Quasi due anni dopo il volo del prototipo Starship SN15, conclusosi con un atterraggio controllato il 5 Maggio 2021, in Texas è ormai tutto pronto per un altro volo di Starship. Questa volta però, SpaceX intende lanciare il nuovo razzo nella sua configurazione completa, cioè con entrambi gli stadi, Booster e Ship.
I prototipi candidati per il primo volo – ormai sul banco di prova da quasi un anno – sono il Booster B7 e la Ship S24.
Le informazioni in merito al percorso di questo primo volo nello spazio non sono molte e vanno ricercate nella documentazione emanata a supporto del lancio. Questa ci permette di delineare un profilo di missione per questo volo di test.
Per tutti gli aggiornamenti in tempo reale, ti aspettiamo sul canale Telegram di Astrospace.it
La fase di ascesa
Nonostante la complessità intrinseca di tutto il lanciatore Starship, la prima fase del volo avverrà in maniera estremamente simile a quella di molti altri lanciatori. Al “T-zero”, i 33 motori Raptor alla base del booster si accenderanno per produrre circa 7000 tonnellate di spinta.
Un primo importante traguardo sarà “liberare” il pad di lancio, ovvero allontanarsi a sufficienza dalla struttura per evitare che un’eventuale esplosione del razzo arrechi danni troppo ingenti. Si stima infatti che l’intero complesso di lancio, interamente autoprogettato ed autocostruito da SpaceX in Texas, sia costato nell’ordine di un miliardo di dollari.
Se B7 ed S24 dovessero distruggersi in volo, un nuovo tentativo potrebbe avvenire in poche settimane con altri prototipi che SpaceX ha già a disposizione. Ma se la torre di lancio dovesse risultarne danneggiata, qualsiasi attività subirebbe uno stop di svariati mesi.
Assumendo che la primissima fase del lancio avvenga come da programma, Starship accelererà sotto la spinta dei 33 Raptor con l’obiettivo di lasciarsi alle spalle la parte più bassa e densa dell’atmosfera terrestre. Subito dopo il decollo, il booster direzionerà il razzo verso Est, al fine di sorvolare lo stretto tra la Florida e Cuba.
Il percorso è ben individuabile in base ai NOTMAR (NOTice to MARiners), i bollettini che chiudono al traffico alcune zone di spazio marino in concomitanza con eventi particolari come i lanci spaziali. Nella figura si riconoscono una zona rossa ed una verde. La zona rossa è il corridoio che Starship percorrerà nel caso di lancio nominale, la zona verde è quella nella quale cadranno i detriti del razzo nel caso di un grave malfunzionamento in volo.
Sperando che tutto proceda come da programma, un particolare banco di prova avverrà al cosiddetto MaxQ, l’istante di massimo stress aerodinamico sul veicolo. Ci si aspetta che, avvicinandosi al MaxQ, i 33 motori Raptor del booster diminuiscano la propria spinta per contenere le sollecitazioni sulla struttura del lanciatore.
Una volta superato il MaxQ, il computer di bordo comanderà ai Raptor di riprendere la spinta nominale, fino all’evento noto come MECO, Main Engine Cut Off. Così viene chiamato l’istante in cui vengono spenti i motori del booster, per permettere la separazione del secondo stadio. Si prevede che ciò avvenga dopo 2 minuti e 50 secondi dal lancio.
A seguito della separazione, S24 accenderà i suoi 6 motori Raptor, metà dei quali ottimizzati per il volo atmosferico e metà per il vuoto, per raggiungere lo spazio. Nei documenti non viene riportata l’altitudine massima che la Ship raggiungerà durante il volo di test, ma è ragionevole assumere che rimarrà in orbita bassa, probabilmente non oltre i 300 kilometri.
Lo spegnimento dei sei motori Raptor della Ship avverrà dopo 8 minuti e 41 secondi, quando essa starà già sorvolando lo stretto di mare tra Cuba e le Bahamas. Assumendo che tutto proceda nominalmente, S24 sarà in quel momento posizionata in una traiettoria suborbitale inclinata di circa 26° rispetto all’Equatore.
4/x
After discussion with @planet4589 : an orbital inclination of 26.36 degrees fits even better.
Updated trajectory: pic.twitter.com/0yvksacy2e— Dr Marco Langbroek (@Marco_Langbroek) April 1, 2023
Non ci sono conferme ufficiali su questo, ma sembra che SpaceX abbia optato per una traiettoria che sorvola il minor numero possibile di zone abitate.
Il rientro del booster
Dopo essersi separato dal secondo stadio, il booster effettuerà un rientro simile a quello che siamo abituati a vedere con i Falcon 9. Innanzitutto ruoterà su se stesso per rivolgere i motori nella direzione del moto, dopodiché si ritiene che verranno accesi i 13 Raptor dell’anello centrale per effettuare la cosiddetta “boostback burn”.
Questa manovra ha il compito di cancellare la velocità orizzontale del booster ed imprimergli una spinta che lo faccia tornare al sito di lancio. In questo caso però, probabilmente per ragioni di sicurezza, B7 verrà fatto ammarare a 36 kilometri dalla costa del Texas dopo 8 minuti e 15 secondi dal lancio.
Nella zona di ammaraggio del booster, SpaceX ha installato delle speciali boe di sorveglianza, probabilmente equipaggiate con videocamere e microfoni. Questi ultimi pare siano dedicati a misurare con precisione la traccia acustica di B7 e, conseguentemente, a triangolarne la posizione. Ciò permetterà a SpaceX di valutare l’errore sulla posizione prevista di ammaraggio e tarare il sistema di controllo in vista degli atterraggi previsti al sito di lancio di Starbase.
SpaceX ha già predisposto degli speciali “bracci” sulla torre di lancio, che intende utilizzare in futuro per il recupero al volo di entrambi gli stadi del lanciatore. In questo primo volo, però, le incertezze sul comportamento del booster e della ship sono tali da non garantire un accettabile livello di rischio. Ecco perché SpaceX ha optato per un ammaraggio al largo della costa.
Il rientro della ship
Il Falcon 9, costruito ed operato sempre da SpaceX, è un razzo parzialmente riutilizzabile. L’azienda californiana è in grado di recuperarne sia il primo stadio – o booster – sia le due metà che compongono il fairing, che protegge il carico utile nelle prime fasi del lancio.
Il secondo stadio non è al momento riutilizzabile, e per il Falcon 9 non lo sarà mai. Starship si propone però di superare questa limitazione e diventare il primo lanciatore totalmente riutilizzabile. Per raggiungere l’obiettivo, il secondo stadio dovrà eseguire un rientro controllato nell’atmosfera terrestre.
La difficoltà di questa manovra risiede nelle velocità in gioco. Il secondo stadio è incaricato di immettere il carico utile nell’orbita desiderata, ma ciò comporta necessariamente il raggiungimento delle velocità orbitali (almeno 7 kilometri al secondo), che il carico utile non sarebbe in grado di raggiungere autonomamente.
Riportare a terra il secondo stadio richiede necessariamente di dissipare la velocità orbitale tramite un rientro controllato in atmosfera. Durante questa fase, l’energia del mezzo viene dispersa principalmente sotto forma di calore dovuto all’attrito con le particelle di aria, che generano la caratteristica scia di plasma incandescente.
La Ship è appositamente equipaggiata con uno scudo termico progettato e costruito da SpaceX, il cui corretto funzionamento rappresenta senza dubbio uno dei test più importanti da superare durante questo volo di test.
Perché questo volo non è propriamente “orbitale”?
Il modo tecnicamente più corretto per riferirsi a questo test di Starship sarebbe “volo nello spazio”, perché si supereranno i 100 kilometri di quota, piuttosto che “volo orbitale”, dato che l’orbita non verrà circolarizzata.
La ship infatti effettuerà circa cinque sesti di un’orbita completa, decollando da Starbase, al confine tra Texas e Messico, ed ammarando al largo delle Hawaii 90 minuti dopo. Le ragioni dietro la scelta di SpaceX di non circolarizzare l’orbita e rientrare prima di averne completata una, sono da ricercarsi probabilmente nella sicurezza.
Starship è ancora un veicolo spaziale sperimentale, ed è possibile che si verifichi un malfunzionamento durante il volo. Se il guasto si verificasse a valle della circolarizzazione dell’orbita, il secondo stadio potrebbe non essere in grado di effettuare la manovra di deorbit, diventando a tutti gli effetti un detrito spaziale in rientro incontrollato.
Perdere il controllo della Ship in orbita significherebbe avere un detrito lungo 50 metri e largo 9 metri, del peso di circa 100 tonnellate, che potrebbe rientrare su zone potenzialmente abitate. Inoltre, l’acciaio di cui è costituita sopravviverebbe in gran parte al calore del rientro in atmosfera, trasformandola in un serio pericolo.
Se i dati raccolti da SpaceX in questo primo test dovessero raggiungere o superare le aspettative dei tecnici, è ragionevole assumere che dai prossimi voli si tenterà di immettere il secondo stadio in un’orbita stabile. Ciò permetterebbe di verificare il comportamento dei vari sistemi con una permanenza prolungata nello spazio.
Scopri Astrospace Shop!
Visita il nostro shop per trovare prodotti esclusivi a tema spazio.