Durante l’ultimo mese, il James Webb ha osservato diverse strutture e permesso una serie di ricerche soprattutto nella nostra Galassia. Innanzitutto, ci ha regalato una sensazionale vista della nebulosa del Granchio, così come di altre strutture cosmiche.
Osservando nell’infrarosso, ha anche permesso di analizzare nel dettaglio alcuni sistemi esoplanetari, in particolare le esoatmosfere e i dischi di detriti attorno a stelle morenti. Per esempio, ha rivelato cristalli di quarzo nell’atmosfera di questo pianeta, offrendo una nuova comprensione delle nubi di pianeti extrasolari.
Interessanti sono anche le scoperte sulle dinamiche atmosferiche di Giove, di cui sappiamo molto ma non certo tutto, e l’osservazione di oggetti della cintura di Kuiper, che forniscono informazioni sulla storia e la composizione del Sistema Solare.
Tutto questo e molto altro è raccontato in questo nuovo approfondimento della rubrica “Cronache dal James Webb“.
Dall’Universo primordiale
I ricercatori hanno sviluppato nuove simulazioni al computer dell’Universo primordiale che concordano strettamente con le osservazioni effettuate dal James Webb. Esse avevano suggerito delle incongruenze nella nostra comprensione della formazione iniziale delle galassie, poiché le prime galassie studiate sembravano essere più luminose e massicce di quanto previsto teoricamente.
Tuttavia, i risultati delle simulazioni dimostrano che le osservazioni del JWST non contraddicono le aspettative teoriche. Queste simulazioni computerizzate della formazione delle galassie nell’Universo primordiale sono in grado di risolvere piccoli grumi di materia oscura, e di tracciarne l’evoluzione in aloni di materia oscura che ospitano le galassie che osserviamo. Inoltre, queste simulazioni possono modellare la formazione delle prime stelle, le stelle di Popolazione III, previste come molto più massicce e luminose delle stelle attuali.
Le simulazioni utilizzate nel progetto dimostrano che queste galassie sono in linea con i modelli teorici che guidano la fisica delle simulazioni cosmologiche.
Dalla Galassia, e oltre
La nebulosa del Granchio è un resto di supernova all’interno della nostra Galassia, a 6500 anni luce di distanza da noi. Risale a una supernova osservata qui nel 1054 d.C. e le nuove osservazioni di Webb rivelano una dettagliata struttura, inclusa la radiazione prodotta dalla pulsar al centro della nebulosa, il resto della stella morente che l’ha prodotta. I dati di Webb stanno fornendo una nuova comprensione della composizione del materiale espulso, in particolare di ferro e nichel, che può svelare il tipo di esplosione che ha creato questo oggetto celeste.
Nello slider seguente vediamo un confronto della nebulosa del Granchio vista dal telescopio spaziale Hubble in luce ottica e da Webb nell’infrarosso. L’immagine di Hubble, rilasciata nel 2005, evidenzia i filamenti arancioni costituiti principalmente da idrogeno che formano un guscio esterno simile a una gabbia. I filamenti screziati di blu verso la parte esterna del Granchio contengono ossigeno neutro, mentre lo zolfo ionizzato singolarmente e lo zolfo doppiamente ionizzato formano materiale soffice rosso e verde. Il bagliore luminoso al centro dell’interno evidenzia la pulsar della nebulosa.
Le capacità infrarosse di Webb mostrano la struttura nitida, simile a una gabbia, dei resti di supernova, con filamenti di gas rosso-arancio che tracciano zolfo doppiamente ionizzato. All’interno dei resti, creste giallo-bianche e verdi formano strutture ad anello su larga scala, che rappresentano le aree in cui risiedono le particelle di polvere. L’area centrale all’interno è composta da materiale traslucido e lattiginoso. Credits: Immagine: NASA, ESA, CSA, STScI, Jeff Hester (ASU), Allison Loll (ASU), Tea Temim (Princeton University)
Un’altra dettagliata immagine nell’infrarosso di Webb in questo mese rappresenta NGC 346, la regione di formazione stellare più luminosa e grande nella Piccola Nube di Magellano, galassia satellite della Via Lattea. La struttura mostra strisce di gas e polvere punteggiate da giovani protostelle.
La scoperta di una quantità significativa di polvere cosmica all’interno della Piccola Nube di Magellano sfida le aspettative, poiché si credeva che questa galassia avesse molti meno elementi pesanti. L’immagine rivela la presenza di silicati polverosi, idrocarburi policiclici aromatici e polvere calda emessa da stelle luminose. Qui, quindi, gli scienziati potranno studiare la formazione stellare in condizioni simili a quelle dell’Universo primordiale.
Per quanto riguarda la ricerca e lo studio di esopianeti, il Webb ha di recente fatto una scoperta sorprendente riguardo all’atmosfera di WASP-17 b, un mondo gigante di tipo gioviano caldo a 1300 anni luce dalla Terra. Utilizzando l’alta sensibilità del suo strumento MIRI (Mid InfraRed Instrument), il Webb ha rivelato tracce di nanocristalli di quarzo nelle nuvole ad alta quota dell’atmosfera del pianeta.
Questo è il primo rilevamento di particelle di silice (SiO2) pura in un’atmosfera esoplanetaria. In passato, gli scienziati avevano sospettato la presenza di aerosol nelle nuvole di WASP-17 b, ma non si pensava che fossero costituiti da quarzo. La scoperta offre una nuova comprensione di come si formano e si evolvono le nuvole nei pianeti diversi dal nostro sistema solare.
Anche i dischi di detriti attorno alle nane bianche sono diventati oggetto di studio grazie Webb. Le nane bianche, che rappresentano i resti di stelle giganti rosse raffreddatesi alla fine della loro vita, potrebbero avere dischi di materiale proveniente dai loro sistemi stellari precedenti, come pianeti e asteroidi.
Un’esplosione infrarossa avvenuta intorno a una nana bianca chiamata WD 0145+234 nel 2018 ha suggerito la frammentazione di un asteroide o una cometa in orbita intorno alla stella. Le osservazioni del JWST hanno confermato la presenza di un disco di detriti intorno alla nana bianca e hanno rilevato grani di silicato, residui di collisioni.
Inoltre, l’osservazione di carbonati indica la possibilità di collisioni di corpi di dimensioni più grandi all’interno del sistema. Una scoperta che fornisce nuove informazioni sulla formazione dei dischi di detriti intorno alle nane bianche, e che potrebbe suggerire somiglianze con sistemi planetari come il nostro Sistema Solare.
Di recente, per esempio, il sistema Fomalhaut, con il suo complesso disco di detriti, è stato oggetto di studio grazie al James Webb. Le osservazioni hanno rivelato una complessa struttura, con particelle di silicato e carbonati suggeriti come il risultato di collisioni planetesimali.
Un oggetto noto come “S7” è stato rilevato nel disco, con una massa simile a Giove. Tuttavia, il JWST non ha ancora confermato l’esistenza di Fomalhaut b, un esopianeta la cui presenza era stata proposta nel 2012 a partire da risultati di Hubble. Ulteriori osservazioni nel prossimo ciclo potrebbero fornire ulteriori dettagli e chiarire la natura di S7, e la presenza o meno di Fomalhaut b.
Infine, di recente il JWST ha osservato il secondo lampo di raggi gamma più luminoso mai registrato, noto come GRB 230307A. Questo evento è probabilmente causato dalla fusione di due stelle di neutroni, noto come kilonova, un’occasione rara per studiare la formazione di elementi più pesanti del ferro.
Grazie alla sua alta sensibilità, il Webb ha permesso di catturare il primo spettro nel medio infrarosso di una kilonova, identificando direttamente la presenza di tellurio e suggerendo la presenza di altri elementi pesanti come lo iodio. Questi eventi, fucine di elementi pesanti, sono rari ma fondamentali per la comprensione dell’origine degli elementi chimici della nostra tavola periodica.
Dal Sistema Solare
Dati recenti di Webb hanno rivelato una nuova caratteristica nell’atmosfera di Giove: una corrente ad alta velocità estesa per oltre 4800 chilometri sopra l’equatore del pianeta, al di sopra dei principali strati nuvolosi. Questa scoperta fornisce preziose informazioni sulla dinamica atmosferica gioviana.
Le capacità uniche della strumentazione di Webb, con una sensibilità all’infrarosso che permette di sondare i livelli superiori dell’atmosfera gioviana, consentono di apprezzare dettagli fini nella zona equatoriale di Giove. La corrente individuata viaggia a una velocità straordinaria di circa 515 chilometri all’ora, doppia rispetto ai venti di un uragano di categoria 5 sulla Terra. La sua posizione è a circa 40 chilometri sopra le nuvole nella bassa stratosfera di Giove.
Per studiare questa regione in modo più dettagliato, il telescopio Hubble è stato puntato nella stessa direzione, consentendo di analizzare la struttura tridimensionale delle nuvole temporalesche nell’equatore di Giove.
Queste scoperte hanno rivelato la complessità dei venti e delle tempeste nell’atmosfera equatoriale di Giove, con la possibilità che la corrente vari considerevolmente nei prossimi anni. I ricercatori stanno aspettando ulteriori osservazioni del Webb per comprendere meglio questa dinamica.
Anche la fascia asteroidale di Kuiper, ai margini del Sistema Solare, è stata recente oggetto di ricerche scientifiche con il JWST. Gli oggetti della cintura di Kuiper, noti anche come oggetti transnettuniani (TNO, Trans Neptunian Objects), sono stati osservati e studiati per trovare informazioni sulle correnti gravitazionali che hanno modellato il Sistema Solare.
Il Webb è stato utilizzato in particolar modo per osservare tre oggetti: Sedna, Gonggong e Quaoar. Le osservazioni hanno rivelato nuove informazioni sulle loro orbite e composizioni, inclusa la scoperta di idrocarburi leggeri e molecole organiche complesse prodotte dall’irradiazione del metano.
Questi risultati sono importanti, perché mostrano come le diverse orbite e ambienti di irradiazione influenzino le superfici dei pianeti nani. Hanno rivelato la presenza di etano, acetilene ed etilene, suggerendo che il metano deve essere periodicamente rifornito sulle loro superfici.