Con l’altissima sensibilità nella lunghezza d’onda infrarossa degli strumenti del James Webb, gli scienziati stanno illuminando numerosi misteri irrisolti del cosmo, trovando così nuove domande a cui trovare risposta.
Nell’ultimo mese, una serie di studi si sono concentrati sull’osservazione e l’analisi di regioni di formazione stellare, regalando scatti molto interessanti come l’immagine di una coppia di giovani stelle, ma anche ricerche affascinanti sulle condizioni in cui nascono i pianeti attorno a questi astri neonati.
Proseguono però anche studi che riguardano l’Universo più lontano, in cui è stato scoperto il buco nero supermassiccio più distante finora nei raggi X e la galassia a spirale barrata più debole mai osservata fino a oggi.
Insieme ad altri osservatori spaziali, come Hubble e Chandra, il James Webb non smette di regalarci nuove meravigliose viste sul cosmo, e con esse, il fascino di scoperte sempre più sorprendenti. Ve ne parliamo oggi in questo nuovo approfondimento della rubrica “Cronache dal James Webb“.
Dall’Universo primordiale
I dati del James Webb, combinati con quelli dell’Osservatorio spaziale Chandra a raggi X della NASA, hanno scovato il buco nero supermassiccio più distante mai individuato nei raggi X. Si trova al centro della galassia UHZ1, distante 13.2 miliardi di anni luce, e lo vediamo quando l’Universo aveva solo il 3% della sua età attuale.
Situato in un’immagine dell’ammasso di galassie Abell 2744, che mostra gas surriscaldato e raggi X, questo buco nero supermassiccio si troverebbe in una fase di crescita iniziale. La scoperta solleva quesiti cruciali sulla formazione dei buchi neri supermassicci e sugli inizi dell’Universo, all’interno del progetto di ricerca UNCOVER.
Grazie alla collaborazione COSMOS-Web, gli scienziati hanno identificato un oggetto “spettrale”, AzTECC71, apparso per la prima volta come una massa luminosa nei telescopi terrestri e poi scomparso completamente, anche nelle immagini di Hubble.
Dai dati di Webb, sembra trattarsi di una galassia remota, dell’Universo primordiale, polverosa e impegnata nella formazione di nuove stelle. Sarebbe difficile da vedere nella luce ottica perché gran parte della luce proveniente dalle sue stelle viene assorbita da un velo di polvere, e riemessa a lunghezze d’onda più lunghe, ovvero più rosse.
Galassie come AzTECC71 sarebbero molto meno rare di quanto pensato in precedenza, e le osservazioni di Webb aprono nuove prospettive sia su di esse sia su un ampliamento delle nostre conoscenze sull’Universo primordiale.
Sempre all’alba del cosmo e sempre con il Webb, è stata scoperta la galassia a spirale barrata più distante osservata fino a oggi, molto simile alla Via Lattea. Prima di questo risultato, si credeva che le galassie a spirale barrate come la nostra non potessero essere osservate prima che l’Universo raggiungesse la metà della sua età attuale, stimata essere di circa 13.8 miliardi di anni.
La galassia, chiamata ceers-2112, si sarebbe formata subito dopo il Big Bang, ed era già matura quando l’Universo aveva solo due miliardi di anni. La massa stellare e la morfologia barrata rendono ceers-2112 un candidato progenitore di una galassia come la Via Lattea, e stanno permettendo agli scienziati di studiare meglio strutture di questo tipo.
Alcune tra le galassie più deboli e giovani mai trovate sono state immortalate sempre dal James Webb in un’immagine composita che presenta anche dati di Hubble. La foto in realtà ritrae MACS0416, una coppia di ammassi di galassie in collisione particolarmente massicci ed estesi, che si stanno unendo a formarne uno ancora più grande.
Lo scatto è un’immagine pancromatica che assembra una delle viste più complete dell’Universo in questo piccolo angolo di cosmo mai ottenute finora. Grazie ai dati di entrambi i telescopi, l’immagine rivela un’incredibile ricchezza di dettagli. Comprende l’abbondanza di galassie all’interno dell’ammasso, riconoscibili perché più grandi, luminose e bianco-giallastre. Ma rivela anche moltissimi altri oggetti, fonti anche lontanissime, molto più rosse. Molte di esse le osserviamo solo perché la loro luce è stata deviata e amplificata dalla gravità dell’ammasso in primo piano, per il fenomeno della lente gravitazionale.
Con l’aiuto del James Webb e della sua vista nell’infrarosso, lo sguardo su questi oggetti si spinge molto in profondità nel cosmo. La combinazione dei due telescopi ha permesso di arrivare molto lontano, fino all’Universo primordiale.
Dalla Galassia, e oltre
Un’immagine recente del James Webb ha rivelato nuovi dettagli dell’oggetto Herbig Haro 797 (HH 797), un’area luminosa intorno a stelle appena nate. Formatosi dalla collisione di venti stellari o gas emessi da protostelle, HH 797, nella metà inferiore dell’immagine, si trova vicino a un giovane ammasso stellare.
Catturata tramite la tecnica di imaging nell’infrarosso con la fotocamera NIRCam, questa immagine infrarossa rivela due deflussi di gas paralleli, contrariamente alla precedente convinzione di un unico flusso. L’imaging a infrarossi è un metodo efficace per studiare le stelle appena nate e i loro deflussi, perché le stelle più giovani sono invariabilmente ancora immerse nel gas e nella polvere da cui si sono formate.
L’emissione infrarossa dei deflussi di HH 797 penetra nel gas e nella polvere oscuranti, rendendo questo un oggetto ideale per l’osservazione con i sensibili strumenti a infrarossi di Webb. Le molecole eccitate dalle condizioni turbolente, tra cui l’idrogeno molecolare e il monossido di carbonio, emettono luce infrarossa che Webb può raccogliere per visualizzare la struttura dei deflussi.
Di recente, JWST ha osservato anche un’altra giovane stella, SZ Chamaeleontis (SZ Cha) a 700 anni luce dalla Terra, simile al Sole primordiale e circondata da un disco protoplanetario. Nel 2008 era stata osservata anche dal telescopio spaziale Spitzer della NASA, che aveva rilevato gas neon e indicava che il disco era irraggiato dalla radiazione UV della stella in formazione.
Le osservazioni di Webb hanno confermato la presenza di gas neon, ma suggeriscono una dominanza di radiazione X, che di conseguenza indicano un cambiamento nei tempi di formazione planetaria a soli 15 anni di distanza. Il cambiamento può essere dovuto a un vento variabile che assorbe l’UV, lasciando spazio ai raggi X, impattando la formazione planetaria. Queste discrepanze tra i telescopi sono cruciali per comprendere la nascita di nuovi pianeti.
La formazione dei pianeti avviene, appunto, attraverso dischi di gas e polvere attorno alle stelle. Secondo la teoria della deriva dei ciottoli, nelle regioni più fredde ed esterne di questi dischi si formerebbero dei ciottoli ghiacciati (ice pebbles in inglese) che nel tempo si sposterebbero verso l’interno, a causa dell’attrito del disco rotante, e trasporterebbero l’acqua verso i pianeti che si stanno formando nelle regioni interne.
Il James Webb ha rilevato vapore acqueo intorno a giovani dischi protoplanetari, confermando la teoria della deriva dei ciottoli. La presenza di pianeti giganti può influenzare questa deriva, accumulando materiali in specifiche regioni del disco. La scoperta suggerisce anche che pianeti come Giove potrebbero aver limitato l’acqua disponibile per i pianeti rocciosi interni nel nostro Sistema Solare.
Sempre parlando di pianeti, il Webb ha individuato il metano nell’atmosfera di un altro esopianeta, WASP-80 b. Gli spettri ottenuti con la NIRCam rivelano le firme di metano e vapore acqueo. E mentre i ricercatori finora hanno trovato il vapore acqueo in almeno una dozzina di pianeti extrasolari, il metano fino a poco tempo fa non era mai stato rilevato. Ricordiamo che il metano è una molecola presente in abbondanza nelle atmosfere di Giove, Saturno, Urano e Nettuno nel nostro Sistema Solare.
WASP-80 b è un pianeta extrasolare classificato come gioviano caldo, con dimensioni e massa simili a Giove. Si trova a una distanza di 163 anni luce dalla Terra nella costellazione dell’Aquila e orbita attorno a una nana rossa. A causa della sua vicinanza alla sua stella madre e dalla nostra prospettiva terrestre, non è visibile direttamente, ma i ricercatori impiegano il metodo del transito e dell’eclissi per analizzare la luce combinata della stella e del pianeta.
Il transito avviene quando il pianeta passa davanti alla stella, causando una leggera diminuzione della luce stellare rilevata dalla Terra. L’eclissi, invece, si verifica quando il pianeta si sposta dietro la stella, causando un’altra diminuzione della luce stellare vista da noi.
Il James Webb è stato utilizzato per studiare la luce combinata durante il transito e l’eclissi di WASP-80 b. Utilizzando lo strumento MIRI (Mid-Infrared Instrument) sensibile all’infrarosso, i ricercatori hanno analizzato lo spettro infrarosso, che ha permesso di determinare con certezza la presenza di metano nell’atmosfera del pianeta.
Spostandoci verso il centro della Via Lattea, di recente il JWST ha immortalato nell’infrarosso la regione Sagittarius C, a 300 anni luce da Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio nel cuore della nostra Galassia, svelando dettagli mai visti. All’interno delle 500mila stelle risiede un ammasso di protostelle, evidente per i flussi brillanti nell’infrarosso. Le nubi in formazione, apparenti buchi nel campo stellare, sono fotografate con un livello di dettaglio mai raggiunto prima d’ora.
Questo panorama eccezionale offre nuove prospettive sulla formazione stellare. Situato a soli 25mila anni luce dalla Terra, il centro galattico offre un’opportunità unica per studiare le stelle e il loro ambiente. Nubi turbolente e magnetizzate formano nuovi astri, interagendo con il gas circostante tramite venti, getti e radiazioni. La NIRCam di Webb offre una panoramica colorata e ricca di dati di questo ambiente estremo, permettendo agli scienziati di esplorare dettagliatamente le dinamiche della regione.
Inoltre, l’osservazione dell’idrogeno ionizzato, evidente nella regione inferiore della nuvola scura, è rilevante per studi stellari. Le radiazioni ultraviolette delle stelle giovani ionizzano l’ambiente circostante, rivelando le nuove stelle. Queste emissioni offrono informazioni sulle condizioni fisiche e chimiche dell’ambiente stellare, essenziali per comprendere l’interazione tra stelle e ambiente circostante.
Dal Sistema Solare
Con il JWST è stato possibile effettuare il primo rilevamento di anidride carbonica in un centauro chiamato 39P/Oterma, un piccolo corpo planetario che orbita tra Giove e Nettuno. I centauri sono oggetti rocciosi nel nostro Sistema Solare che mostrano caratteristiche sia di comete che di asteroidi.
39P/Oterma è stato scelto per lo studio perché è un centauro attivo, con una chioma e una coda simili a una cometa. Gli scienziati hanno utilizzato lo strumento NIRSpec del Webb insieme a osservazioni da Terra per studiare le caratteristiche di questo corpo celeste durante il suo passaggio più vicino al Sole nel luglio 2022.
I risultati mostrano il primo rilevamento di anidride carbonica in un centauro, in quantità estremamente basse ma mai osservate in altri corpi simili.
Il risultato è in contrasto con la presenza tradizionale di acqua e monossido di carbonio in altri centauri. La diversità chimica tra il 39P/Oterma e altri centauri potrebbe essere dovuta alle loro dimensioni differenti, alle loro storie orbitali o alle loro composizioni iniziali.
Questa scoperta, condotta dall’Auburn University, ha implicazioni significative. Potrebbe infatti cambiare le nostre conoscenze sulle caratteristiche chimiche di centauri, asteroidi e comete, fornendo nuove informazioni sulla formazione e sull’evoluzione del Sistema Solare nel suo insieme.