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| On 1 anno ago

Studiare la fantascienza: si possono veramente costruire gli Ornitotteri di Dune?

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Dalla sommità della duna, un nugolo di polvere si scorge in lontananza. Presto sarà molto più vicino. Un gigantesco verme delle sabbie si avvicina, pronto a divorare chiunque si avventuri senza le dovute conoscenze nel deserto. Ma ecco che in soccorso giunge un velivolo di modeste dimensioni, una sorta di gigantesca libellula in grado di volare grazie al battito delle sue ali meccaniche.

Ci troviamo su Arrakis, il pianeta principale dell’universo fantascientifico di Dune creato dallo scrittore Frank Herbert nel 1965. E quello strano velivolo è un Ornitottero, uno dei principali mezzi che si possono trovare tra le pagine del romanzo, o in una delle tante trasposizioni audiovisive.

Il primo a immaginare una macchina in grado di volare sbattendo le ali fu il fiorentino Leonardo da Vinci, che nel 1489 ne disegnò un prototipo. Questo venne poi realizzato quattro secoli dopo dal francese Gustave Trouvè. Il modello di Trouvè possedeva ali che venivano fatte sbattere da una successione rapida di spari di cartucce di pistola.

Il prototipo di una macchina in grado di volare, disegnato da Leonardo Da Vinci.

L’ingegnoso stratagemma permise un volo di circa 80 metri, senza precedenti nella storia. Nel 1890, circa vent’anni dopo il primo volo, Lawrence Hargrave costruì diversi modelli di ornitottero che funzionavano a vapore o ad aria compressa. Solo negli anni ‘30 del 900 si arrivò all’utilizzo di motori a pistoni interni.

Nel corso degli anni, gli ornitotteri sono per lo più scomparsi, a eccezione di qualche modello sperimentale, per lo più di progetti universitari. L’interesse industriale si è decisamente spostato verso il miglioramento di velivoli diversi, con capacità di carico enormemente più elevata.

Gli ornitotteri finora costruiti hanno il grande limite di non poter trasportare grandi carichi, tanto che i voli eseguiti finora sono stati condotti con a bordo il solo pilota. Il limite risiede nel fatto che, essendo mezzi che sfruttano l’energia muscolare umana per muoversi, questa si esaurisce molto in fretta non rendendo possibili voli maggiori di pochi metri (il record è attualmente di 145 m).

Anche nei modelli provvisti di motore, questo serve solo a sostenere il volo. Il grosso del lavoro è svolto dal battito delle ali, provocato proprio dalla potenza umana. Resta però la domanda: sarà mai possibile realizzare ornitotteri in grado non solo di trasportare in modo efficace esseri umani, ma di compiere anche azioni di ricognizione e analisi scientifica? E, perché no, anche su un altro pianeta?

La risposta alla domanda è tutt’altro che banale. Il principio su cui si basa il funzionamento degli ornitotteri è, come per qualsiasi velivolo attualmente esistente, la generazione di portanza. A differenza di un normale aeroplano però, gli ornitotteri si sollevano in aria battendo le ali, che invece sono fisse per qualsiasi altro mezzo.

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Le ali degli aeroplani sono disegnate in modo tale che, muovendosi nell’aria, la pressione al di sopra delle ali sia inferiore a quella al di sotto, garantendo il sollevamento del mezzo. Per fare ciò, gli aeroplani hanno bisogno della spinta di un motore. Gli ornitotteri sfruttano invece il battito delle ali per generare un flusso di aria verso il basso e, per il newtoniano principio di azione e reazione, sollevarsi verso l’alto. Affinché il velivolo possa muoversi in avanti, le ali dell’ornitottero devono cambiare angolo durante il battito, proprio come quelle di insetti e uccelli. In caso contrario la resistenza (forza aerodinamica di opposizione al moto) sarebbe così elevata da impedire qualsiasi tipo di movimento.

Abbiamo già accennato al fatto che gli ornitotteri costruiti in precedenza non offrono prestazioni sufficienti a esser utili anche a fini commerciali. Perciò, la vera sfida consiste nello scalare le prestazioni per raggiungere tale obiettivo. Il problema principale consiste nel fatto che le ali dovrebbero muoversi a una velocità molto elevata. Ciò richiede (date le dimensioni aumentate) una notevole quantità di potenza.

Design di un orninottero tedesco, risalente al 19° secolo. Credits: Jakob Degen, Kohl Illustration

Con le attuali tecnologie a disposizione, tale quantità sarebbe raggiunta con un consistente aumento di peso, che andrebbe a sua volta a sfavore della stessa generazione di portanza che si tenta di ottenere. Inoltre, attualmente non ci sono materiali in grado di sopportare i grandi e continui stress a cui sarebbero sottoposte le ali.

Anche guardando al problema da un punto di vista prettamente economico, lo sviluppo di queste tecnologie metterebbe a dura prova le finanze di qualsiasi ente pubblico o privato, scoraggiando ancor di più il mercato in questa direzione.

Tutte queste considerazioni si applicano a un ornitottero per uso terrestre. Per l’utilizzo su altri pianeti, potrebbero esserci atmosfere che favorirebbero il volo di un ornitottero e altre che lo sfavorirebbero ulteriormente. Potrebbero esserci pianeti la cui atmosfera troppo bassa impedirebbe alle ali di generare la giusta portanza per vincerne la gravità. Oppure pianeti con abbastanza gas atmosferico da richiedere meno battiti d’ali per decollare aumentando però gli stress sulle stesse ali.

Questo discorso è però (forse) troppo fantascientifico per essere affrontato attualmente. Per il momento ci limitiamo a osservare, leggere e ammirare questi stupendi velivoli su grande schermo o tra le pagine di un libro. Ma chissà se in futuro i posteri verranno davvero soccorsi da un ornitottero, nell’immensità di un esopianeta deserto.