Il modello cosmologico standard “Lambda-CDM” sostiene che l’Universo sia composto da materia normale, o barionica, energia oscura e materia oscura. Queste ultime due ancora sconosciute e attualmente oggetto di diversi studi e analisi. Ora, a distanza di poco tempo, due ricerche effettuate da team differenti e basate su supposizioni, ipotesi e modelli diversi sono giunte a proporre che il nostro Universo non abbia materia oscura.
La prima di queste nasce da uno studio pubblicato a luglio 2023, nel quale il professor Rajendra Gupta dell’Università di Ottawa suggerì che l’Universo in cui viviamo potrebbe non avere 13.797 miliardi di anni, come previsto dal modello Lambda-CDM. Ne avrebbe invece 26.7 miliardi, ovvero il doppio, nel nuovo modello cosmologico “CCC+TL”. Il ricercatore ha da poco pubblicato un articolo che attesta che in questo Universo di 26.7 miliardi di anni non ci sarebbe spazio per la materia oscura.
La seconda arriva da un articolo pubblicato su ArXiV e ancora non sottoposto a revisione, con autori Jonathan Oppenheim e Andrea Russo dell’University College di Londra (UCL). I due ricercatori hanno proposto una teoria alternativa a quella della gravità quantistica, che considera uno spaziotempo caratterizzato da un’instabilità intrinseca. In questa teoria, la materia oscura sarebbe solo un’illusione: l’interpretazione della gravità fornita da Oppenheim e Russo riuscirebbe a descrivere determinati fenomeni senza ricorrere a concetti come quello di energia e materia oscura.
Perché il modello Lambda-CDM considera la materia oscura?
In cosmologia, il termine “materia oscura” descrive una forma di materia che costituisce la maggior parte della massa dell’Universo. Essa non emette, assorbe o riflette la luce elettromagnetica, cosa che la rende invisibile ai nostri strumenti di osservazione diretti.
La necessità di considerare la materia oscura è emersa dall’osservazione delle velocità orbitali delle stelle all’interno delle galassie. In particolare, gli astronomi hanno scoperto che queste velocità non possono essere spiegate completamente dalla massa delle stelle visibili nelle galassie stesse. In altre parole, c’è più materia in gioco di quanto non possa essere spiegato dalla materia visibile. Questa discrepanza ha portato alla necessità di introdurre una nuova forma di materia, appunto la materia oscura, per fornire una spiegazione coesa e completa dei fenomeni osservati.
Nel modello cosmologico standard Lambda-CDM, la materia oscura svolge un ruolo cruciale nella formazione e nell’evoluzione delle strutture cosmiche, come le galassie e i loro ammassi. Si ritiene che sia stata fondamentale nella creazione dei primi piccoli sovraraggruppamenti di materia nell’Universo primordiale, che in seguito hanno fornito la struttura di base per la formazione delle galassie. E che tutt’ora costituisca, insieme all’idrogeno, i lunghi filamenti della ragnatela cosmica, nella struttura su larga scala dell’Universo.
Tuttavia, nonostante la sua importanza, la materia oscura rimane elusiva e non ancora direttamente osservabile. La sua esistenza è stata dedotta principalmente attraverso effetti gravitazionali su scala cosmica. Mentre le prove a sostegno della materia oscura sono cresciute negli anni, fino ad ora non è stata ancora identificata in laboratorio. Pertanto, il livello di confidenza nella sua esistenza è alto, ma non assoluto.
Il modello CCC+TL di Gupta
Rajendra Gupta ha sviluppato un nuovo modello cosmologico, presentato a luglio 2023, che combina due diverse idee: il modello a costanti di disaccoppiamento variabili (CCC) e la teoria della luce stanca (TL).
La prima nasce da un’ipotesi di Paul Dirac, riguardante l’evoluzione delle costanti di disaccoppiamento, costanti fisiche fondamentali che regolano le interazioni tra le particelle. Secondo Dirac, esse potrebbero essere variate nel tempo. E Gupta ha scoperto che lasciandole evolvere, in gergo si dice rendendole covarianti (da qui Covarying Coupling Constants, CCC) è possibile estendere il periodo di formazione delle prime galassie, osservate con il telescopio spaziale James Webb essere molto più mature di quanto si potrebbe pensare in un Universo ai suoi primordi, da centinaia di milioni di anni a diversi miliardi di anni.
La seconda è la teoria della luce stanca (Tired Light, TL in inglese), secondo la quale la luce perde lentamente energia quando percorre una lunga distanza. Questo effetto è quasi indistinguibile dal redshift cosmologico previsto nel modello Lambda-CDM che implica un Universo in espansione. Tuttavia tale teoria, proposta da Fritz Zwicky nel 1929, prevede meccanismi differenti a seconda del contesto. E le implicazioni sono attualmente in conflitto con le osservazioni, soprattutto con l’osservazione della radiazione cosmica di fondo (CMB), il cosiddetto “eco del Big Bang”.
Il modello di Gupta è stato testato e ha dimostrato di corrispondere a diverse osservazioni, ad esempio su come sono distribuite le galassie e su come si è evoluta la luce proveniente dall’Universo primordiale. Molte di queste osservazioni sono del James Webb, che ha scoperto e sta scoprendo sempre più galassie già formate e grandi quanto le galassie che vediamo attualmente, nonostante l’Universo in quel periodo avesse poche centinaia di milioni di anni.
Secondo questo modello, l’espansione accelerata dell’Universo che nel modello cosmologico standard è causata dall’energia oscura, sarebbe in realtà dovuta alle forze indebolite della natura mentre il cosmo si espande. La luce, cioè, starebbe a mano a mano perdendo energia, e le costanti cosmologiche fondamentali starebbero cambiando, in una maniera tale da causare l’espansione cosmica che osserviamo.
Inoltre, elimina totalmente la presenza cosmologica di materia oscura, restando comunque coerente con la maggior parte delle principali osservazioni finora testate con questo modello.
La teoria di Oppenheim e Russo
Il professor Oppenheim ha trascorso gli ultimi 5 anni a sviluppare un approccio che miri a unire i due pilastri della fisica moderna: la teoria della meccanica quantistica e la relatività generale di Einstein, fondamentalmente incompatibili.
La teoria proposta da Oppenheim e Russo prevede che il tessuto dello spaziotempo sia liscio e continuo, come nella teoria classica, ma intrinsecamente traballante, in gergo che “evolva in modo stocastico“. La velocità con cui il tempo scorre fluttuerebbe in modo casuale, lo spazio sarebbe deformato sempre in modo casuale, e il tempo divergerebbe in diverse zone dell’Universo, con una rottura inevitabile della prevedibilità.
In questo regime, è possibile spiegare le osservazioni fondamentali della rotazione delle galassie che hanno portato a ipotizzare l’esistenza della materia oscura. Secondo il modello standard che include la materia oscura, ci si aspetta che la gravità sia più debole per le stelle ai bordi della galassia, e che successivamente sia presente un alone di materia non visibile a sostenerle ancorate alla galassia stessa. Nella teoria di Oppenheim e Russo, invece, l’energia richiesta per mantenere le stelle bloccate in orbita è fornita dalle fluttuazioni casuali e intrinseche dello spaziotempo, che in effetti aggiungono un ronzio di gravitazione di fondo.
Tutto ciò sarebbe trascurabile in un’interazione detta “ad alta gravità”, come la Terra in orbita attorno al Sole. Ma in situazioni di “bassa gravità”, come nel caso di stelle ai margini di una galassia, il fenomeno dominerebbe. E cumulativamente, potrebbe rappresentare la maggior parte dell’energia dell’Universo.
Tutto ciò esclude che siano materia oscura ed energia oscura a spiegare determinati fenomeni. “Sembrerebbe che il 95% dell’Universo sia dovuto alla natura irregolare dello spaziotempo” ha affermato Oppenheim in un post su X che annuncia la scoperta.
Folks, something seems to be happening… We show that our theory of gravity is valid down to the shortest distances https://t.co/SZvD0TGw90. and that it can explain the expansion of the universe and galactic rotation without dark matter or dark energy https://t.co/GzXBvXYd7K 1/
— Jonathan Oppenheim (@postquantum) March 1, 2024
Questa teoria attualmente è ritenuta speculativa e messa molto in discussione dalla comunità scientifica. Noti teorici come Carlo Rovelli e Geoff Penington hanno firmato una scommessa contro la correttezza dei risultati di Oppenheim, ritenendolo un approccio non corretto per combinare meccanica quantistica e gravità.
Chi ha ragione?
L’idea che la materia oscura possa essere solo un’illusione scientifica è stata per molto tempo oggetto di dibattito tra gli scienziati. Alcuni ricercatori hanno proposto alternative alla materia oscura per spiegare gli effetti gravitazionali osservati, come modificazioni delle leggi della gravità o nuove teorie sulla gravità stessa. Un esempio è questa idea di Oppenheim e Russo. Altri hanno ideato modelli cosmologici alternativi a quello standard, come fatto da Gupta.
Tuttavia, finora nessuna di queste alternative è riuscita a fornire una spiegazione completa e coerente per una vasta gamma di fenomeni osservati nell’Universo, come le rotazioni delle galassie e la formazione delle strutture cosmiche su larga scala. La materia oscura, al contrario, ha dimostrato di essere una spiegazione molto efficace per tali fenomeni, offrendo un quadro teorico coerente che è supportato da numerose osservazioni indipendenti.
Inoltre, molte delle prove a favore della materia oscura provengono da fonti diverse e complementari, come la radiazione cosmica di fondo, le lenti gravitazionali e la distribuzione delle galassie nell’Universo. Queste evidenze convergenti tendono quindi a suggerire che la materia oscura sia una componente reale e fondamentale del nostro Universo.
In ogni caso, è importante sottolineare che la scienza è un processo continuo di indagine e scoperta, e le teorie possono essere riviste e riformulate in base alle nuove evidenze, alle nuove idee. Quindi, mentre la materia oscura rimane una spiegazione plausibile e ben supportata per molti fenomeni cosmologici, è proprio mettendo in discussione la teoria ed esplorando diverse possibilità che la ricerca scientifica va avanti, permettendoci di affinare sempre di più la nostra comprensione di questo elusivo Universo.
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