“We rise together, to the Moon and beyond”. È tutto lì, in quelle poche parole dello speaker di NASA TV, pronunciate il 16 Novembre 2022 al lancio della missione Artemis I. Una data storica: l’inizio della nuova era delle esplorazioni spaziali. Un giorno potremo dire “io c’ero”.
C’è tanta America nel Programma Artemis, che traina gli alleati verso questo futuro da civiltà interplanetaria. Ma c’è anche tanta Italia, che sulle esplorazioni spaziali ha un rapporto privilegiato di collaborazione con gli Stati Uniti da tanti anni. Quanta Italia c’è? Lo abbiamo chiesto a tre esponenti del dominio Exploration and Science di Thales Alenia Space in Italia: Walter Cugno, Vice-Presidente Thales Alenia Space per il dominio Esplorazione e Scienza, Roberto Provera, Direttore New Initiatives & Innovation, e Franco Fenoglio, Responsabile dei Programmi di Esplorazione Planetaria Umana.
Con l’obiettivo di fornirvi una panoramica dei progetti di esplorazione lunare in collaborazione Italia-USA da un punto di vista privilegiato: quello di chi queste collaborazioni le porta avanti da anni.
Walter Cugno, per inquadrare innanzitutto il contesto: cos’è cambiato negli scenari di esplorazione lunare da Apollo ad Artemis?
Sono cambiati diversi fattori, nonostante l’obiettivo primario sia sempre la Luna. In primis, i partecipanti: le missioni Apollo erano solamente degli Stati Uniti, in competizione serrata con l’Unione Sovietica. Non era possibile coinvolgere alleati internazionali perché questo avrebbe allungato non di poco il processo decisionale, un lusso che durante quella competizione non ci si poteva permettere. Oltre naturalmente al gap tecnologico presente a quel tempo. Le missioni Artemis, invece, sono una collaborazione internazionale a guida americana, ma il contributo degli altri Paesi è determinante. Grazie anche al fatto che il gap tecnologico con gli USA si è ridotto rispetto agli anni 60.
In seconda battuta, l’obiettivo finale: la competizione del programma Apollo era focalizzata sul “touch down”, ovvero semplicemente su chi avrebbe toccato per primo il suolo lunare. Oggi il programma Artemis ha l’obiettivo di costruire una presenza umana stabile e sostenibile sulla Luna, con tutte le infrastrutture necessarie a supporto. E non dimentichiamo che la Luna resta comunque un passo intermedio per il prossimo step: mandare astronauti su Marte!
Infine, i finanziatori: Apollo era un programma interamente sostenuto dal Governo degli Stati Uniti, oggi invece la presenza di privati (soprattutto americani, ma non solo) è un fattore determinante. Per un’impresa così grande e impegnativa come permettere la presenza umana permanente sulla Luna serve lo sforzo congiunto di tanti Paesi, con i loro Governi e le loro aziende.
Insomma, il solo elemento in comune tra Apollo ed Artemis pare… la Luna. Che non è poco. Introduciamo ora nel quadro l’Italia: da quali fattori deriva la collaborazione “privilegiata” Italia-USA per quanto riguarda le esplorazioni umane? Ci sono dei dati che la quantifichino?
La collaborazione Italia-Stati Uniti ha inizio negli anni 60 ai tempi del Prof. Broglio, quando l’Italia divenne la terza Nazione al Mondo a lanciare nello spazio un satellite interamente suo: il progetto San Marco era una collaborazione bilaterale Italia-USA e il satellite San Marco 1 fu lanciato dalla base americana di Wallops Island, operato da personale italiano. Questa collaborazione è poi proseguita con i programmi LAGEOS ed il sistema IRIS, la prima missione in assoluto nella quale gli Stati Uniti misero un sistema di lancio non americano nella cargo-bay dello Space Shuttle. Un dato su tutti: su 135 missioni Shuttle, l’Italia è stata presente in 63.
Sulla Stazione Spaziale Internazionale, poi, la partnership è diventata ancora più stretta: il Multi-Purpose Logistic Module (MPLM), i Nodi, la Cupola sono i principali frutti degli accordi della NASA con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Oltre agli accordi Business-to-Business (B2B) tra Thales Alenia Space Italia e Northrop Grumman per i moduli di resupply Cygnus e con l’azienda Nanoracks per l’airlock commerciale Bishop.
Come mai l’Italia rispetto al resto d’Europa?
Principalmente per due fattori, gli uni dipendenti dagli altri: capacità tecnologiche e accordi governativi. Le capacità tecnologiche si sono sviluppate grazie agli accordi governativi, basati su capacità tecnologiche pre-esistenti, sviluppate grazie ad una visione istituzionale avanzata in campo spaziale accompagnata da opportuni investimenti. Resta il fatto che, ad oggi in Europa, per quanto riguarda lo Human Spaceflight gli Stati Uniti hanno fatto accordi solamente con l’Italia. E che il limite del Buy American, la linea protezionista americana che impedisce il superamento del 25% sugli appalti non-USA, non è mai stato un fattore bloccante in ambito Space Exploration per l’Italia, neanche nell’era trumpiana di America First.
Perché con gli Stati Uniti sì e con la Cina e la Russia no?
Qui entra maggiormente in gioco il fattore geopolitico. Ricordiamoci innanzitutto che, anche per gli accordi B2B, è necessario l’avallo dei Governi. Lavorare con la Cina, in ambito dell’alta tecnologia, significa mettere a rischio il rapporto previlegiato con gli Stati Uniti, motivo per cui con la Cina abbiamo qualche collaborazione in ambito scientifico e poco più.
Con la Russia il discorso è diverso: quando c’era l’Unione Sovietica era impossibile collaborare per ovvie ragioni. In tempi recenti, invece, l’Italia con la Russia aveva una serie di accordi, sia bilaterali con ESA sia accordi B2B (per esempio: il sistema di docking dell’Automated Transfer Vehicle – ATV – è russo, senza parlare del programma Exomars per l’esplorazione di Marte). Tuttavia la guerra e le sanzioni, che fino alla Crimea non riguardavano il settore Space, hanno cambiato lo scenario. Non dimentichiamo infine che la Russia è stato ed è uno dei partner principali della Stazione Spaziale Internazionale.
Un quadro interessante e complesso, come del resto è l’esplorazione lunare. Walter Cugno, Roberto Provera, proviamo ad aiutare i lettori nell’orientarsi in tutto questo: quali sono i principali attori delle collaborazioni Italia-Stati Uniti in ambito Lunar Exploration e in quali categorie possiamo classificarli?
La principale distinzione è sicuramente pubblico-privato, anche se ovviamente i secondi dipendono fortemente dai primi in un contesto, come quello dell’esplorazione lunare, ancora a trazione istituzionale.
Anche nel pubblico, però, occorre fare una distinzione tra i soggetti che stringono gli accordi: Governi o Agenzie Spaziali.
In estrema sintesi, esistono tre “livelli” di accordi, a seconda della natura dei soggetti firmatari:
- Gli accordi tra Governi
- Gli accordi tra Agenzie Spaziali
- I contratti tra industrie private
Il Governo Italiano ha firmato, come molti altri Governi, gli Artemis Accords. Si tratta di accordi bilaterali non vincolanti con il Governo Americano, che però, nome a parte, poco hanno a che fare con il programma Artemis: definiscono principi e linee guida da rispettare per l’esplorazione del nostro satellite. Ricordiamoci che in questo caso l’Europa non è un soggetto unico: ogni Governo europeo ha deciso in autonomia se firmare o meno.
L’adesione ai principi e alle linee guida americane per l’esplorazione lunare comporta poi, in genere, la nascita di collaborazioni della NASA con l’Agenzia Spaziale del Paese firmatario: è in questo contesto che sono nati i bilaterali NASA-ASI che stanno definendo i contenuti delle collaborazioni Italia-USA per l’esplorazione lunare. Parliamo al plurale perché, a seguito di un iniziale joint statement, possono seguire più accordi implementativi: sono chiamati in genere barter (baratto in inglese) perché assomigliano molto ad uno scambio in cui ognuna delle due parti fornisce qualche infrastruttura o servizio.
A questo livello compare anche l’Europa, tramite ESA (e l’Italia ovviamente come parte di essa): NASA ed ESA hanno firmato, per esempio, un Memorandum of Understanding (MoU) per le collaborazioni sul Lunar Gateway, la futura stazione in orbita lunare.
Infine, le Agenzie Spaziali affidano la costruzione delle infrastrutture oppure la fornitura di servizi alle industrie ed ai privati. Ricordiamoci, però, che ci troviamo in una situazione molto diversa rispetto alle missioni Apollo: la presenza molto più consistente dei privati implica anche che possano essere firmati contratti B2B senza per forza passare da Governi e Agenzie Spaziali.
I principali attori industriali italiani in questo contesto sono Thales Alenia Space in Italia, come large system integrator, Leonardo ed Altec. Oltre ovviamente alla galassia di piccole e medie imprese che sono cresciute col tempo nel tessuto industriale e produttivo italiano del settore spazio, e che sono un elemento essenziale della filiera italiana per i Large System Integrator. Lato americano, invece, i principali interlocutori sono le grandi industrie del settore: Northrop Grumman, Lockheed Martin, Boeing, Dynetics, Sierra Space. Con un occhio attento agli sviluppi delle tecnologie di SpaceX e Blue Origin soprattutto per quanto riguarda il comparto dei lanciatori, via obbligata per l’accesso allo Spazio.
Uno scenario davvero variegato, non c’è che dire. Ora che abbiamo provato a chiarire la cornice nella quale ci muoviamo, capiamo quali sono i principali progetti in cantiere: Franco Fenoglio, su cosa nello specifico sta lavorando l’Italia insieme agli Stati Uniti per quanto riguarda le infrastrutture in orbita lunare?
Nello scenario delle infrastrutture lunari orbitanti, l’Italia è presente sia come parte di ESA sia come sub-contractor delle industrie americane, tramite accordi B2B. I due principali programmi sono Orion e il Lunar Gateway.
Per Orion, la capsula NASA per le Deep Space Explorations, l’ESA fornisce il Service Module che contiene, tra gli altri, sistemi e componenti essenziali fatti in Italia quali le strutture, la protezione da micro-meteoriti e debris, il controllo termico e il sistema di stoccaggio e distribuzione dei consumabili (aria e acqua) essenziali a garantire il supporto della vita degli astronauti. Ad oggi, i contratti firmati per la produzione arrivano fino alla missione Artemis VI.
All’interno del MoU tra NASA ed ESA per il Lunar Gateway, la futura stazione in orbita lunare, l’Italia partecipa, invece, con contributi su diversi moduli della stazione, frutto del grande expertise acquisito con l’International Space Station (ISS):
- HALO (Habitation and Logistics Outpost): è un modulo NASA di 3 metri, di cui Northrop Grumman è il prime contractor. Fornirà spazio abitabile per gli astronauti e funzioni di logistica e communication. Tramite un accordo B2B, Northrop Grumman ha coinvolto a Thales Alenia Space in Italia per lo sviluppo di alcuni sottosistemi, quali struttura primaria e protezione da micro-meteoriti
- I-HAB (International-Habitat): è un modulo ESA di 3 metri, l’elemento abitativo per eccellenza del Gateway. Sarà il primo elemento della stazione lanciato con il razzo SLS della NASA insieme alla capsula Orion, che fornirà ad I-HAB la propulsione fino al Gateway. In questo caso, Thales Alenia Space Italia è prime contractor e quindi coordina e gestisce il sistema, l’integrazione e la fornitura del modulo allestito con le varie componenti, sia quelle da altre industrie sia i contributi forniti dalle varie agenzie spaziali quali NASA, JAXA (l’Agenzia Spaziale Giapponese) e CSA (l’Agenzia Spaziale Canadese)
- ESPRIT: è un modulo ESA formato principalmente da due blocchi, l’HALO Lunar Communication System, che sarà montato direttamente sul modulo HALO ma resta parte del contratto di ESPRIT, ed il Refuelling Module. Quest’ultimo sarà formato da un modulo pressurizzato, con due vani cargo per trasporto e stoccaggio e un vano con le finestre (in stile CUPOLA della ISS), il tutto circondato da una struttura non pressurizzata che porterà al Gateway il rifornimento di propellente. Thales Alenia Space in Francia è il prime contractor per ESPRIT e ha coinvolto a TAS-Italia per sviluppo e costruzione del modulo pressurizzato vetrato.
E per quanto riguarda le infrastrutture di superficie lunare, invece?
Qui il discorso è ancora più complesso e variegato. Chiariamo innanzitutto un paio di punti: il primo è che in questa categoria rientrano anche i lander, cioè tutto ciò che si poserà sulla superficie della Luna portando carico utile o astronauti. Alcuni lander potrebbero anche fare la spola tra la superficie ed il Gateway. Il secondo punto è che l’architettura della base di superficie lunare di Artemis è composta da tantissimi elementi ed è in continua evoluzione: la NASA ne sta definendo man mano i vari tasselli, ed è qui che l’Italia si inserisce. Ma consideriamola in ogni caso una situazione “non scolpita nella pietra”: la progettazione deve avere un grado non indifferente di flessibilità e riutilizzabilità.
Fatte queste premesse, i progetti da citare in questa categoria sono principalmente due: lunar surface Multi-Purpose Habitat module (MPH) e Human Landing System (HLS).
MPH è un’iniziativa attualmente in fase di studio di fattibilità in cui Thales Alenia Space in Italia supporta ASI per definire, in maniera congiunta con NASA, i diversi use cases, le tecnologie abilitanti e le funzionalità per un modulo abitato sulla superficie lunare, come unità fondamentale della futura parte dell’infrastruttura Artemis, adibita alla presenza umana. Fondamentale precursore di MPH è stato MPM (Multi-Purpose Module): questo studio, commissionato da ASI a Thales Alenia Space Italia nel 2021, ha avuto come obiettivo la definizione di alcuni building block chiave (quali strutture, portelloni, finestre, coperte termiche…) per una cabina pressurizzata abitabile in ambiente lunare.
Lo Human Landing System (HLS), invece, è un programma NASA con un duplice obiettivo (che si è tradotto in due opzioni con altrettante gare indette dalla stessa NASA): dimostrare la capacità di allunaggio (opzione A) e renderla sostenibile a lungo termine (opzione B, chiamata Sustainable Lunar Development – SLD -).
La prima gara (o opzione A) è stata vinta da SpaceX: Starship porterà gli astronauti sulla Luna con la missione Artemis III, attualmente prevista nel 2025. In questa gara, oltre a Jeff Bezos con la sua Blue Origin, aveva partecipato anche una cordata a guida americana con Dynetics, di cui Thales Alenia Space faceva parte: più o meno la stessa cordata, pur con gli adattamenti che l’opzione B per la sostenibilità richiede, ha partecipato alla seconda gara. Il secondo vincitore di questa gara (il primo assegnatario è stato, di nuovo, Elon Musk con la Starship, con cui NASA ha affidato un contratto per una seconda missione dimostrativa) dovrebbe essere annunciato dalla NASA il 19 maggio. Il contributo di Thales Alenia Space in Italia è basato sugli studi fatti per MPM: principalmente struttura primaria e termo-struttura per il vano pressurizzato per astronauti.
Tantissima carne al fuoco insomma. Il minimo comune denominatore di questi progetti è l’unità fondamentale: il modulo abitativo nello Spazio. La conoscenza italiana deriva dall’heritage dei progetti per la ISS. Ma quali sono le principali differenze che abbiamo in ambiente lunare, rispetto all’orbita terrestre bassa, per quanto riguarda queste infrastrutture?
Le differenze sono parecchie, in realtà, e tutte propongono nuove sfide non banali per la realizzazione di queste strutture. La prima è sicuramente l’ambiente circostante, sia in orbita che in superficie lunare: l’esposizione alle radiazioni è di molto superiore, essendo fuori dalle cosiddette fasce di Van Allen, che ci schermano da ciò che proviene dal cosmo e dal Sole.
Così come l’esposizione ai micro-meteoriti sulla superficie lunare: occorre proteggere le strutture perché non vengano danneggiate irreparabilmente. La notte lunare, inoltre, impone la necessità di trovare sorgenti di energia alternative ai soli panelli solari e che riescano a supportare le richieste energetiche degli elementi di superficie. La polvere lunare è infine un fattore di contaminazione da tenere in conto, così come il problema della dissipazione del calore: le escursioni termiche tra giorno e notte lunare sono molto alte. Tutto questo comporta la progettazione di adeguate contromisure.
La seconda importante differenza è la presenza umana, in particolare sul Gateway: la ISS è permanentemente abitata, mentre la stazione lunare sarà disabitata per lunghi periodi. Questo significa che deve aumentare significativamente l’autonomia dei moduli nell’effettuare alcune necessarie operazioni periodiche che permettono la sopravvivenza della struttura. E che aumenterà anche di conseguenza la progettazione di interfacce e soluzioni robotiche.
La terza importante differenza è la forza di gravità percepita: sulla ISS, in caduta libera attorno alla Terra, siamo in ambiente di micro-gravità: sopra e sotto non sono distinguibili. Sulla Luna invece, la gravità è sì bassa, ma comunque percepibile. Un sesto di quella terrestre. Questo significa un importante cambio nel design interno dei moduli: prevedere un pavimento ed accomodare tutto il resto in uno spazio così ristretto non è così facile come spostare i mobili in salotto! E ricordiamoci l’altro grandissimo vincolo delle missioni lunari: la massa di ciò che viene lanciato.
Rispetto all’orbita bassa terrestre, qui la massa a disposizione è ancora più ridotta perché il lanciatore deve fare molta più strada per arrivarci (quindi deve caricare molto più propellente). Nel caso dell’SLS, inoltre, i lanci del modulo di turno in co-manifest (assieme) con Orion limitano ulteriormente la massa ammissibile per il modulo stesso. Questo fattore può impattare significativamente la progettazione delle strutture e anche della componentistica di bordo.
Altro tassello, i servizi di Logistica Lunare. Li abbiamo tenuti separati dal concetto di infrastruttura perché, di fatto, sono contratti differenti: nei progetti descritti sopra, il cliente pagante rimane proprietario dell’infrastruttura che commissiona. Nel caso dei servizi, invece, il cliente acquista una funzionalità, come per esempio “il trasporto di carico utile sulla superficie lunare”. Il costruttore, invece, rimane proprietario dell’infrastruttura ed è libero di disporne come meglio crede. Un po’ sul modello SpaceX per il trasporto di astronauti sulla ISS con la capsula Dragon.
Roberto Provera, quali servizi di logistica lunare vedono Italia e USA collaborare?
Al momento le collaborazioni si focalizzano principalmente su uno studio di fattibilità che ESA ha commissionato a due consorzi: riguarda un servizio di trasporto di carico utile sulla superficie lunare, senza passare dal Gateway. Il programma, European Lunar Logistic Lander (EL3), ha l’obiettivo di definire l’infrastruttura che permetta ad ESA poi di vendere l’associato servizio. Il tutto, ovviamente, si inserisce nel contesto del programma Artemis. L’Italia partecipa con le sue industrie ad uno dei due consorzi che stanno effettuando lo studio, l’altro consorzio è guidato da Airbus Defence&Space.
Roberto Provera ma in tutto questo… gli astronauti?
Non avendo ancora previsto, per ora, missioni di privati sulla Luna, la partecipazione di astronauti italiani ed europei alle missioni lunari è discussa tra Agenzie Spaziali nell’ambito degli accordi bilaterali implementativi (i barter): uno dei possibili contenuti del “baratto” può essere, per esempio, la partecipazione degli astronauti alle missioni Artemis. Ricordamoci che, per adesso, si dovranno per forza di cose utilizzare veicoli e capsule americane per arrivare in orbita o sulla superficie lunare. Motivo per cui la composizione degli equipaggi va discussa obbligatoriamente con la NASA.
Qui si conclude la nostra intervista multipla. Speriamo di avervi dato un quadro abbastanza significativo, pur non esaustivo, di quanto e come Italia e Stati Uniti stiano collaborando per le future esplorazioni della Luna.
Un panorama variegato, complesso, bellissimo, con l’Italia in prima fila. Tanto si sta facendo, tanto c’è ancora da fare e tutti possiamo fare la nostra parte. Non si può realizzare in un giorno o per opera di un solo soggetto, ma si può concorrere insieme a un unico grande obiettivo: dare forma al futuro della civiltà umana. In fondo era già tutto lì, in quelle poche parole: “we rise together, to the Moon and beyond”.
Ringraziamo Thales Alenia Space Italia, in particolare la sede di Torino, per la disponibilità.
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