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| On 6 mesi ago

L’impatto della sonda DART potrebbe aver rimodellato l’asteroide Dimorphos

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Il 26 settembre 2022, la sonda DART della NASA, dal peso di circa mezza tonnellata, si è schiantata volontariamente contro l’asteroide Dimorphos a una velocità di 6.1 km/s, per il primo test di difesa planetaria della storia.

Il compito di DART era quello di modificare l’orbita del piccolo Dimorphos, asteroide binario del più grande Didymos, per cambiare la traiettoria di quest’ultimo. Il test doveva dimostrare la possibilità di deviare asteroidi potenzialmente pericolosi tramite impatto cinetico.

A verificare da vicino le conseguenze dell’impatto di DART ci sarà la missione Hera dell’ESA, la cui partenza è prevista per l’ottobre di quest’anno e l’arrivo a destinazione per il dicembre 2026. Tuttavia, un nuovo studio basato su simulazioni dell’impatto suggerisce che Hera non osserverà alcun cratere generato dallo schianto di DART, che potrebbe invece aver rimodellato l’intero corpo asteroidale.

Cosa sappiamo finora?

Il primo esperimento nel metodo dell’impatto cinetico per la deflessione degli asteroidi è stato un successo. Le osservazioni da Terra, infatti, mostrano che l’orbita di Dimorphos di 11 ore e 55 minuti attorno al suo asteroide genitore Didymos è stata accorciata di circa 33 minuti, con un livello di incertezza di più o meno 1 minuto.

Ciò che ancora non sappiamo con esattezza è come l’asteroide abbia reagito all’impatto, in termini di efficienza complessiva del trasferimento di quantità di moto. Finora è stato stimato dai dati che abbiamo a disposizione sul rinculo del materiale proiettato nello spazio, ottenuti con il CubeSat italiano LICIACube fino a 5 minuti e 20 secondi dopo lo schianto, e con i telescopi spaziali Hubble e James Webb.

Tutti questi mostrano un gigantesco pennacchio di detriti esteso per più di 10mila km nello spazio, rimasto per mesi. Le osservazioni delle prime ore dopo lo schianto di DART hanno permesso di stimare che nel corso dell’evento sono stati rilasciati più di 1.3-2.2*107 kg di materiale, equivalenti allo 0.3-0.5% della massa di Dimorphos.

Immagini del telescopio spaziale Hubble scattate 22 minuti, 5 ore e 8,2 ore dopo che DART si è schiantata su Dimorphos. Sono evidenti le espulsioni di detriti generate in seguito all’impatto, che appaiono come raggi che si estendono dal corpo dell’asteroide. Le osservazioni sono state condotte con il filtro WFC3/UVIS F350LP, a cui è stato assegnato il colore blu. Credits: NASA, ESA e STScI

Per poter osservare da vicino le conseguenze dell’impatto sul corpo asteroidale, però, è necessario attendere la missione Hera dell’ESA, equipaggiata da una serie di strumenti e CubeSats che permetteranno di valutare con precisione la composizione, struttura e massa di Dimorphos. E rivelare quindi quanto l’impatto lo abbia cambiato.

Cosa ci dicono le nuove simulazioni?

Nel frattempo, un team di ricerca internazionale ha ottenuto nuove informazioni sull’impatto di DART, dopo averlo simulato con il codice di impatto Bern Smoothed Particle Hydrodynamics (Bern SPH). Questo sistema software, sviluppato presso l’Università di Bern nell’arco di due decenni, è progettato per replicare la disgregazione collisionale dei corpi rocciosi.

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Bern SPH funziona convertendo i corpi in collisione in milioni di particelle il cui comportamento all’impatto è determinato dall’interazione di varie variabili riconfigurabili, come la gravità, la densità o la forza del materiale dell’asteroide. È stato convalidato da esperimenti di laboratorio ed è stato utilizzato anche per riprodurre un test di impatto di asteroidi esistente: quando la sonda giapponese Hayabusa2 ha fatto schiantare un piccolo dispositivo di rame contro l’asteroide Ryugu, nel 2019 .

Il codice è un processo ad alta intensità di calcolo, ciascuna simulazione richiede circa una settimana e mezza per essere eseguita. Gli scienziati hanno eseguito circa 250 simulazioni in totale, riproducendo le prime due ore dopo l’impatto. Hanno incorporato tutti i valori conosciuti e variato quelli non conosciuti, come la densità dei massi da cui è composto Dimorphos, la loro vicinanza, porosità e coesione.

Successivamente, hanno verificato quale dei risultati della simulazione corrisponde maggiormente alla realtà osservata. I risultati indicano che Dimorphos è un mucchio di macerie, tenuto insieme non dalla forza coesiva, ma dalla gravità estremamente debole dell’asteroide. Ciò aiuta a spiegare l’efficienza inaspettatamente elevata della deflessione orbitale di DART.

Un asteroide completamente rimodellato

E non solo. Perché cresce la probabilità che il cratere generato dall’impatto di DART sia cresciuto fino a comprendere l’intero corpo asteroidale, così che Dimorphos sarebbe stato completamente rimodellato. In tutti gli scenari da impatto simulati con Bern SPH, tenendo conto di una bassissima forza di coesione, l’impatto non produce un cratere convenzionale, ma provoca invece una deformazione globale del bersaglio.

Le simulazioni suggeriscono che Dimorphos aveva una forma ovale, poi smussata sul lato d’impatto. Ora la sua forma assomiglierebbe più a un ovale con un “morso”. Di seguito, un’animazione stereoscopica derivata dalle simulazioni, che mostra le conseguenze dell’impatto di DART coprendo i primi 30 minuti successivi alla collisione.

Filmato derivato dalle simulazioni SPH di Berna che mostrano le conseguenze dell’impatto del DART, coprendo i primi 30 minuti dopo la collisione. Credits: SD Raducan (UNIBE)

Che implicazioni ci sono?

Questo cambiamento avrà avuto conseguenze anche sull’orbita di Dimorphos attorno al suo genitore Didymos. Una deformazione globale di Dimorphos infatti, avrà modificato il campo gravitazionale tra i due asteroidi, con importanti implicazioni per la sua orbita.

Il cambiamento di forma causerebbe un’ulteriore perturbazione all’orbita di Dimorphos, oltre a quelle causate dallo slancio della sonda e dal rinculo dei materiali espulsi. E questo effetto può spiegare da pochi secondi a diversi minuti del cambiamento del periodo di orbita osservato (circa 33 minuti), a seconda dell’entità della deformazione.

Osservazione e simulazione dell’impatto di DART su Dimorphos (A, B). L’immagine ad alta risoluzione di Dimorphos e dei materiali espulsi dall’impatto, 178 secondi dopo l’impatto di DART, è stata scattata dal CubeSat italiano LICIACube e viene confrontata con la simulazione del team (C) dell’impatto di DART. Credits: Raducan et al. (2024)

La deformazione, inoltre, altererebbe la distribuzione della massa di Dimorphos e influenzerebbe il suo stato di rotazione post-impatto. Queste sono considerazioni importanti per due motivi. Il primo, scientifico; il secondo, sulla difesa planetaria del futuro.

Dal punto di vista scientifico, il quadro generale che emerge è quello di un corpo asteroidale quasi privo di coesione, modellato in gran parte dalla debole forza di gravità. Questa descrizione sembra concordare con le nostre osservazioni di altri asteroidi, per esempio Ryugu e Bennu.

Per quanto riguarda la difesa planetaria, se sappiamo che questo tipo di asteroidi ha questa composizione, sarà necessario progettare degli strumenti di deflessione orbitale appropriati. Strumenti che siano in grado di sfruttare le conseguenze dell’impatto di una sonda sull’asteroide, per modificarne la traiettoria, e che non si rivelino invece missioni infruttuose per impatti troppo deboli.

Lo studio completo, pubblicato su Nature Astronomy, è reperibile qui.