Dopo esser stato rinviato tredici volte, il 16 gennaio 2003 decollò dalla piattaforma 39A del Kennedy Space Center lo Space Shuttle Columbia, dando inizio alla missione STS-107. Si trattò del 113esimo volo del programma Space Shuttle, e dell’88esimo dopo il disastro del Challenger nel 1986.
Quel giorno nessuno si accorse che un frammento di rivestimento isolante si staccò dal serbatoio esterno 81.7 secondi dopo il lancio, e colpì i pannelli rinforzati in RCC sull’alla sinistra del Columbia, a una velocità tra 686 e 922 km/h. Quel danno non si manifestò per tutti i giorni della missione nello spazio, finché non provocò la completa distruzione dello Shuttle durante il rientro in atmosfera, il primo giorno di febbraio 2003.
Della missione faceva parte un equipaggio di sei astronauti della NASA: il comandante e colonnello dell’Air Force Rick Husband; il pilota William McCool; David Brown e Laurel Clark, specialisti di missione al primo volo; la prima astronauta donna indiana Kalpana Chawla; il tenente colonnello Michael Anderson, responsabile del carico utile; e infine, un astronauta dell’Agenzia Spaziale Israeliana al suo primo volo, Ilan Ramon. Avevano il compito di eseguire una serie di 59 esperimenti scientifici in orbita all’interno del doppio modulo di ricerca SpaceHab.
Il secondo giorno di missione, gli analisti dell’Intercenter Photo Working Group della NASA, che si stavano occupando di revisionare i video del lancio come da routine, si accorsero del colpo inferto all’ala sinistra dell’orbiter dai detriti del rivestimento isolante. Nei giorni successivi, un team creato appositamente dalla NASA valutò l’entità del danno. Il 26 gennaio, concluse che non c’erano problemi di sicurezza derivanti dall’impatto e informò gli astronauti a bordo.
Il rientro e l’esplosione del Columbia
Alle 2:30 EST dell’1 febbraio 2003, la Squadra di Controllo del Volo di Rientro a Terra inizia la procedura di rientro, seguendo la checklist per l’uscita dall’orbita. Al momento di decidere di far uscire dall’orbita lo Shuttle, circa 20 minuti prima dell’inizio della manovra, tutte le osservazioni meteo e tutti i sistemi sono go.
Alle 8:44 lo Shuttle inizia il suo ingresso in atmosfera, a una quota di 130 km sopra l’Oceano Pacifico. Alle 08:50 inizia il periodo di circa 10 minuti durante il quale viene sperimentato il maggior sforzo aerodinamico sullo Shuttle, e quindi anche le temperature più elevate. Pochi minuti prima di questo momento, i primi sensori iniziano a rilevare temperature più alte del previsto, ma né l’equipaggio né i team a Terra se ne accorgono.
Alle 08:55 il Columbia attraversa il confine tra Nevada e Utah a una velocità di Mach 21.8 e una quota di 68 km, mentre alle 08:59 e 32 secondi viene rilevata l’ultima comunicazione radio. Dallo Shuttle si sente la voce del comandante ““Roger, uh…”.
Alle 9:00 e 18 secondi, l’orbiter inizia a rompersi e tutta la registrazione dei dati a bordo cessa. Gli osservatori a terra notano un improvviso aumento di detriti sulla scia di rientro dello Shuttle, che si vedeva distintamente dal Texas. Alle 9:00 e 25 secondi, le sezioni anteriore e posteriore dell’orbiter si separano l’una dall’altra. Lo strappo improvviso causa la collisione del compartimento dell’equipaggio con la parete interna della fusoliera, provocando la depressurizzazione.
I pezzi dell’orbiter continuano a rompersi, ed entro un minuto dalla rottura sono troppo piccoli per essere rilevati dai video a terra. Si stima che alle 9:35 tutti i detriti avessero colpito il suolo. Tutti i sette astronauti a bordo persero la vita.
Il Columbia Accident Investigation Board
Circa 90 minuti dopo il disastro, l’amministratore della NASA Sean O’Keefe convocò il Columbia Accident Investigation Board (CAIB) per determinare la causa. Era presieduto dall’ammiraglio in pensione della Marina americana Harold W. Gehman, Jr. e comprendeva analisti militari e civili. Inizialmente era composto da otto membri, che entro marzo divennero tredici.
Nel corso delle indagini, i membri del CAIB hanno prima visitato i luoghi in cui erano precipitati i resti del Columbia, e poi stabilito le loro operazioni presso il Johnson Space Center. Il CAIB ha istituito quattro squadre per indagare sulla gestione della NASA e sulla sicurezza del programma, sull’addestramento e sulle operazioni dell’equipaggio, sugli aspetti tecnici del disastro e su come la cultura della NASA aveva influenzato il programma Space Shuttle.
Dopo aver esaminato i dati dei sensori, il CAIB ha considerato il danno all’ala sinistra come probabile causa della distruzione del Columbia. Ha indagato sui detriti recuperati e ha notato la differenza nel danno termico tra le due ali. Pannelli RCC dell’ala sinistra sono stati trovati nella parte occidentale del campo di detriti, indicando che si erano staccati prima che il resto dell’orbiter si disintegrasse.
L’analisi chimica e a raggi X condotta sui pannelli RCC ha rivelato che i livelli più elevati di depositi di scorie si trovavano nelle piastrelle dell’ala sinistra. I test di impatto su pannelli dello Space Shuttle Discovery, Enterprise e Atlantis effettuati per riprodurre l’incidente hanno indicato definitivamente che era stato il pannello danneggiato a causare la rottura durante il volo.
Il CAIB è stato critico nei confronti della cultura organizzativa della NASA e ha paragonato il suo stato attuale a quello della NASA che ha portato al disastro del Challenger. Nonostante l’incidente precedente, la direzione dell’agenzia non aveva considerato il potenziale rischio per gli astronauti come un problema di sicurezza del volo.
La risposta della NASA e la cancellazione del programma nel 2010
Il programma Space Shuttle fu sospeso per due anni dopo la perdita del Columbia. La costruzione della Stazione Spaziale Internazionale è stata ritardata per questo, poiché lo Space Shuttle era stato già prenotato per sette missioni verso la ISS nel 2003 e nel 2004 per completarne la costruzione.
Per prevenire futuri incidenti simili, sono state effettuate delle apposite modifiche all’orbiter. La NASA ha anche migliorato le proprie capacità di imaging terrestre presso il Kennedy Space Center per osservare e monitorare meglio i potenziali problemi che si verificano durante i lanci: le telecamere esistenti sulle rampe LC-39A, LC-39B e lungo la costa sono state aggiornate e aumentate, e la telecamera sul ventre dell’orbiter è stata cambiata da una fotocamera a pellicola a una fotocamera digitale.
Oltre agli aggiornamenti sull’orbiter, la NASA ha preparato piani di emergenza nel caso in cui una missione non fosse in grado di atterrare in sicurezza. Il piano prevedeva l’attracco della missione bloccata alla ISS, durante la quale l’equipaggio avrebbe ispezionato e tentato di riparare l’orbiter danneggiato.
Nel gennaio 2004, il presidente Bush annunciò la Vision for Space Exploration, chiedendo che la flotta dello Space Shuttle completasse la ISS e venisse poi ritirata entro il 2010, per essere sostituita da un veicolo di esplorazione con equipaggio di nuova concezione per i viaggi sulla Luna e su Marte, che nel 2005 fu battezzato come Programma Constellation.
Il ritiro dello Space Shuttle fu ritardato fino al 2011. Da quel momento nessun altro veicolo spaziale con equipaggio fu lanciato dagli Stati Uniti fino al 2020, quando la missione Demo-2 di SpaceX trasportò con successo gli astronauti della NASA Doug Hurley e Robert Behnken sulla ISS con la Crew Dragon.
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