- Lo strumento MIRI del James Webb ha immortalato alcune galassie vicine, permettendo di spingersi oltre la polvere cosmica.
- Grazie alla vista a infrarossi, è stato possibile guardare direttamente le zone ricche di gas in cui avviene la formazione stellare.
- In alcune regioni galattiche ci sono strutture caratterizzate da cavità di polvere e bolle di gas, generate durante i processi di formazione di nuove stelle.
La più grande indagine sulle galassie vicine nel primo anno di attività del James Webb, è stata condotta dalla collaborazione PHANGS (Physics at High Angular Resolution in Nearby Galaxies). Ha coinvolto più di 100 ricercatori in tutto il mondo e sta aiutando a studiare nell’infrarosso dettagli cosmici mai visti a una risoluzione così alta.
Il team PHANGS, che stava studiando un campione diversificato di galassie a spirale, ha utilizzato Webb per osservare cinque di questi obiettivi. I risultati sono stati sbalorditivi: per la prima volta, siamo in grado di andare oltre la polvere cosmica e di vedere direttamente le zone ricche di gas in cui avviene la formazione stellare.
I dati hanno consentito una raccolta di ben 21 articoli scientifici, pubblicati in un numero speciale di The Astrophysical Journal Letters. Gli studi forniscono nuove importanti informazioni su come sia proprio la formazione di nuove stelle, uno dei processi su scala più piccola nell’Universo, a influenzare tra gli oggetti più grandi del cosmo, le galassie.
Andare oltre la polvere, grazie all’infrarosso
Una delle galassie studiate con lo strumento MIRI di Webb è NGC 1433 (in copertina). I suoi bracci a spirale sono disseminati di stelle giovani che rilasciano energia e, in alcuni casi, rigettano gas e polvere del mezzo interstellare in cui si muovono.
Le aree che appaiono solitamente scure nella luce visibile si illuminano sotto l’occhio a infrarossi di Webb, mentre grumi di polvere e gas circostanti assorbono la luce dalle stelle in formazione e la emettono di nuovo nell’infrarosso. Al centro della galassia risplende un nucleo caratterizzato da una struttura a doppio anello, definita dai bracci a spirale che si avvolgono strettamente in una forma ovale.
Un’altra galassia delle cinque immortalate con MIRI è NGC 7496, in cui grazie a Webb gli scienziati sono stati in grado di identificare quasi 60 ammassi non ancora scoperti. Questi ammassi appena identificati potrebbero contenere tra le stelle più giovani dell’intera galassia.
Al centro della galassia c’è un nucleo galattico attivo (Active Galactic Nucleus, AGN), caratterizzato da un buco nero supermassiccio che emette getti e venti di particelle molto cariche. L’AGN risplende al centro di questa immagine, con i caratteristici picchi di diffrazione di Webb.
L’estrema sensibilità del telescopio spaziale ha rilevato anche varie galassie di fondo, molto distanti da NGC 7496, che in alcuni casi appaiono verdi o rosse.
Cavità polverose ed enormi bolle di gas
Queste immagini ottenute con MIRI sono una dimostrazione del ruolo che i processi dinamici di gas e polveri, all’interno delle stelle in formazione, svolgono nella struttura più ampia di un’intera galassia.
Infatti, i dati rivelano la presenza di una rete di caratteristiche altamente strutturate all’interno di queste galassie: cavità luminose di polvere ed enormi bolle di gas che rivestono i bracci a spirale. In alcune regioni delle galassie vicine osservate, questa rete di strutture appare costruita da gusci e bolle sia individuali che sovrapposti, dove le giovani stelle stanno rilasciando energia.
L’imaging ad alta risoluzione necessario per studiare queste strutture è finalmente fattibile, con il JWST. Ad esempio, specifiche lunghezze d’onda osservabili dal MIRI (7,7 e 11,3 micron) sono sensibili all’emissione di idrocarburi policiclici aromatici, che svolgono un ruolo cruciale nella formazione di stelle e pianeti. Queste molecole sono state rilevate da Webb nelle prime osservazioni del programma PHANGS.
Il team PHANGS lavorerà per creare e rilasciare set di dati che allineano i dati di Webb a ciascuno dei set di dati complementari ottenuti in precedenza dagli altri osservatori. In questo modo, gli scienziati sperano di accelerare ulteriori scoperte.
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