Dopo più di 50 anni dalle missioni Apollo, la Luna è tornata ad essere un paesaggio familiare. Grazie all’inaugurazione della nuova era di esplorazione umana di Artemis, e le recenti e sempre più numerose missioni commerciali, il nostro satellite sembra essere figurativamente più vicino a noi di quanto non lo sia stato nelle scorse decadi.
Eppure, vi è un suo aspetto, un suo lato, definito spesso ed impropriamente “oscuro”, che è meno conosciuto, proprio perché la Luna non ce lo mostra mai: il Farside, ovvero il suo lato nascosto, quello a noi più lontano.
Dal 21 al 22 marzo 2024, si è tenuto a Torino il primo congresso internazionale dedicato proprio al Farside lunare, ed in particolare alla sua protezione. L’evento, organizzato dall’International Academy of Astronautics (IAA) e da i.MEX.A come host italiano, con il patrocinio di numerosi partner, e primo del suo genere, aveva come obiettivo quello di stimolare e facilitare una discussione riguardo alle caratteristiche uniche di questo ambiente lunare, che lo rendono particolarmente prezioso, interessante e allo stesso tempo fragile e sensibile.
In particolare, durante l’evento, si è ampiamente discusso dell’importanza di una sua tutela, al fine di prevenirne la compromissione, che comporterebbe una perdita incommensurabile e definitiva, sia dal punto di vista scientifico che culturale ed ambientale.
Prima però facciamo un passo indietro: perché il Farside lunare è così rilevante? Innanzitutto è necessario chiarire perché, quando si parla della Luna, ci si riferisca ad un lato visibile (Nearside) e ad uno nascosto (Farside) e del perché sono così differenti l’uno dall’altro.
Nell’orbitare attorno alla Terra, la Luna è caratterizzata da una rotazione di tipo sincrono, ovvero impiega lo stesso tempo a ruotare attorno al suo asse e ad effettuare una rivoluzione completa attorno al nostro pianeta (periodo di rotazione = periodo orbitale). Questa caratteristica fa sì che il lato a noi visibile della Luna, il Nearside, sia sempre lo stesso.
I due volti della Luna però hanno caratteristiche profondamente diverse tra loro: il nearside appare liscio e fortemente caratterizzato da macchie scure denominate “mari”, le quali sono dovute a grandi effusioni di magma basaltico (flood basalts) proveniente dal mantello e causato dall’impatto di asteroidi di grandi dimensioni.
Il Farside, invece, risulta molto più craterizzato, e composto prevalentemente dalla crosta primaria di anortosite (highlands), roccia magmatica intrusiva che conferisce alla Luna il suo caratteristico colore argenteo e che rappresenta la crosta originaria del nostro satellite, formatasi successivamente alla solidificazione dell’oceano di magma delle origini.
La differenza in termini di craterizzazione tra le due facce lunari è un fattore che ci racconta di come il Farside sia più antico del Nearside e che non ci siano stati eventi di resurfacing della stessa entità di quelli che si sono invece verificati sul Nearside.
Oltre all’età, un ulteriore elemento di distinzione è l’esposizione, e di conseguenza l’inquinamento, dell’ambiente lunare causato dalle trasmissioni radio di origine umana. Essendo infatti il Nearside rivolto verso la Terra, esso è esposto alle trasmissioni terrestri. Al contrario, il Farside, proprio per le sue caratteristiche di isolamento precedentemente discusse, risulta essere schermato dalle interferenze provenienti dalla Terra. Di conseguenza, si caratterizza come un ambiente incontaminato.
Durante i due giorni di simposio a Torino, si è discusso delle ragioni e degli ambiti scientifici per i quali il Farside lunare rappresenta una tra le location più importanti del Sistema Solare interno. Ambiti di ricerca di grande interesse del Farside sono principalmente i seguenti.
Lo studio delle highlands lunari consentirebbe di comprendere in modo più profondo non solo la storia del nostro satellite, ma anche quella della Terra.
Infatti, secondo una delle teorie ad oggi più accreditate sull’origine della Luna (teoria dell’impatto gigante), essa si sarebbe formata a partire dal materiale risultante in seguito all’impatto tra la Terra ed un corpo planetario di nome Theia. L’assenza di placche tettoniche e di altri eventi di resurfacing permetterebbero quindi di osservare sul Farside una parte di storia terrestre che sulla Terra stessa non è possibile conoscere.
L’installazione di telescopi sul Farside lunare permetterebbe l’osservazione dello spazio profondo, in particolare avanzando la nostra conoscenza sul periodo successivo al Big Bang, denominata “Era Oscura” (Dark Ages). Infatti, grazie all’isolamento dall’inquinamento dovuto alle telecomunicazioni di origine terrestre (Radio Frequency Interference, RFI) e alla mancanza di un’atmosfera, qui sarebbe possibile l’osservazione astronomica a basse frequenze radio, che consentirebbe di dare uno sguardo a questo periodo così remoto e primordiale della storia dell’Universo, durante il quale non esistevano ancora stelle e galassie.
Inoltre, proprio tale condizione di radio quietness consentirebbe altresì un ambiente idoneo per l’intercettazione di possibili segnali radio di origine extraterrestre (SETI).
Ad oggi sono stati osservati un totale di 1 345 911 asteroidi nel Sistema Solare, dei quali 35mila sono classificati come NEO (Near Earth Objects). Di questi è conosciuto il 95% di quelli con diametro maggiore di 1 km, mentre per quelli di dimensioni più piccole, ovvero maggiore di 140 metri, la percentuale scende sensibilmente al 40%.
Questi valori sono particolarmente significativi, poiché essi mostrano come non siano tanto gli asteroidi di dimensioni massive a destare preoccupazione, piuttosto quelli di dimensioni minori che ancora non sono stati scoperti. E che, seppure più piccoli, possono comunque causare danni di grande portata.
Anche in questo caso, un sistema di osservazione localizzato sul lato lontano della Luna comporterebbe enormi vantaggi, in quanto l’osservazione sarebbe priva delle interferenze dovute all’atmosfera terrestre e ai satelliti in orbita, i quali nei prossimi anni saranno sempre di più.
Ad oggi, l’unica missione che abbia raggiunto il lato nascosto della luna è Chang’e 4, dell’agenzia spaziale cinese (CNSA), che ha effettuato un soft landing il 3 gennaio 2019, rilasciando il primo rover mai mosso su questo lato della Luna.
Nei prossimi anni, con un’economia lunare in crescita, saranno sempre di più le missioni che tenteranno di raggiungere il Farside lunare per scopi commerciali e di estrazione di risorse lunari. In particolare, aree come il South Pole Aitken Basin sarebbero particolarmente promettenti in quanto ricche di ferro, titanio, torio.
Inoltre, sin dalla missione Apollo 17, si sa, grazie all’astronauta geologo Harrison Schmitt, che alcune aree della Luna, anche sul farside, sarebbero ricche di Elio-3, ovvero un isotopo non radioattivo dell’Elio di grande rilevanza per la produzione di energia pulita ed altri utilizzi, per il quale sono già attive aziende come Interlune, co-fondata dallo stesso Schmitt, per il prospecting e l’estrazione di questa risorsa.
In questo complesso scenario, conflitti di interesse tra scienza e lunar economy si intravedono chiari sull’orizzonte. Durante le giornate del congresso, si è discusso a più riprese il tema dell’istituzione di aree naturali protette sulla Luna, similmente a quanto fatto sulla Terra per aree di grande rilevanza ecologica, scientifica, come i parchi nazionali, le biosfere.
In particolare, un’insieme di attività di origine antropica non controllate sotto un framework operativo condiviso, potrebbero comportare l’inquinamento definitivo di questo ambiente tanto prezioso quanto delicato che è il lato oscuro della Luna.
A tal proposito però, l’istituzione di aree protette condivise non sembra essere una soluzione di semplice adozione, in quanto a livello legislativo il Treaty on Principles Governing the Activities of States in the Exploration and Use of Outer Space, including the Moon and Other Celestial Bodies, anche conosciuto come “Outer Space Treaty”, attivo dal 1967 e firmato da 102 paesi, agli articoli I e II prevede il libero accesso di tutte le aree della Luna ed altri corpi planetari, senza restrizioni, escludendo la possibilità di appropriazione esclusiva di una qualsiasi area da parte di Stati.
Allo stesso tempo, i recenti Accordi Artemis non forniscono precisazioni su questi punti, focalizzando l’attenzione sulla preservazione non tanto dell’ambiente naturale, quanto dei siti storici di atterraggio di missioni significative per la storia esplorativa del satellite, come i siti degli allunaggi Apollo.
Il primo congresso Moon Farside, nonostante la partecipazione non sia stata molto numerosa, ha gettato importanti basi per facilitare e promuovere una discussione di particolare urgenza per il nostro futuro sulla Luna e nello spazio.
In particolare, ha evidenziato le criticità dei modelli attuali, i quali falliscono al momento nel comunicare una visione e metodi unificati per lo sviluppo di attività sostenibili sulla Luna ed in particolare sul Farside, per quanto riguarda la tutela di aree sensibili e significative dal punto di vista scientifico.
La chiusura del congresso lascia presagire la formazione di una comunità, sicuramente in crescita nei prossimi anni, che guarda allo sviluppo ed al futuro, ma con occhi diversi dal “business as usual” e verso un’esplorazione spaziale realmente sostenibile e rispettosa per il nostro caro satellite, che comporti benefici duraturi per tutti.
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