La prima generazione di stelle nell’Universo deve ancora essere osservata. A livello teorico, queste potrebbero essere le cosiddette stelle oscure, fatte di idrogeno ed elio ma alimentate dal riscaldamento della materia oscura, piuttosto che dalla fusione nucleare, come il nostro Sole.
Ora, una nuova ricerca mostra che tre oggetti scoperti dal James Webb nell’Universo primordiale, a fine 2022, potrebbero non essere tre antichissime galassie, come si era inizialmente pensato. Sarebbero infatti coerenti con l’interpretazione di stelle oscure supermassicce, e rappresenterebbero quindi i primi candidati a stelle oscure.
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Stelle oscure: immense e ultraluminose
Secondo la teoria, le stelle oscure sono enormi rispetto alle stelle ordinarie, quelle che esistono oggi nell’Universo. Avrebbero una grandezza centinaia di volte maggiore di quella del Sole. Queste stelle, composte principalmente da idrogeno e un po’ di elio, esistevano nelle protogalassie quando l’Universo conteneva principalmente questi due elementi; elementi più pesanti non erano ancora stati forgiati dalla fusione nucleare nelle stelle. Tuttavia, circa un millesimo della massa di una stella oscura sarebbe costituito da una fonte di combustibile segreta: la materia oscura.
La materia oscura, a noi invisibile perché non interagisce con la radiazione elettromagnetica, costituisce circa l’85% della materia nell’Universo. La teoria suggerisce che quando due particelle di materia oscura si scontrano, possono annichilirsi a vicenda, trasformando la loro massa combinata in una pioggia di radiazioni energetiche di raggi gamma. Potrebbero, insomma, alimentare una stella.
E proprio perché brillante nei raggi gamma, una stella oscura supermassiccia potrebbe essere luminosa come un’intera galassia, contenente normali stelle alimentate dalla fusione. Sarebbe un oggetto immenso e ultraluminoso, con una temperatura superficiale relativamente bassa, che accumula molta materia perché, al contrario delle normali stelle alimentate dalla fusione nucleare, non è costretto a spingere via l’involucro di gas che lo circonda, impedendosi di ingrandirsi.
Ciò significa che le stelle oscure possono iniziare con una massa all’incirca uguale a quella del Sole, e poi accumulare sempre più materia, diventando un milione di volte più massicci del Sole e un miliardo di volte più luminosi.
Le prime tre candidate
Date le loro enormi dimensioni, le stelle oscure apparirebbero come oggetti più sparsi piuttosto che puntiformi, come le stelle dei giorni nostri. È così che tre oggetti rilevati dal Webb, denominati JADES-GS-z13–0, JADES-GS-z12–0 e JADES-GS-z11–0, potrebbero essere stati erroneamente identificati come galassie, ed essere invece stelle oscure.
Le tre candidate risalgono a un periodo compreso tra 320 milioni e 420 milioni di anni dopo il Big Bang, cosa che li rende alcuni dei primi oggetti mai visti.
Da quando ha iniziato a raccogliere dati, il Webb ha scoperto un numero sorprendente di candidate galassie ad alto redshift, ovver molto lontane, eppure estremamente luminose. Questi oggetti sono difficili da conciliare con le aspettative delle simulazioni numeriche dell’Universo nello scenario del modello Lambda CDM, ovvero del modello cosmologico standard.
Tuttavia, sulla base di questo nuovo studio, alcuni di quegli oggetti ad alto redshift potrebbero invece essere stelle oscure, le primissime stelle del nostro Universo, fatte quasi interamente di idrogeno ed elio ma alimentate dal riscaldamento della materia oscura. Quest’interpretazione fornisce una buona corrispondenza ai dati di Webb, sia in termini di spettri delle sorgenti, sia in termini di risoluzione angolare del telescopio.
Perché oggi non vediamo stelle oscure?
Il processo di annientamento della materia oscura non può continuare per sempre. Le stelle oscure, per quanto enormi e in continua crescita, si trovano nei centri ricchi di materia oscura delle protogalassie, che si fondono continuamente per formare vere e proprie galassie. Alla fine, questo allontana le stelle oscure dal loro combustibile di materia oscura, facendole collassare.
In quelle più piccole, questo collasso innescherà la fusione nucleare, creando normali stelle. Quelle più grandi, invece, collasseranno immediatamente in buchi neri. Ecco perché oggi le stelle oscure non esistono nell’Universo che osserviamo.
In ogni caso, è difficile (almeno per il momento) individuare esattamente quando nella storia di 13.8 miliardi di anni dell’Universo le stelle oscure avrebbero cessato di esistere. Già confermare l’esistenza di stelle oscure tramite queste osservazioni di JWST sarebbe un enorme passo avanti nella nostra comprensione del cosmo.
Questa conferma, però, richiede di guardare queste stelle oscure candidate per molto più tempo per costruire un quadro più completo della loro emissione di luce. O di attendere dati che rivelino meglio le emissioni di questi oggetti, che possano consentire agli scienziati di identificare se hanno composizioni di idrogeno ed elio puri, come ci si aspetterebbe dalle stelle oscure.
Lo studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, è reperibile qui.