Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia, è molto meno luminoso di altri suoi simili in galassie che possiamo osservare. Eppure, i dati del telescopio spaziale IXPE (Imaging Xray Polarimetry Explorer) della NASA suggeriscono che il gigantesco mostro celeste si sia svegliato di recente, circa 200 anni fa. In occasione di quel risveglio, avrebbe divorato gas, polveri e resti stellari alla sua portata.
Già altri studi in precedenza avevano rilevato emissioni di raggi X relativamente recenti di gigantesche nubi di gas nelle vicinanze di Sagittarius A*, dette nubi molecolari. Dato che la maggior parte di esse sono solitamente fredde e scure, le corrispondenti firme a raggi X avrebbero dovuto essere deboli. Invece, le nubi brillavano luminose.
Frédéric Marin, astronomo dell’Osservatorio astronomico di Strasburgo e autore principale del nuovo studio, ha affermato:
Uno degli scenari per spiegare perché queste gigantesche nubi molecolari risplendono è che, in effetti, stiano “riecheggiando” un lampo di luce a raggi X scomparso da tempo. Indicando che il nostro buco nero supermassiccio non era così quiescente alcuni secoli fa.
IXPE e il segnale luminoso
IXPE misura la polarizzazione della luce a raggi X. Ovvero, la direzione e l’intensità media del campo elettrico delle onde luminose.
Gli scienziati hanno utilizzato il telescopio per osservare queste nubi molecolari per due periodi, a febbraio e marzo 2022. Hanno poi combinato i dati risultanti con le immagini dell’Osservatorio a raggi X Chandra della NASA, e li hanno confrontati con le osservazioni d’archivio della missione XMM-Newton dell’ESA. In questo modo, hanno potuto isolare il segnale di raggi X riflesso e scoprirne il punto di origine.
“L’angolo di polarizzazione agisce come una bussola, indicandoci la misteriosa fonte di illuminazione scomparsa da tempo” ha spiegato Riccardo Ferrazzoli, astrofisico dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma. “E cosa c’è in quella direzione? Nient’altro che Sagittarius A*“.
Analizzando i dati, il team ha scoperto che i raggi X delle gigantesche nubi molecolari erano luce riflessa da un bagliore intenso e di breve durata prodotto in corrispondenza o vicino a Sgr A*, probabilmente causato dal brusco consumo di materiale nelle vicinanze da parte del buco nero. I dati hanno anche aiutato i ricercatori a stimare la luminosità e la durata del bagliore originale, suggerendo che l’evento si è verificato circa 200 anni terrestri fa, o all’incirca intorno all’inizio del XIX secolo.
Suoni e misteri dal centro della Via Lattea
Le immagini combinate hanno anche permesso di sviluppare una sonificazione, o un adattamento delle informazioni visive in suoni udibili. Adattando i dati di IXPE e Chandra, una linea ad arco si increspa attraverso l’immagine, a partire dall’angolo in basso a destra. Mentre passa sopra i dati IXPE di colore arancione, vengono attivati suoni come venti digitali, in particolare dove le aree sono più luminose. Quando la linea viaggiante supera i dati di Chandra colorati di blu, le note risultanti assomigliano a tamburi. Credits: NASA/CXC/SAO/K.Arcand, SYSTEM Sounds—M. Russo, A.Santaguida
Il prossimo obiettivo è ripetere l’osservazione e ridurre le incertezze della misurazione. Anche dati di follow-up da altre missioni potrebbero migliorare le stime di quando si è verificato il bagliore, e di quanto intenso potrebbe essere stato al suo apice. Questi poi, aiuteranno a determinare la distribuzione tridimensionale delle gigantesche nubi molecolari che circondano il buco nero.
Lo studio, pubblicato su Nature, è reperibile qui.