10% di sale perclorato nel suolo. Tale meccanismo potrebbe effettivamente trattenere diversi mbar di neon (su Marte, di metano) al di sopra della pressione atmosferica marziana nel suolo, e poi rilasciarli una volta che la “trappola” viene rotta.
Una risposta, tante domande
I risultati degli esperimenti dimostrano che in condizioni simili a quelle di Marte, il terreno salato può cementarsi e formare un solido sigillo impermeabile ai gas. Il metano e altre sostanze volatili possono accumularsi al di sotto.
Quindi, la variabilità stagionale del gas osservata da diverse missioni e gli occasionali picchi di metano nel cratere Gale registrati da Curiosity possono essere dovuti a un improvviso rilascio di metano dalle trappole di gas nel suolo quando il rover lo rompe, spostandosi o perforando. Oppure quando la temperatura aumenta durante le stagioni o le ore del giorno più calde, indebolendo il sale.
Tuttavia, probabilmente oggi non c’è terreno ghiacciato come il permafrost nel cratere Gale. I sigilli potrebbero essersi formati molto tempo fa, ipotizzano quindi gli scienziati, quando l’ambiente era più freddo e il suolo ghiacciato. Questo andrà verificato.
Inoltre, la concentrazione di sale a cui gli esperimenti hanno avuto successo è molto più elevata di quella misurata da Curiosity nel cratere Gale. La regolite è ricca di un diverso tipo di minerali salini chiamati solfati, che il team di Pavlov vuole testare per vedere se sono in grado di intrappolare il metano alla stessa maniera.
Per continuare nella ricerca, sono necessarie altre misurazioni del metano. SAM a bordo di Curiosity già le effettua, ma per la maggior parte del tempo è impegnato nel suo ruolo principale, ovvero perforare la superficie per raccoglierne campioni e analizzarne la composizione chimica. Sarebbe necessaria una nuova generazione di strumenti di superficie che misurino continuamente il metano da molte località su Marte. Così da dare risposte a domande sempre più specifiche.
Lo studio, pubblicato su Journal of Geophysical Research: Planets, è reperibile qui.