Negli ultimi anni, il rilevamento diretto delle onde gravitazionali, deformazioni dello spaziotempo causate dal movimento di gigantesche masse come una coppia di buchi neri o di stelle di neutroni in rapida rotazione e pronti a fondersi, ha inaugurato un nuovo capitolo dell’astronomia detta multi-messaggera.
La loro ricerca, il loro rilevamento e la caratterizzazione fisica delle sorgenti candidate a emettere onde gravitazionali viene fatta principalmente attraverso gli interferometri terrestri, rivelatori lineari come LIGO in America e Virgo in Italia. Tuttavia, la capacità di questi rivelatori lineari nel determinare con precisione la direzione di provenienza di un’onda gravitazionale è attualmente limitata.
Un team di ricerca guidato dall’INAF (Istituto Nazionale di AstroFisica) ha quindi avanzato la proposta di un approccio sperimentale alternativo: usare le stelle, e in particolare le variazioni della loro distanza angolare indotte dalla perturbazione dello spaziotempo ovvero l’astrometria, come rivelatori di onde gravitazionali.
L’osservazione astrometrica di onde gravitazionali
Prima di questo studio, guidato da Mariateresa Crosta dell’INAF di Torino, il rilevamento delle onde gravitazionali tramite astrometria era già stato esplorato da altri autori, che consideravano gli extra-spostamenti in una singola direzione della luce indotti dal passaggio dell’onda gravitazionale. Si trattava però di un approccio con delle forti limitazioni.
Per superare queste limitazioni, Crosta e il suo team hanno sviluppato l’idea di una antenna astrometrica che sfrutti appieno le implicazioni della relatività generale per l’astrometria differenziale. L’idea è nata da un’intuizione derivata dai modelli di relatività generale per le misure astrometriche al micro-arcosecondo del satellite Gaia dell’ESA, missione che ha misurato e sta misurando la posizione esatta di miliardi di stelle della Via Lattea.
Ciò che i ricercatori propongono è un’antenna astrometrica che vada ad utilizzare direttamente l’angolo tra una coppia stretta di due sorgenti puntiformi otticamente risolte (cioè distinguibili). Infatti, la perturbazione angolare indotta da un’onda gravitazionale risulta essere direttamente proporzionale alla distorsione spaziotemporale a essa associata, e inversamente proporzionale all’angolo (che deve essere risolto) tra la coppia di stelle.
Si sfruttano quindi gli angoli tra coppie di sorgenti puntiformi adiacenti come dei “bracci” naturali, per monitorare le sottili variazioni nelle separazioni angolari causate dal passaggio di un’onda gravitazionale.
Dopo l’ideazione dell’antenna, il team ha condotto alcune prime simulazioni e prove di laboratorio per dimostrarne la fattibilità, concentrandosi su vari aspetti tecnici come la costruzione di un telescopio multiplexing (segue un’immagine schematica), l’accuratezza di centratura delle immagini stellari sui rilevatori digitali e i limiti di risoluzione.
Com’è che questo metodo potrebbe fare la differenza?
L’idea dell’osservazione astrometrica delle onde gravitazionali potrebbe essere uno strumento potente per massimizzare l’efficacia di rivelazione delle onde gravitazionali di varie intensità, sfruttando appieno la risoluzione ottica disponibile.
Infatti, il rilevamento astrometrico di onde gravitazionali consentirebbe di misurare contemporaneamente all’ampiezza, e con un’accuratezza senza precedenti, anche la direzione di arrivo dei segnali gravitazionali.
Inoltre, questo concetto rappresenterebbe uno strumento ad altissima efficienza: consentirebbe non solo una verifica indipendente e complementare delle altre tecniche, ma anche di rilevare onde gravitazionali a frequenze per le quali non sono attualmente previsti altri rivelatori.
“Stiamo approntando una versione digitale di questo nostro nuovo principio di osservazione astrometrico per le onde gravitazionali in modo da sfruttare le misure astrometriche di Gaia, accumulate in dieci anni e più di osservazioni” ha spiegato Crosta. “Per confrontarci e vedere coincidenze per onde gravitazionali con periodi di anni”.
A che punto siamo?
Prima di tentare di estrarre segnali di onde gravitazionali dai dati astrometrici, gli scienziati sottolineano come sia importante completare il processo di riduzione dei dati per ottenere una comprensione dettagliata dell’assetto e del comportamento strumentale. Questo perché la misurazione delle variazioni nella direzione di una sorgente richiede una conoscenza precisa del riferimento assoluto, cosa difficile da ottenere per esempio con un satellite.
Inoltre, per affrontare scenari più realistici, come forme più complesse di onde gravitazionali e livelli realistici di rumore, sono necessarie simulazioni ancora più dettagliate e precise.
Il potenziale dell’osservazione astrometrica differenziale di onde gravitazionali, comunque, è molto alto. La disponibilità di coppie stellari vicine apre allo sfruttamento di un gran numero di configurazioni, e quindi al monitoraggio di onde gravitazionali provenienti da qualsiasi direzione. Ciò offre la possibilità di statistiche approfondite per scoprire le proprietà di una sorgente di onde gravitazionali, e aiuta in modo veramente complementare e indipendente tutti gli sforzi dedicati alle ricerche di onde gravitazionali in multi-lunghezza d’onda.
Lo studio, pubblicato su Scientific Reports, è reperibile qui.