Il 5 dicembre 2023, al NSE (New Space Economy Expoforum) 2023 di Roma, si è tenuta una conferenza dal titolo “The Space Economy as seen from the two sides of Atlantic”. Uno degli speaker era il Generale e Astronauta Roberto Vittori. Insieme a lui sul palco Frank Webb, Program Manager al JPL della NASA. Dopo la conferenza abbiamo avuto modo di incontrare l’astronauta italiano e di porgli alcune domande.
Durante il panel la discussione si è concentrata nel capire differenze di approcci e di ecosistema fra il settore spaziale europeo e quello americano. I confronti, in molti (ma non tutti i) settori sono a sfavore del vecchio continente, e quindi in Europa è da tempo che si discute se è giunta l’ora di un cambio di paradigma nella gestione del settore spaziale.
Dopo la conferenza abbiamo raggiunto l’astronauta Roberto Vittori e gli abbiamo chiesto cosa ne pensa della situazione e della salute della space economy europea e italiana. Roberto Vittori ha volato nello spazio tre volte. Nel 2002 ha raggiunto la ISS con la capsula Soyuz, ripetendo il volo nel 2005 sempre con il mezzo russo. Infine, ha partecipato alla missione STS-134 con lo Space Shuttle nel 2011.
La Space Economy in Europa è di fronte a un bivio: tentare o no di seguire l’approccio americano. E in Italia?
La Space Economy in Europa è una rivisitazione del concetto statunitense ma rimane ancora molto classica come impostazione. Prima [durante la conferenza n.d.r] ho fatto l’esempio di un approccio sul libero mercato che non ha funzionato che è Virgin Galactic, con il turismo spaziale. Facciamo l’esempio di qualcosa che sta funzionando, che è per esempio Starlink.
Qual è il caso nazionale? Noi non abbiamo nessuna azienda che è in grado di affrontare il libero mercato. Ci sono stati dei tentativi, tipo la quotazione in borsa di alcune nostre società, ma il nostro modo di procedere è sempre molto ibrido. L’approccio classico è quello dove il cliente è il governo. Qual è l’approccio della New Space Economy? Quello dove il cliente è il libero mercato.
Casi italiani di aziende che sono riuscite in qualche modo a entrare sul libero mercato non ce ne sono, cioè non ce ne sono che siano significativi per poterlo commentare. Questo è un po’ lo stato dell’arte a oggi.
Tutti riconoscono che lo spazio è un’opportunità. Ovviamente, deve però essere sottolineato che il mezzo trilione del valore del mercato è principalmente fatto da piattaforme e servizi satellitari, che è diverso dal dire “lo spazio” in generale.
I servizi satellitari sono rivolti al libero mercato, però anche lì, potremmo discutere se è veramente space economy o se si tratta di un settore derivato dallo spazio. Essere presenti al New Space Economy Forum è un’opportunità per questo tipo di ragionamenti, peraltro un’opportunità ben organizzata.
Il futuro del volo umano in Europa è forse uno degli asset in cui l’Europa sta cercando di trovare la sua strada indipendente dagli USA (come quello dei lanciatori e come quello delle tecnologie satellitari). Secondo lei c’è una direzione chiara? Riuscirà l’Europa ad avere un mezzo di trasporto per astronauti nello spazio?
Che cos’è l’Europa? È l’Agenzia Spaziale Europea? La Commissione Europea? Prima bisogna capire che cos’è l’Europa. Una volta capito questo, si può fare la seconda domanda, e cioè: cos’è che vogliamo fare da questa parte dell’oceano? In realtà, tentativi ne abbiamo fatti già ai tempi dell’Hermes [progetto di uno spazioplano sviluppato dall’ESA negli anni ’90. Non ci sono però mai stati voli n.d.r.].
Lanciatori capaci potremmo anche averceli. Il problema lo dimostra il pensionamento dello Shuttle: il volo umano è rischioso. E l’unico modo certo di non correre rischi è non volare, che è la conclusione a cui la NASA è arrivata per lo Shuttle. E hanno bisogno dei privati, e quindi è intervenuto SpaceX con Elon Musk che si è preso i propri rischi e che ha superato questo stallo.
Non è verosimile che ci sia un Elon Musk versione Europea, quindi non vedo ancora all’orizzonte un’opportunità per noi. A meno che non si riprenda il filone degli aeroplani che evolvono in spazioplani, aeroporti che evolvono in spazio porti, perché in quel caso il rischio è più gestibile. Atterrare con un razzo e atterrare con uno spazio plano sono due ordini di rischio per chi è a bordo differenti. Questo è un po’ lo scenario.
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