- A febbraio 2022 è stata osservata una sorgente visibile insolita.
- Il telescopio ottico VLT l’ha descritta come un buco nero supermassiccio che si sta cibando di una stella.
- Si tratta del più lontano evento di distruzione mareale finora osservato.
A inizio 2022, una serie di telescopi sono stati direzionati verso un’insolita sorgente di luce visibile. Tra essi, il Very Large Telescope (VLT) dell’European Southern Observatory (ESO). Ora, il VLT ha stabilito che questo è l’esempio più lontano di un evento estremo in cui un buco nero supermassiccio in una galassia lontana ha divorato una stella, espellendone gli avanzi con un forte getto di particelle.
Poiché tale getto punta direttamente verso di noi, per la prima volta gli scienziati sono stati in grado di osservarlo in luce visibile, utilizzando un telescopio ottico. Trattandosi di eventi piuttosto rari, esotici e poco conosciuti, è importante riuscire a scoprire diversi metodi utili a osservarli e studiarli.
Responsabili della feroce distruzione della stella sono le incredibili forze mareali del buco nero. Esse causano quello che viene definito un evento di distruzione mareale (Tidal Disruption Event, TDE). Circa l’1% di questi eventi provoca l’espulsione di getti di plasma e radiazioni dai poli del buco nero rotante. Proprio come nel caso dell’evento osservato con VLT.
Alla ricerca di eventi estremi
Molti telescopi, tra cui lo Zwicky Transient Facility (ZTF) negli Stati Uniti, osservano ripetutamente il cielo alla ricerca di segnali di eventi di breve durata, spesso estremi, che possono essere successivamente studiati in modo molto più dettagliato da telescopi come il VLT. Igor Andreoni, astronomo dell’Università del Maryland e co-autore dello studio riguardante l’evento AT2022cmc, ha affermato:
Abbiamo sviluppato un sistema open-source per l’analisi dei dati, per archiviare ed estrarre informazioni importanti dalla survey ZTF e avvisarci in tempo reale quando si presenta un evento atipico.
È stato proprio lo ZTF a rilevare una nuova sorgente di luce visibile, atipica e quindi di forte interesse. Ricordava un lampo di raggi gamma, ovvero un’esplosione di radiazione ad altissima energia tra le più potenti fonti di luci dell’Universo. Ritenendo si trattasse di un evento simile, e quindi decisamente fuori dalla norma, gli scienziati hanno attivato una serie di telescopi sparsi sul globo terrestre, per osservare nel dettaglio questa sorgente luminosa.
Uno di questi è stato VLT con il suo strumento X-shooter, in cui ogni braccio è uno spettrografo, che disperde il raggio di luce in arrivo in molte lunghezze d’onda separate (equivalenti ai colori) sotto forma di uno spettro. I dati spettroscopici del VLT hanno collocato la sorgente a una distanza senza precedenti per questi eventi: la luce prodotta da AT2022cmc ha iniziato il suo viaggio quando l’Universo aveva circa un terzo della sua età attuale.
Nell’animazione seguente, vediamo una rappresentazione artistica della caduta del materiale di una stella verso il buco nero al centro di una galassia lontana, quando produce un getto di materia e radiazione. Credits: ESO/M.Kornmesser
Buchi neri e TDE in luce visibile: un nuovo metodo per studi futuri
I telescopi che hanno osservato l’evento AT2022cmc sono ben 21. Il team che ha lavorato ai risultati di VLT e di X-shooter ha confrontato quanto ottenuto con diversi tipi di eventi noti, come il collasso di una stella o la potentissima esplosione di kilonova.
L’unico scenario corrispondente al loro caso era un raro TDE, caratterizzato da un getto di particelle che punta nella stessa direzione dell’osservatore. Apparendo molto più luminoso di quanto sarebbe altrimenti, questo getto risulta visibile in una banda più ampia dello spettro elettromagnetico.
L’aver osservato questo evento di distruzione mareale con un telescopio ottico, nonostante la sua incredibile distanza, è un aspetto da record per questo oggetto. Dimostra che è possibile scovare TDE con getto anche in luce visibile, e questo permetterà quindi studi più approfonditi (e, forse, meno rari) di questi eventi rari in ambienti estremi in cui i buchi neri si rendono protagonisti.
Questo risultato è stato presentato nell’articolo pubblicato da Nature e reperibile a questo link.
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