Quando le stelle massicce giungono agli ultimi stadi della loro vita, collassano sotto la loro stessa gravità. Lo fanno così rapidamente che a questo collasso segue una violenta esplosione, detta supernova, al termine della quale ciò che resta è un oggetto compatto, il resto ultradenso della stella originale. Tale oggetto ha una natura diversa a seconda della massa iniziale della stella esplosa: sarà una stella di neutroni, oppure un buco nero. Questo, almeno, in linea teorica.
In passato si era riusciti, almeno in parte, a dimostrare con le osservazioni sperimentali questa catena di eventi descritti dai modelli astrofisici. Per esempio, la scoperta di una stella di neutroni nella famosa Nebulosa del Granchio, aveva permesso di confermare che questo era il resto della stella esplosa quasi mille anni fa, che ha dato origine alla nebulosa.
Tuttavia, non era mai stato visto questo processo in tempo reale. Non era mai stato provato direttamente che la un’esplosione di supernova lasciasse dietro di sé un resto compatto. Almeno fino a oggi.
Nel corso del 243° incontro dell’American Astronomical Society, il ricercatore del Weizmann Institute of Science di Israele Ping Chen ha presentato una ricerca, che stabilisce per la prima volta il collegamento tra l’esplosione stellare e l’oggetto compatto, sia esso stella di neutroni o buchi neri.
Una supernova decisamente peculiare
Nel maggio 222, presso l’Osservatorio Kleinkaroo, l’astronomo sudafricano Libert Monard ha scoperto la supernova SN 2022jli nel braccio a spirale della galassia NGC 157, a 75 milioni di anni luce di distanza da noi. Ha poi segnalato questo evento al Transient Name Server (TNS) il 5 maggio 2022 con il nome AF 2022jli.
La stessa esplosione è stata trovata, in maniera del tutto indipendente, il 16 maggio 2022 nel corso dell’indagine ATLAS (Asteroid Terrestrial-impact Last Alert System), e le è stato assegnato il nome ATLAS22oat.
Diversi ricercatori hanno quindi rivolto la loro attenzione alle conseguenze di questa esplosione. Per farlo, hanno utilizzato il VLT (Very Large Telescope) e l’NTT (New Technology Telescope) dell’ESO (Osservatorio Europeo Australe). Le osservazioni fotometriche dell’evento hanno coinvolto anche il satellite Gaia dell’ESA, il Liverpool Telescope, l’Osservatorio Las Cumbres e l’Osservatorio Neil Gehrels Swift.
Dopo l’esplosione, la luminosità della maggior parte delle supernovae si affievolisce con il tempo. Ciò che si vede analizzando la cosiddetta curva di luce è un vero e proprio declino graduale e continuo. Il comportamento di SN 2022jli, però, si rivela subito molto peculiare: quando la luminosità complessiva diminuisce, non lo fa in modo continuo, ma oscilla su e giù ogni 12 giorni circa.
Si notano, cioè, delle ondulazioni periodiche nella curva di luce, andamento che si ripete identico in diverse bande fotometriche. Thomas Moore, dottorando alla Queen’s University di Belfast, che ha condotto uno studio uscito a ottobre 2023 sulla supernova, ha spiegato: “È la prima volta che troviamo oscillazioni periodiche ripetute, su molti cicli, nella curva di luce di una supernova”.
E se fosse un sistema binario?
Il team di Moore aveva ipotizzato che questo comportamento potesse essere spiegato dalla presenza di più di una stella nel sistema SN 2022jli. Una cosa possibile, certo, ma ciò che è notevole è che sembra che la stella compagna sia sopravvissuta alla morte violenta dell’altra. E che i due oggetti, il resto compatto e la compagna, abbiano continuato a orbitare l’uno intorno all’altro.
Alla stessa conclusione è giunto anche il team di ricerca di Chen. Tuttavia, mentre i dati raccolti dal precedente gruppo non avevano permesso di definire esattamente come l’interazione tra i due oggetti avesse causato le variazioni nella curva di luce, Chen e colleghi hanno realizzato ulteriori osservazioni. Hanno così trovato nella luminosità in banda visibile del sistema le stesse fluttuazioni regolari che il team di Moore aveva rilevato, e hanno anche individuato moti periodici di idrogeno gassoso ed esplosioni di raggi gamma nel sistema.
Mettendo insieme tutti gli indizi, i due gruppi in generale concordano sul fatto che quando la stella compagna ha interagito con il materiale espulso durante l’esplosione della supernova, la sua atmosfera ricca di idrogeno si è gonfiata.
Di conseguenza, l’oggetto compatto rimasto dopo l’esplosione, mentre orbita attorno a questa stella gonfia, le ruba idrogeno, formando intorno a sé un disco caldo di materia, cioè un disco di accrescimento. Questo periodico “furto” di materia sarebbe responsabile di produrre molta energia, rivelata come cambiamento regolare nella luminosità del sistema. Ed ecco spiegati i picchi nella curva di luce.
Abbiamo trovato l’anello mancante? Sì. Ma non è finita qui
Entrambi i team di ricerca non hanno di fatto osservato la luce proveniente direttamente dall’oggetto compatto. Tuttavia, hanno concluso che questo rilascio di energia visto come picco di luminosità può essere dovuto solo a una stella di neutroni invisibile, o forse a un buco nero, che risucchia materia dall’atmosfera gonfia della stella compagna.
Quindi sì, sono state viste un’esplosione stellare e le sue conseguenze in tempo reale, e sì, ora abbiamo finalmente la prova sperimentale dell’anello mancante tra l’evento di supernova e la formazione di un oggetto compatto. Tuttavia, questo sistema va ancora studiato, per comprendere la vera natura di questo oggetto, oltre che il suo possibile destino.
Saranno d’aiuto in questa ricerca i telescopi di prossima generazione, in particolare l’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO, in costruzione in Cile. L’ELT sarà il più grande telescopio ottico mai costruito dall’uomo, con uno specchio primario di ben 39 metri, e aiuterà presto gli scienziati con questa e molte altre ricerche.
Gli studi citati in questo articolo sono:
- SN 2022jli: A Type Ic Supernova with Periodic Modulation of Its Light Curve and an Unusually Long Rise, Moore et al. 2023
- A 12.4 day periodicity in a close binary system after a supernova, Chen et al. 2023
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