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| On 1 anno ago

Un racconto da Lanzarote, alla ricerca della futura casa nello spazio dell’Umanità

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È la mattina del 2 maggio, suona la sveglia alle 3.15. A dir la verità non ho dormito proprio dall’eccitazione per il viaggio, complice anche l’aver finito la valigia alle 2… Sento un forte rumore di pioggia provenire da fuori mentre mi arriva un messaggio a ricordarmi che il taxi sarebbe passato a prendermi tra pochi minuti.

Mi vesto, indosso l’impermeabile, saluto la mia gatta e mi avventuro sotto la pioggia, valigia in mano e zaino in spalla. Salgo sul taxi ed il tragitto passa in fretta: il conducente è un tipo simpatico e già dopo qualche minuto, il tempo di darmi una svegliata, mi trovo seduto in aereo ad aspettare il decollo, mentre leggo un libro che mi ha regalato un collega. Si accendono i motori, si parte per la 4th International Planetary Caves Conference, direzione: Lanzarote!

Il tempo di guardare il decollo dell’aereo e sentirmi leggero, mentre osservo Bologna allontanarsi, che mi addormento e mi ritrovo ad esplorare una caverna Marziana assieme ad un rover simpatico dal nome LIFE. Non so perchè, ma questa scena mi ricorda un po’ Interstellar di Nolan. Obiettivo della nostra missione è la ricerca della vita su Marte, in uno splendido tunnel lavico nella provincia di Tharsis Montes.

Dopo varie vicissitudini, ecco che stiamo finalmente per effettuare un’analisi importante su uno dei samples raccolti che… mi sveglio. Con un pò di amarezza per non aver scoperto la vita sul Pianeta Rosso, mi accorgo che sto sorvolando il mare. Noto i miei colleghi ricercatori UniBO lavorare al pc per recuperare il lavoro messo in pausa durante il convegno… Mi sembra ancora di sognare, ma in effetti comincio a ricordare le giornate del congresso, la splendida gita in bus per Lanzarote e la visita al lava tube Corona. In effetti era stato tutto così coinvolgente e quasi surreale, che il tempo era volato. Perciò eccomi qui, in realtà sul volo del ritorno, a ricordare già con nostalgia le giornate passate.


L’International Planetary Caves Conference è un congresso particolarmente speciale. È interamente dedicato ad un tema specifico dell’esplorazione spaziale: le caverne, sia Terrestri che extra-terrestri. L’evento, del quale questa è stata la quarta edizione, sin dalla prima International Planetary Caves Conference del 2011, a Carlsbad in New Mexico, promuove lo scambio di conoscenze ed idee tra esperti di varie discipline interessati al tema grotte planetarie, come luogo di grande rilevanza scientifica e decisamente promettente per l’utilizzo a fine abitativo che si potrebbe fare di esse nel prossimo futuro.

Infatti, all’interno di queste grotte gli astronauti troverebbero riparo dalle condizioni ambientali estreme che caratterizzano la superficie lunare o quella Marziana, esposte a radiazioni ionizzanti e cosmiche, impatto di micrometeoriti, escursioni termiche estreme… Inoltre, nelle caverne sarebbe più probabile riuscire a reperire risorse come metalli, ghiaccio, acqua ed eventuali fonti di energia geotermica, ma anche trovare un ambiente con temperature decisamente più stabili, addirittura, per quelle lunari, di 17°C!

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Tunnel lavico “Montana Rajada” nel Parco Nazionale Timanfaya. Sulla Luna e su Marte esistono strutture geologiche simili, dove in futuro gli astronauti potranno trovare riparo dalle condizioni ambientali estreme che caratterizzano la superficie dei due corpi planetari. Credits: Francesco Axel P. Romio

Tra gli organizzatori di queste conferenze figurano:

  • L’astrobiologa Penelope “Penny” Boston della NASA. Fu uno dei primi scienziati che già 25 anni fa proponeva il ritorno dell’uomo nelle caverne di altri pianeti.
  • Il geologo e speleologo Francesco Sauro, che con le esplorazioni terrestri condotte assieme alla sua azienda Miles Beyond e le ricerche sulle grotte marziane e lunari, continua a portare alto il vessillo di questa missione: il riconoscimento dell’importanza che ricopre il “continente buio”, sia sulla Terra che altrove.

Il fatto che l’organizzazione abbia voluto portare questa edizione proprio a Lanzarote è stato particolarmente interessante. Infatti, non solo l’isola sembra un analogo di Marte sulla Terra, con paesaggi vulcanici che sembrano sovrapporsi alle immagini che quotidianamente riceviamo da Perseverance e Curiosity. Presenta anche alcune tra le caverne più simili a quelle che potremmo incontrare nel sottosuolo lunare: i lava tubes.

Indizi della presenza di questa tipologia di grotte di origine vulcanica (in italiano “tunnel lavici”) sono stati osservati sia su Marte che sulla Luna! È proprio per questa ragione che diversi astronauti di agenzie spaziali di tutto il mondo vanno ad allenarsi in grotta proprio a Lanzarote, all’interno dei programmi ESA Caves & Pangea, per prepararsi a quello che li potrebbe aspettare nel sottosuolo di altri corpi planetari.

Come ospite d’eccezione della conferenza, a raccontarci la sua esperienza da astronauta in grotta, era presente anche Luca Parmitano. Ci ha coinvolto con le sue impressioni durante l’esplorazione dello spazio, così come della Terra e del suo ventre.

Interno della “Cueva de los Verdes”, segmento visitabile del tunnel lavico Corona. In primo piano, a dare un riferimento di scala, lo scienziato Matteo Massironi. Copyright: Francesco Axel P. Romio

L’intervento di Parmitano è stato organizzato all’interno del contesto di un altro aspetto di unicità di Lanzarote: un esempio unico di architettura all’interno di un tunnel lavico, lo Los Jameos Del Agua. Un’opera totale, che abbraccia paesaggio, architettura ed arte, frutto della visione dell’artista César Manrique, che sul finire degli anni ‘60 ha iniziato questo impressionante adattamento della caverna a spazio pubblico, disponendo al suo interno un ristorante, un bar ed un auditorium. Svelando un vero e proprio paesaggio ipogeo inedito che risulta comunque pieno di luce, vegetazione e… vita!

Infatti, proprio all’interno di un piccolo lago naturale, formatosi grazie all’infiltrazione di acqua proveniente dal mare, si è sviluppata una specie endemica di Lanzarote, una piccola aragosta albina di nome Munidopsis Polymorpha. Molti scienziati, come la Boston, sostengono che se esiste vita su Marte (come si domandava già, tra gli altri, Bowie nel ‘73) è probabile che si sia rifugiata proprio sotto terra, nelle caverne, al riparo dalle condizioni climatiche estreme che caratterizzano la superficie. Chissà se in un qualche giorno futuro scopriremo un’altra aragosta albina, la Munidopsis Polymorpha Martis

Interno di “Los Jameos del Agua”, segmento visitabile del tunnel lavico Corona, comprendente un bar, un ristorante ed un auditorium, realizzato dall’artista César Manrique. In primo piano il laghetto naturale in cui vive la Munidopsis Polymorpha. Credits: Francesco Axel P. Romio

È proprio per questa peculiarità, per questo ritorno dell’uomo alla caverna, che mi sono trovato, da architetto, coinvolto in questa avventura, potendo esporre la mia tesi di laurea Mars Underground nell’ambito della mostra del congresso e nella sessione relativa alle tecnologie abitative. Infatti, come Manrique ci ha ricordato, la caverna non è un luogo a noi sconosciuto, piuttosto un luogo che abbiamo dimenticato, ma che possiamo imparare ad apprezzare per la sua bellezza. E a renderlo più abitabile.

Non è difficile immaginare di vivere su di un pianeta deserto come Marte in uno spazio ipogeo, adattandone l’ambiente alle nostre necessità, canalizzandovi più luce naturale possibile ed imparando a coltivarvi cibo e parchi. Un’oasi ipogea in contrasto con una superficie inadatta alla vita. È qui che l’architettura ha qualcosa da trasmettere, che gli architetti possono aiutare gli ingegneri e gli scienziati nel disegnare spazi che sappiano interpretare questo paesaggio inedito per poterne fare una casa, allo stesso tempo adottando principi di architettura sostenibile: utilizzare ciò che madre Natura ci mette a disposizione. Strutture geologiche, come i lava tubes.

Rendering di una possibile colonia umana realizzata in un lava tube marziano. In primo piano un edificio per uffici e spazio pubblico; al centro moduli abitativi ricavati nelle pareti rocciose, collegati ad una fattoria verticale alla cui base un parco ed alla sommità una cupola che filtra l’atmosfera per ricavarne ossigeno, utilizzando la tecnologia MOXIE. Credits: Francesco Axel P. Romio

Si stima che della totalità delle grotte terrestri ne conosciamo solo un 10%. Di quelle extra-terrestri, ancora meno, ma gli indizi acquisiti fino ad ora ci dicono che ce ne sono tante e grandi! Eppure, la comunità che si dedica al suo studio è piccola, ma in veloce crescita. Al congresso c’erano professionisti molto noti (e personalmente, devo confessare che ascoltare presentazioni da parte di quegli stessi autori dei quali ho studiato a fondo il lavoro è stato incredibile!), ma anche molti volti giovani, che si sono appena affacciati, me compreso, all’entrata del continente buio e ne sono rimasti affascinati.

Per queste caratteristiche, la 4th International Planetary Caves Conference è stata un’esperienza interessante, ricca di possibilità di confronto e di scambio, anche grazie alle numerose attività previste, come ad esempio il field trip che ci ha portato a visitare tutta l’isola, il parco vulcanico “Timanfaya” ed il tunnel lavico “Corona”, dove ciascuno poteva raccontare agli altri ciò che sapeva e tutti potevano domandare, in un puro spirito scolastico delle origini.

Altresì, potersi confrontare con Luca Parmitano ed ascoltare il suo personale punto di vista da astronauta sulla caverna e sulla abitabilità di questi spazi è stato grande fonte di ispirazione per tutti i presenti. Infine, Lanzarote è stata una destinazione speciale, una culla perfetta per questi pensieri e questi scambi, un luogo che mi piace pensare simile a quello che forse è stato Marte miliardi di anni fa, quando ancora c’era acqua liquida sulla superficie e un’atmosfera…

Vista del Parco Nazionale di Timanfaya, non molto dissimile dalle fotografie che Rover come Perseverance e Curiosity ci spediscono quotidianamente da Marte. Credits: Francesco Axel P. Romio

Per concludere questo racconto, mi sembra doveroso ringraziare le istituzioni e le persone che lo hanno reso possibile, grazie alla loro esperienza ed al grande impegno. In particolare, Francesco Sauro, Daniela Barbieri, l’azienda Myles Beyond, il Topical Team on Planetary Caves dell’European Space Agency, il Cabildo de Lanzarote, l’Ayuntamiento de Harìa ed il Geoparco di Lanzarote e dell’Arcipelago Chinijo UNESCO.

Mentre atterro all’Aeroporto Marconi di Bologna, mi rendo conto di star canticchiando il ritornello di una canzone che fa:

[…] Sailors fighting in the dance hall
Oh man, look at those cavemen go
It’s the freakiest show […]
Is there Life on Mars?

Tutto sommato, non ci era poi andato così lontano Bowie!

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