Utilizzando i dati raccolti con il satellite Gaia dell’ESA sullo strano movimento oscillante di una stella, gli scienziati hanno confermato che si trova in orbita attorno al buco nero stellare più massiccio mai scoperto nella Via Lattea, denominato Gaia BH3.
La massa è stata determinata grazie ai dati del Very Large Telescope (VLT) dell’ESO e di altri osservatori a Terra, ed è pari a ben 33 volte quella del Sole. Quello che finora deteneva il primato a buco nero stellare più massiccio era Cygnus X-1, 21 volte il Sole. E in generale i buchi neri stellari, che si formano dal collasso di stelle massicce, nella Galassia sono in media circa 10 volte più massicci della nostra stella. Questa, quindi, è decisamente una grossa eccezione.
Inoltre, questo buco nero è estremamente vicino a noi. A soli 2000 anni luce di distanza, nella costellazione dell’Aquila, è il secondo buco nero conosciuto più vicino alla Terra.
La missione astrometrica di precisione di Gaia, lanciata nel 2013, sta mappando la Galassia con straordinari dettagli multidimensionali, per completare il censimento stellare più accurato di sempre. La sua durata doveva originariamente essere di cinque anni. A dicembre 2017 l’ESA ha prolungato la durata per ulteriori 18 mesi, sino a dicembre 2020, e nel 2018 è stata estesa ulteriormente al 2022, che poi è divenuto 2025.
Il rilascio del primo blocco di dati (DR1, Data Release 1) è avvenuto il 14 settembre 2016, DR2 il 25 aprile 2018, l’Early Data Release 3 è stato reso disponibile il 3 dicembre 2020, il DR3 il 13 giugno 2022. Infine, il 10 ottobre 2023, è stato messo a disposizione il Focused Product Release (FPR). Conteneva i dati di 381 possibili quasar con lenti gravitazionali, e più di mezzo milione di stelle deboli in un enorme ammasso, stelle che nessun telescopio non aveva mai visto prima.
Gaia BH3 (o semplicemente BH3) è stato trovato per caso, mentre il team della missione stava esaminando le osservazioni in preparazione alla prossima pubblicazione di dati (DR4, atteso non prima della fine del 2025). Notando lo strano movimento oscillante di una stella misurato per anni da Gaia, è stato possibile ipotizzare e dimostrare la presenza di un buco nero stellare come compagno binario. Pasquale Panuzzo, membro della collaborazione Gaia e astronomo CNRS presso l’Observatoire de Paris, ha affermato:
Nessuno si aspettava di trovare un buco nero di grande massa in agguato nelle vicinanze, finora non rilevato. Questo è il tipo di scoperta che si fa una volta nella vita della ricerca.
Per confermare la scoperta, la collaborazione Gaia ha utilizzato i dati di diversi strumenti e osservatori a Terra:
Queste osservazioni hanno rivelato proprietà chiave della stella compagna. E insieme ai dati Gaia, hanno permesso agli astronomi di misurare con precisione la massa di BH3: 33 volte la massa del Sole.
La composizione chimica della stella compagna suggerisce inoltre che il buco nero si sia formato dopo il collasso di una stella massiccia con pochissimi elementi pesanti (in astronomia detti semplicemente metalli), proprio come previsto dalla teoria.
Gli astronomi, infatti, avevano già trovato buchi neri stellari altrettanto massicci al di fuori della Via Lattea, anche se con metodi di rilevamento differente. Avevano teorizzato che possano formarsi dal collasso di stelle con pochi elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio nella loro composizione chimica.
Finora, però, mancavano prove osservative che collegassero direttamente le stelle povere di metalli ai buchi neri stellari di grande massa. Ora, grazie a questa scoperta, ci sono.
Le stelle in coppia tendono ad avere composizioni simili, perciò la compagna di BH3 contiene importanti indizi sulla stella che è collassata per formare questo eccezionale buco nero. I dati UVES hanno mostrato, come dicevamo, che la compagna era una stella molto povera di metallo. Ciò indica che anche la stella che è collassata per formare BH3 era povera di metallo, proprio come previsto.
Ulteriori osservazioni di questo sistema, per esempio con lo strumento GRAVITY del VLT, potrebbero in futuro rivelare altre informazioni sulla sua storia e sul buco nero stesso, oltre che sull’ambiente nei suoi dintorni. Questo potrà poi darci maggiori indizi su come cercare altri casi simili nella nostra Galassia, e oltre.
Lo studio, pubblicato su Astronomy & Astrophysics, è reperibile qui.
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