È chiaro: entro la fine del secolo, un uomo e una donna avranno sporcato di polvere rossa le loro tute spaziali, mettendo piede su Marte. Ma come siamo giunti a rendere certa questa affermazione?
Maria Giulia Andretta in “Dalla Terra a Marte“, suo secondo libro edito Carocci Editore, cerca di rispondere a questa domanda. Per farlo, propone una dettagliata cronologia dell’osservazione e dello studio di Marte, partendo dagli albori delle osservazioni ad occhio nudo da parte delle civiltà più antiche, fino allo sviluppo di orbiter, lander e rover.
Parallelamente, Andretta raccoglie numerose fonti per dare una visione quanto più completa di quella che è stata la narrazione del Pianeta Rosso nel corso dei millenni. Scienza e racconto vanno di pari passo nel suo saggio, così come nella realtà. Ecco perché l’autrice inizia dalle credenze mitologiche dei Sumeri, che relazionavano Marte al sangue per il suo colore rosso, fino a citare le furiose tempeste di sabbia che mettono in difficoltà Mark Watney in The Martian.
La prima metà del saggio è prevalentemente focalizzata sulla narrazione scientifica, letteraria e cinematografica del Pianeta Rosso. Quel che ne deve emergere, a mio avviso, è come le ultime due siano significativamente correlate alla prima. Le scoperte scientifiche, infatti, hanno condizionato la letteratura e il cinema e viceversa.
Andretta si rifà ad alcuni articoli risalenti al XIX secolo, in cui Schiaparelli (e successivamente altri astronomi), dopo aver osservato la superficie di Marte al telescopio dichiarò che questa mostrasse chiaramente le impronte di una civiltà tecnologicamente evoluta.
Una risoluzione non troppo definita del telescopio, sommata a un bel po’ di fantasia e ad una traduzione sbagliata della descrizione di Schiaparelli, portò la comunità scientifica dell’epoca a credere che sul pianeta ci fossero dei grossi canali artificiali. Questi sarebbero stati costruiti da una civiltà intelligente per portare l’acqua dai poli del pianeta verso latitudini più basse, dove la popolazione avrebbe dovuto risiedere.
È proprio questo genere di “scoperta”, secondo l’autrice, che inculca nella mentalità umana l’idea del marziano come un colonizzatore estremamente intelligente, pronto a usare le sue tecniche evolute per scopi malvagi. Questa infatti è l’immagine che ci viene offerta degli alieni in moltissimi film e libri di fantascienza, pubblicati durante il corso del secolo scorso, e di cui l’autrice riporta moltissimi esempi nel corso del saggio.
Dalla seconda metà, il libro si concentra sulla rivoluzione tecnologica che ha animato il mondo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino a oggi. Si raccontano le conseguenze della guerra nell’ambito spaziale, con la nascita delle prime agenzie spaziali e la conversione di alcune tecnologie di guerra a tecnologie aerospaziali.
Andretta contestualizza il tutto al periodo storico della Guerra Fredda affrontando, in parte, anche il discorso della corsa alla Luna. Racconta i motivi per cui l’URSS si dimostrò l’apripista in alcune delle sfide che la Guerra Fredda sottopose a lei e all’America. Ad esempio, l’autrice motiva storicamente perchè la Russia fu avvantaggiata nella costruzione dei raggi a propulsione.
Dagli albori delle tecnologie spaziali del dopoguerra, l’autrice giunge poi a raccontare i lanci dei primi orbiter e rover marziani. In questo senso viene esposta l’urgenza di scoprire se ci sia o ci sia stata vita sul Pianeta Rosso. Dico “urgenza” perché probabilmente è un vero bisogno quello che la mente umana ha di sapere di non essere sola in questo Universo.
Le ultime pagine sono infine dedicate alla corsa a Marte. L’autrice cita alcune delle maggiori problematiche che si hanno nel raggiungere fisicamente il Pianeta Rosso. Alcune sono difficoltà umane, come il disagio psicologico a cui porterebbe il dover affrontare una missione così lunga. Altre sono difficoltà economiche che, spiega Andretta, possono essere superate solamente con il grosso aiuto dei privati.
Ritengo che la prima metà sia la parte del saggio meno riuscita. Ho trovato alcune informazioni di storia della fisica un po’ ridondanti. Inoltre trovo in qualche modo inefficaci i capitoli concentrati sulla letteratura e sul cinema, perché a volte si sono rivelati semplicemente lunghi elenchi di titoli che ho trovato fini a se stessi. Tuttavia, è da premiare la dettagliata ricerca dell’autrice (nonché di una mia personale carenza di conoscenze in ambito fantascientifico). Forse si tratta di capitoli più adatti a chi adora i film e i libri di fantascienza e, purtroppo, non è il mio caso.
Ho trovato invece molto più accattivante la seconda parte del saggio, in cui la corsa allo spazio era contestualizzata alla situazione socio-politica dell’epoca. Da lì in poi, l’autrice fa anche una carrellata di tutte le missioni che sono state lanciate verso Marte, e non solo.
Il racconto lascia spazio anche ad alcuni aneddoti curiosi, come quello del messaggio raffigurato su una placca, posta su Pioner 10 e 11. Essa raffigura un uomo, una donna e altre informazioni sulla natura umana e sulla nostra provenienza. In questo caso, come in altri, la narrazione è accompagnata da un’immagine in bianco e nero. In ogni caso, in generale, la scrittura è semplice e chiara, adatta a chiunque.
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