Un progetto chiamato Globe at Night ha utilizzato i dati forniti dai citizen scientists per misurare in che modo l’inquinamento luminoso stia influenzando la visione della volta celeste notturna. Ai partecipanti sono state mostrate mappe celesti che raffiguravano porzioni di cielo in base ai livelli di inquinamento luminoso, che poi dovevano indicare quale corrispondesse maggiormente a quello che effettivamente stavano osservando.
I dati raccolti hanno mostrato che il cielo notturno è diventato più luminoso del 9,6% dal 2011 al 2022.
Il numero di stelle visibili a occhio nudo è diminuito molto negli ultimi anni e questo può essere spiegato con l’aumento dell’inquinamento luminoso. Dallo studio Globe at Night è emerso che i dati ottenuti tramite le rilevazioni satellitari erano inesatti, in particolare sottostimavano la luce diffusa verso il cielo.
Questa differenza è legata ai cambiamenti spettrali nell’emissione di “luce inquinante”, e all’angolo medio di emissione. Questi fattori non consentono alle osservazioni satellitari di rilevare con precisione come l’inquinamento luminoso influenzi le osservazioni da Terra.
Il crepuscolo artificiale, o skyglow
In gran parte del mondo, dopo il tramonto, il cielo si tinge di un colorito arancione detto crepuscolo artificiale, o skyglow. Questo fenomeno è causato dalla dispersione della luce antropica nell’atmosfera. Nel corso del ventesimo secolo la luminosità del cielo notturno è aumentata in maniera esponenziale, come conseguenza dello sviluppo antropico e dell’impiego di nuove tecnologie di illuminazione.
Molti dei processi comportamentali e fisiologici della vita sulla Terra sono collegati ai cicli giornalieri e stagionali. Esistono però ancora pochi studi sugli impatti ecologici del bagliore notturno del cielo, ma è stato dimostrato che influisce su piante, animali e le loro interazioni. L’autore principale dello studio generato da Globe at Night, Christopher Kyba, ha dichiarato:
L’introduzione della luce artificiale rappresenta probabilmente il cambiamento più drastico che gli esseri umani hanno apportato al loro ambiente. I predatori usano la luce per cacciare e le prede usano l’oscurità come copertura. Vicino alle città, i cieli sono centinaia o addirittura migliaia di volte più luminosi di quanto non fossero 200 anni fa. Stiamo solo iniziando a capire quale effetto drastico abbia avuto sull’ecologia notturna.
Le cause dello skyglow
A partire dal 2010, molte luci per esterni sono state sostituite da luci LED, ma l’impatto sullo skyglow di questa transizione ai LED non è però ancora chiaro. Alcuni ricercatori hanno previsto che sarà vantaggioso, altri che potrebbe essere dannoso a causa dei cambiamenti spettrali o di un effetto di rimbalzo più accentuato.
Per quanto riguarda l’astronomia amatoriale, le luci di questo tipo causano maggiori problemi. I LED infatti emettono uno spettro più ampio rispetto a lampade di altro genere, ad esempio quelle ai vapori di sodio. I classici filtri utilizzati in astronomia per arginare l’inquinamento luminoso diventano quindi molto meno efficaci. Inoltre, le luci LED sono note per avere dei consumi ridotti, e in alcuni casi questo fattore può portare ad utilizzare lampade sovradimensionate rispetto al necessario, con un inutile aumento della luminosità emessa.
L’inquinamento luminoso è un fenomeno legato a processi sociali, economici e tecnologici, quindi ci si aspetta che differisca da paese a paese. Le misurazioni dello skyglow da singoli siti, sebbene utili per alcuni scopi, potrebbero non essere rappresentative di come il cielo notturno stia cambiando su scale più grandi. Sarebbe quindi utile misurare i cambiamenti nel bagliore del cielo su scala globale.
Di seguito vediamo i risultati uno studio del 2017 che mostra le variazioni annue per l’area illuminata e per la radianza delle aree illuminate, dove per “radianza” si intende l’intensità della radiazione che interessa quelle determinate aree.
In linea di principio, è possibile misurare la luminosità del cielo attraverso osservazioni satellitari, ma sfortunatamente gli unici strumenti satellitari che attualmente monitorano l’intera Terra hanno risoluzione e sensibilità limitate, non adatte a rilevare la luce con lunghezze d’onda inferiori a 500 nanometri. Questo è un problema per tre motivi:
- Le lunghezze d’onda più corte si diffondono più facilmente nell’atmosfera, aumentando la possibilità che un fotone emesso verso l’alto ritorni sulla Terra creando lo skyglow.
- I LED bianchi hanno solitamente un picco di emissione tra 400 e 500 nm. In questo caso il sensore satellitare non sarebbe in grado di rilevare la luce diffusa.
- La sensibilità visiva umana si sposta verso lunghezze d’onda più corte di 500 nm durante la notte.
Il progetto Globe at Night
Per acquisire i dati, il team di Globe at Night ha pensato di affidarsi ai citizen scientists, i cittadini scienziati. Si tratta di persone comuni e appassionate, non per forza professionisti, che volontariamente hanno contribuito alla raccolta dati di questo progetto.
Questo sistema consente di evitare i problemi relativi alle osservazioni satellitari, e restituisce un feedback reale di quello che effettivamente si può osservare nel cielo. Ai partecipanti viene presentata una serie di mappe stellari e viene chiesto di indicare quale corrisponde meglio a ciò che effettivamente si vede nel cielo.
Il metodo utilizzato tiene conto delle differenze nel gruppo di cittadini che partecipano ogni anno e consente di misurare i cambiamenti nella luminosità del cielo su scala spaziale globale o continentale. Il numero complessivo di osservazioni limita le scale spaziali e temporali su cui è possibile determinare le tendenze. Questo vale in particolare per i paesi in via di sviluppo, dove si sospetta un rapido aumento dell’inquinamento luminoso (ma sono disponibili poche prove osservative).
I risultati
Grazie al metodo di raccolta dati utilizzato, si riesce a ottenere una stima della magnitudine limite a occhio nudo (NELM). Si tratta della magnitudine visiva apparente della stella più debole che si possa vedere. Nella pratica, la più bassa luminosità di un astro che l’occhio umano sia in grado di percepire.
Le magnitudini astronomiche sono espresse in scala logaritmica invertita, quindi la magnitudine limite è più piccola per cieli più luminosi. La NELM è correlata allo skyglow, perché con l’aumentare del bagliore di fondo, le fonti di luce puntiformi più deboli diventano invisibili.
Il team di Kyba ha raggruppato diverse regioni del globo in base alla loro luminosità del cielo, a partire dalle osservazioni satellitari effettuate nel 2014. Lo scopo era di esaminare, per ogni regione geografica, come variava la magnitudine limite a occhio nudo percepita dai cittadini scienziati con il passare del tempo.
I dati risultanti presentano una distorsione spaziale verso l’Europa, il Nord America (in particolare gli Stati Uniti) e un piccolo numero di altri paesi. C’è anche una preferenza per le aree abitate. Ad esempio, il 50,6% dei contributi asiatici proviene dal Giappone e i contributi dall’Australia provengono prevalentemente dalle zone costiere. Poiché l’Europa e il Nord America dispongono di dati sufficienti sia nel tempo che nello spazio, vengono riportate le tendenze per quei continenti e sono combinati tutti gli altri (di seguito denominati Resto del mondo).
Sebbene questo set di dati non rappresenti una media né dell’area terrestre né della distribuzione della popolazione umana, si può osservare che i partecipanti allo studio sono concentrati nelle regioni in cui il cielo è più inquinato dalla luce artificiale.
Come è stato anticipato, i dati riguardanti i paesi con i più rapidi aumenti dello sviluppo economico sottostimano l’effetto dell’inquinamento luminoso. Il tasso di variazione delle emissioni di luce è più alto e si prevede che l’aggiunta di nuove luci abbia un impatto maggiore sullo skyglow rispetto a quanto risulterebbe dalla sostituzione di quelle esistenti.
La variazione della radianza effettiva
- La magnitudine limite media riportata nelle regioni senza inquinamento luminoso.
- La pendenza della relazione tra NELM e la radianza del bagliore del cielo dell’Atlante mondiale.
- Il tasso annuo di variazione del bagliore artificiale del cielo.
- La deviazione standard nei residui tra il NELM misurato e quello previsto.
- Una stima del tasso di errore nel set di dati Globe at Night (ad esempio, a causa di partecipanti che riportano la loro posizione o NELM in modo errato).
Dall’analisi dati, si scopre che la diminuzione del numero di stelle visibili, secondo i partecipanti al Globe at Night, è equivalente a un aumento annuo del 9,6% della luminosità del cielo, calcolato rispetto alle posizioni dei partecipanti.
Questo vuol dire che in un periodo di 18 anni, con questo tasso di variazione, la luminosità del cielo aumenterebbe di un fattore superiore a 4. Ad esempio, in una località in cui sono visibili 250 stelle, nel corso del tempo si arriverebbe a vederne circa 100. Dato che questo metodo di raccolta dati utilizza misurazioni effettuate con la visione umana, i risultati tengono conto dei cambiamenti sia nella luminosità che nello spettro del cielo notturno invisibile ai satelliti.
Contrastare l’inquinamento luminoso
Per contrastare l’inquinamento luminoso, le soluzioni esistono e sono piuttosto semplici da attuare. In Italia, ad esempio, diverse normative regionali regolano l’utilizzo di luci da esterno. Queste norme però, sono spesso troppo poco specifiche, o non vengono rispettate a dovere.
Il team di Globe at Night raccomanda l’utilizzo di luci da esterno che non siano inutilmente luminose. Devono inoltre essere ben orientate, affinché la luce emessa non venga dispersa verso l’alto, e avere la più alta efficienza possibile. Questo serve a contenere le emissioni inutili a lunghezze d’onda che l’occhio non può vedere.
Dalle analisi più recenti, si può capire come la visibilità delle stelle si sta deteriorando rapidamente. Le attuali politiche sull’illuminazione non sono sufficienti a impedire l’aumento dell’inquinamento luminoso, su scala continentale e globale.
“L’aumento dello skyglow nell’ultimo decennio sottolinea l’importanza di raddoppiare i nostri sforzi e sviluppare nuove strategie per proteggere i cieli bui” ha affermato la coautrice dello studio, Constance Walker. “Il set di dati fornito dal progetto “Globe at Night” è indispensabile nella nostra valutazione continua dei cambiamenti dell’inquinamento luminoso. Incoraggiamo tutti coloro che vogliono essere coinvolti nel progetto ad aiutare a proteggere il cielo notturno stellato”.
I dati utilizzati per compiere questo studio sono disponibili sul sito di Globe at Night. Lo studio con l’analisi dei dati è stato pubblicato sulla rivista Science ed è reperibile qui.
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