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| On 10 mesi ago

Il James Webb e Hubble uniti a immortalare un colorato ammasso di galassie

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A 4.3 miliardi di anni luce dalla Terra troviamo MACS0416, una coppia di ammassi di galassie in collisione. Si tratta di due oggetti particolarmente massicci ed estesi, che si stanno unendo a formarne uno ancora più grande.

Ieri la NASA e l’ESA hanno rilasciato uno scatto che immortala questa fusione in corso, in cui sono state combinate la vista a infrarossi del telescopio spaziale James Webb e quella nel visibile di Hubble. L’immagine pancromatica risultante assembra una delle viste più complete dell’Universo in questo piccolo angolo di cosmo mai ottenute finora.

Grazie ai dati di entrambi i telescopi, l’immagine rivela un’incredibile ricchezza di dettagli. Comprende l’abbondanza di galassie all’interno dell’ammasso, riconoscibili perché più grandi, luminose e bianco-giallastre. Ma rivela anche moltissimi altri oggetti, fonti anche lontanissime, molto più rosse. Molte di esse le osserviamo solo perché la loro luce è stata deviata e amplificata dalla gravità dell’ammasso in primo piano, per il fenomeno della lente gravitazionale.

Confronto fianco a fianco dell’ammasso galattico MACS0416 visto dal telescopio spaziale Hubble in luce ottica (a sinistra) e dal James Webb in luce infrarossa (a destra). Credits: NASA, ESA, CSA, STScI

Una vista ultra-profonda dell’Universo

Questo ammasso è stato il primo soggetto di una serie di osservazioni ultra-profonde dell’Universo, ottenute dal programma Frontier Fields inaugurato nel 2014. Nell’ambito di questo progetto, il telescopio Hubble ha permesso di aprire la strada alla ricerca delle galassie più deboli e più giovani mai osservate.

Con l’aiuto del James Webb e della sua vista nell’infrarosso, questo sguardo che si spinge in profondità nel cosmo si è fatto ancora più potente. La combinazione dei due telescopi ha permesso di arrivare ancora più lontano, fino all’Universo primordiale.

L’ampia gamma di lunghezze d’onda vagliate dagli strumenti di Hubble e Webb, le più corte codificate in blu, le medie in verde e le più lunghe in rosso, produce un paesaggio di galassie particolarmente vivace e ricco di colori. Questi colori forniscono indizi sulla distanza delle sorgenti: le più blu sono relativamente vicine, le più rosse tendenzialmente sono quelle poste a maggior distanza. Alcune galassie sono rosse anche perché contengono una grande quantità di polvere cosmica, che tende ad assorbire i colori blu della luce delle stelle.

La ricerca (e scoperta) di oggetti transitori con Webb

Le nuove osservazioni effettuate con il James Webb avevano in realtà uno scopo preciso: cercare oggetti che variavano la loro luminosità nel tempo, noti come transitori. Per farlo, il team che si è occupato della ricerca ha combinato tre epoche di osservazioni, ciascuna effettuata a settimane di distanza, con una quarta epoca del gruppo di ricerca CANUCS (CAnadian NIRISS Unbiased Cluster Survey). Hanno identificato 14 transitori:

  • Dodici di essi sono situati in tre galassie che fortemente ingrandite dalla lente gravitazionale, e probabilmente si tratta di stelle singole o di sistemi multipli di stelle.
  • I restanti due si trovano all’interno di galassie di fondo, con un ingrandimento più moderato, e sono probabilmente supernove.

Tra questi oggetti, uno si è distinto in particolare. Situato in una galassia che esisteva circa 3 miliardi di anni dopo il Big Bang, è stato ingrandito di un fattore di almeno 4000 grazie alla lente gravitazionale. Il team lo ha soprannominato Mothra, per via della sua “natura mostruosa”, essendo sia estremamente luminoso che estremamente ingrandito.

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Mothra si unisce a un’altra stella con lente che i ricercatori avevano precedentemente identificato, e che avevano soprannominato Godzilla. Sia Godzilla che Mothra sono mostri giganti conosciuti come kaiju nel cinema giapponese.

Immagine dell’ammasso di galassie MACS0416 con evidenziata una particolare galassia di fondo con lente gravitazionale, che esisteva circa 3 miliardi di anni dopo il Big Bang. Quella galassia contiene un oggetto transitorio, la cui luminosità osservata varia nel tempo, che il team scientifico ha soprannominato “Mothra”. Credits: NASA, ESA, CSA, STScI, J. Diego (Instituto de Física de Cantabria, Spagna), J. D’Silva (U. Western Australia), A. Koekemoer (STScI), J. Summers & R. Windhorst (ASU) e H. Yan (U. Missouri)

Un mostro luminoso, ingrandito da una lente nascosta

Gli scienziati si sono stupiti del fatto che Mothra era visibile anche nelle osservazioni di Hubble effettuate nove anni prima. Una cosa particolarmente insolita, perché per ingrandire una stella così tanto è necessario un allineamento molto specifico tra l’ammasso di galassie in primo piano e la stella sullo sfondo. I movimenti reciproci della stella e dell’ammasso avrebbero dovuto eventualmente eliminare quell’allineamento.

La spiegazione più probabile è che ci sia un oggetto aggiuntivo all’interno dell’ammasso in primo piano, che aggiunge maggiore ingrandimento. Si ipotizza che la sua massa sia tra 10mila e 1 milione di volte la massa del Sole. La natura esatta di questa seconda lente, tuttavia, rimane attualmente sconosciuta. È possibile che l’oggetto sia un ammasso globulare, troppo debole perché Webb possa osservarlo direttamente.

La scoperta di così tanti transitori in un arco di tempo relativamente breve, comunque, suggerisce agli scienziati che un monitoraggio regolare con il Webb potrebbero garantire la scoperta di molti più transitori in questo ammasso, e in altri simili.

I dati Webb mostrati qui sono stati ottenuti come parte di PEARLS (Prime Extragalactic Areas for Reionization and Lensing Science), programma GTO 1176. I due studi relativi a questa ricerca sono reperibili qui:

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