Un tempo si pensava che le nebulose planetarie fossero oggetti celesti dalla forma circolare con una singola stella morente al centro. Solo poche migliaia di anni fa, quella stella era ancora una gigante rossa che stava perdendo gran parte della sua massa. Poi, morendo, il nucleo caldo ha riscaldato il gas espulso, risultando in un’emissione colorata di luce.
Le osservazioni moderne, tuttavia, mostrano che la maggior parte delle nebulose planetarie ha una complessità mozzafiato. E la nebulosa Anello, uno degli oggetti più famosi e affascinanti del nostro cielo, non fa eccezione. A 2200 anni luce dalla Terra, è luminosa e visibile anche con un semplice binocolo.
Di recente, il team ESSENcE (Evolved StarS and their Nebulae in the JWST Era) ha utilizzato il James Webb per osservare questa nebulosa nel vicino infrarosso con la NIRCam (Near-Infrared Camera) e nel medio infrarosso con il MIRI (Mid-Infrared Instrument). La nebulosa era già stata osservata all’inizio dell’attività scientifica del telescopio. Ora l’altissima sensibilità dei suoi strumenti ne ha messo in luce i dettagli senza precedenti.
La nebulosa Anello
La nebulosa Anello, conosciuta anche come M57 o NGC 6720, è situata nella costellazione della Lira. La sua scoperta è attribuita a diversi scienziati nel corso del tempo, ma la prima registrazione nota risale al 1779, da parte degli astronomi Antoine Darquier de Pellepoix e Charles Messier.
Nel corso dei decenni, la nebulosa è stata studiata e fotografata da numerosi astronomi, che hanno contribuito a una migliore comprensione della sua struttura e delle sue caratteristiche. Ha la forma di una ciambella distorta, e sebbene il centro della ciambella possa sembrare vuoto, in realtà è pieno di materiale a bassa densità che si estende sia verso di noi che lontano da noi.
Il colorato anello principale è composto da gas espulso dalla stella morente al centro della nebulosa. Questa stella sta per diventare una nana bianca, un corpo molto piccolo, denso e caldo, lo stadio evolutivo finale per una stella come il Sole.
Di seguito, un confronto tra l’immagine della nebulosa Anello immortalata dal telescopio spaziale Hubble nella luce visibile e la recente foto della NIRCam di Webb. Credits: ESA/Webb, NASA, CSA, M. Barlow, N. Cox, R. Wesson, C. Robert O’Dell (Vanderbilt University)
Dettagli senza precedenti nell’infrarosso…
Le nuove immagini di Webb forniscono una risoluzione spaziale e una sensibilità spettrale mai raggiunta finora, che rivelano dettagli unici e mai messi in evidenza prima d’oggi. Ad esempio, la nuova immagine NIRCam mostra i dettagli intricati della struttura del filamento dell’anello interno, mentre quella di MIRI rivela le caratteristiche concentriche nelle regioni esterne dell’anello.
L’anello luminoso che dà il nome alla nebulosa è composto da circa 20 mila singoli ammassi di idrogeno molecolare, ognuno dei quali massiccio quanto la Terra. All’interno dell’anello c’è una stretta banda di emissione di idrocarburi policiclici aromatici (IPA), molecole complesse contenenti carbonio che non ci si aspetterebbe si formino nella nebulosa Anello.
…e un mistero da risolvere!
Circa dieci archi concentrici si trovano appena oltre il bordo esterno dell’anello principale. Sono regolarmente distanziati all’interno dell’alone che circonda l’anello. Secondo le stime dei ricercatori, si sono formati circa ogni 280 anni mentre la stella centrale perdeva i suoi strati esterni.
Quando una singola stella si evolve in una nebulosa planetaria, non c’è nessun processo conosciuto che abbia quel tipo di periodo di tempo. Gli scienziati ipotizzano quindi che abbiano origine dall’interazione della stella centrale con una compagna di piccola massa, orbitante a una distanza paragonabile a quella tra la Terra e il pianeta nano Plutone.
Mentre la stella morente stava abbandonando la sua atmosfera, la stella compagna ha modellato il deflusso e l’ha scolpito, generando la struttura che vediamo oggi. Nessun telescopio prima del James Webb aveva la sensibilità e la risoluzione spaziale per scoprire questo effetto.