Dal Sole fuoriescono continuamente particelle cariche, in un flusso che si propaga verso l’esterno. Si tratta del vento solare, che attraversa lo spazio interplanetario e si scontra con tutto ciò che incontra.
Nonostante questa sia una caratteristica fondamentale del Sole, la comprensione di come e dove si genera in prossimità della nostra stella è ancora oggetto di studio. Di recente, però, la sonda Solar Orbiter di ESA/NASA ha permesso un importante passo avanti.
Le immagini del polo Sud solare, riprese dall’Extreme Ultraviolet Imager (EUI) della sonda il 30 marzo 2022, rivelano una moltitudine di piccoli getti di materiale che fuoriescono dall’atmosfera esterna del Sole. Ciascun getto dura tra i 20 e i 100 secondi, ed espelle plasma (gas caldo ionizzato) a circa 100 km/s. Questi getti potrebbero essere la tanto ricercata fonte del vento solare.
Un flusso di particelle non continuo
Da decenni i ricercatori sanno che il vento solare è in qualche modo collegato ai buchi coronali. Si tratta di regioni in cui il campo magnetico del Sole non ritorna indietro verso la superficie solare, ma si propaga all’esterno.
Lungo queste linee di campo magnetico “aperte”, il plasma può fluire, dirigendosi verso il resto del Sistema Solare e originando il vento solare. Tuttavia, ancora non si era capito in che modo il plasma venisse lanciato lungo quelle linee di campo.
Finora l’ipotesi era che, poiché la corona è calda, si espande naturalmente, e una parte del gas che la costituisce fuoriesce lungo le linee di campo. Tuttavia, i nuovi risultati di EUI sul buco coronale situato al polo sud del Sole e sulla popolazione di singoli getti mettono in discussione l’ipotesi che il vento solare sia prodotto solo in un flusso continuo e costante.
In gran parte, infatti, questo flusso sembra non essere uniforme: i dati di Solar Orbiter suggeriscono che il vento solare proveniente dai buchi coronali potrebbe avere origine come un flusso intermittente.
Di seguito, un filmato creato a partire dalle osservazioni effettuate dalla Solar Orbiter il 30 marzo 2022 tra le 04:30 e le 04:55 UTC, che mostra un buco coronale vicino al polo sud del Sole. Credits: ESA & NASA/Solar Orbiter/EUI Team
Qualcosa abbiamo capito (ma è ancora poco)
L’energia associata a ogni singolo getto è piccola. Manifestano circa mille volte meno energia di un nanoflare, la più piccola tipologia di brillamento solare, e incanalano la maggior parte dell’energia nell’espulsione del plasma.
Tuttavia, le nuove osservazioni suggeriscono che stiano espellendo una frazione sostanziale del materiale che vediamo nel vento solare. E potrebbero esserci eventi ancora più piccoli e frequenti che ne forniscono ancora di più.
Attualmente, però, la Solar Orbiter sta ancora girando intorno al Sole vicino al suo equatore. In queste osservazioni, quindi, EUI sta guardando il polo sud solare con un angolo molto radente. “È più difficile misurare alcune proprietà di questi minuscoli getti quando li si vede di profilo” ha spiegato Daniel Müller, Project Scientist dell’ESA per Solar Orbiter. Aggiunge però: “Tra qualche anno li vedremo da una prospettiva diversa da quella di qualsiasi altro telescopio o osservatorio, e questo insieme dovrebbe essere di grande aiuto”.
Nei prossimi anni infatti, la sonda inclinerà gradualmente la sua orbita verso le regioni polari. Allo stesso tempo, l’attività del Sole progredirà e i buchi coronali inizieranno a spuntare a molte latitudini diverse, fornendo una nuova prospettiva unica. Gli scienziati attendono con impazienza quei risultati.
Il Sole è l’unica stella di cui possiamo osservare l’atmosfera in modo così dettagliato, ma è probabile che lo stesso processo avvenga anche su altre stelle. Quindi oltre a garantire una maggior conoscenza dei potenziali pericoli che il vento solare rappresenta per noi, le ricerche che Solar Orbiter sta rendendo e renderà possibili sono fondamentali per una comprensione a tutto tondo della stella, che resta il corpo celeste più comune del cosmo.
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