Il James Webb, operativo da luglio 2022 e da quasi un anno nello spazio, ha già dato prova delle sue capacità senza precedenti. Tra le potenzialità della sua strumentazione, il fotografare le galassie più antiche di sempre e allo stesso tempo svelare segreti dei corpi appartenenti al nostro Sistema Solare.
Quattro sono però gli obiettivi chiave di questo telescopio:
- Cercare la luce delle prime stelle e galassie che si sono formate dopo il Big Bang.
- Studiare formazione ed evoluzione galattica.
- Comprendere la nascita di stelle e pianeti.
- Studiare sistemi planetari e le origini della vita.
Tutti obiettivi ambiziosi, ma che possono essere raggiunti in modo più efficace mediante l’osservazione nella luce del vicino infrarosso, piuttosto che nella parte visibile dello spettro elettromagnetico.
Gli strumenti scientifici installati sul Webb hanno capacità senza precedenti nell’eseguire l’astronomia a infrarossi. Coprono una gamma di lunghezze d’onda da 0,6 a 28 micrometri, ovvero dalla luce arancione alla radiazione infrarossa medio-profonda. Radiazione entro questo intervallo può passare più liberamente attraverso le regioni di polvere cosmica che diffondono la luce visibile: ecco perché le osservazioni nell’infrarosso di Webb stanno consentendo lo studio di oggetti e regioni dello spazio oscurati da gas e polveri nello spettro visibile. Come le nubi molecolari dove nascono le stelle: un esempio è la protostella L1527, fotografata da Webb all’interno di una nube oscura nella luce visibile. Oppure i dischi circumstellari che danno origine ai pianeti, o gli esopianeti, riguardo ai quali Webb sta riempiendo cataloghi di dati.
Stelle mai viste prima
All’inizio delle sue operazioni scientifiche, il Webb ha prodotto una delle sue immagini più famose: uno straordinario scatto della nebulosa Anello Meridionale, con i suoi caratteristici gusci di gas e polveri e una luminosa stella morente al centro. Dall’analisi accurata dei dati, i ricercatori hanno trovato prove di almeno due stelle, precedentemente sconosciute, nascoste in questo coloratissimo cimitero stellare di enormi dimensioni.
Già si sapeva della presenza di un sistema binario, di cui una delle stelle è annidata al centro della nebulosa. Si tratta di una nana bianca, una stella in fin di vita, che ha emesso per migliaia di anni enormi quantità di gas e polveri. Questo materiale, secondo gli esperti, ha dato forma alla nube circostante. All’interno della nebulosa, però, si nascondevano altre stelle, mai viste prima dei potenti occhi a infrarossi di Webb.
I dati della strumentazione di Webb, dalla NIRCam a NIRSpec, lo spettrografo nel vicino infrarosso, hanno suggerito agli scienziati la presenza di questi astri. L’ipotesi è che il sistema binario individuato in precedenza stia interagendo con queste stelle, e forse con altre ancora sconosciute. Gli scambi di energia originati dall’interazione conferirebbero la particolare morfologia a volute ondulate che oggi osserviamo nella nebulosa.
Sarà interessante conoscere i risultati di un’analisi ancor più approfondita di questa o altre immagini, per vedere quante sorgenti cosmiche che finora erano rimaste nascoste nell’ombra riusciremo a trovare, catalogare e studiare.
Segreti del Sistema Solare
Recentemente il Webb ha osservato anche Titano, la luna più misteriosa di Saturno. Un luogo davvero particolare, sulla cui superficie si pensa che scorra metano liquido e altri idrocarburi che formano fiumi e laghi simili alla Terra.
Con la NIRCam, gli scienziati hanno acquisito nuove e affascinanti immagini di due delle massicce nubi di metano di Titano. I confronti e l’analisi delle immagini confermano l’ipotesi che le nuvole di Titano si formano nell’emisfero medio-settentrionale durante i periodi in cui esso è riscaldato dal Sole. Grazie a Webb, quindi, gli scienziati hanno anche osservato con chiarezza gli strati dell’atmosfera di Titano, che potrebbe ospitare la vita (anche se non come la conosciamo noi), e alcune caratteristiche della superficie sottostante.
Qualche mese fa invece, guardando il Sistema Solare nell’infrarosso Webb era riuscito a catturare immagini senza precedenti di Giove e Nettuno e del loro sistema di anelli, invisibile nelle lunghezze d’onda ottiche. Questo ci ha regalato degli scatti ben definiti dei sottili anelli di polvere, così come delle caratteristiche atmosferiche dei due giganti gassosi e delle violente tempeste che li tormentano. Ora la comunità scientifica è in trepidante attesa delle immagini di Saturno, che dovrebbero esser state prese anche da MIRI nel medio infrarosso.
Galassie vecchie quasi quanto l’Universo
Le osservazioni iniziali del Webb hanno anche rivelato diverse galassie a distanze estreme, così come precedenti osservazioni con Hubble. Di recente, quattro di questi obiettivi si sono rilevati essere tra i più antichi mai osservati. Il più vecchio è posto a una distanza di ben 13,4 miliardi di anni luce, quando l’Universo aveva solo il 2% dellla sua età attuale.
La luce di oggetti così vecchi è molto debole, perché sta viaggiando da tanto lontano. Nonostante ciò, sondando il cosmo nell’infrarosso NIRCam, NIRSpec e MIRI stanno riuscendo a “illuminare” anche zone e oggetti a noi ancora sconosciuti. Grazie a ciò che questi strumenti sono in grado di fare, il Webb riuscirà facilmente a battere altri record nel prossimo futuro.
Solo qualche giorno fa, il telescopio ha catturato una delle prime immagini a largo campo “medio-profondo” del cosmo, in una regione del cielo nota come Polo nord dell’eclittica. L’immagine, proveniente dal programma GTO Prime Extragalactic Areas for Reionization and Lensing Science (PEARLS), contiene oggetti 1 miliardo di volte più deboli di quanto riusciamo a vedere ad occhio nudo. L’immagine, composta da otto diversi colori di luce nel vicino infrarosso e catturata dalla NIRCam di Webb, è in copertina all’articolo. La bellissima immagine svela con dettagli senza precedenti e squisita profondità un Universo pieno di galassie fino ai confini più remoti, molti dei quali non erano mai stati visti da Hubble o dai più grandi telescopi terrestri.
Questo è ciò che il Webb sta riuscendo a fare, e uno dei motivi per il quale era stato pensato: rendersi protagonista di una nuova era di scoperte.
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