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| On 2 anni ago

Dai dati del James Webb si è ottenuta la più dettagliata composizione atmosferica di un esopianeta

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Ad agosto, NASA e l’ESA hanno comunicato che il James Webb era riuscito a trovare per la prima volta prove definitive della presenza di anidride carbonica nell’atmosfera di un esopianeta. Si trattava di WASP-39b, un gigante gassoso in orbita attorno ad una stella simile al Sole, a 700 anni luce di distanza da noi.

Dopo l’analisi completa dei dati raccolti da Webb, i ricercatori sono ora riusciti a ricavare una grande quantità d’informazioni sull’atmosfera di quel esopianeta. I dettagliati spettri infrarossi acquisiti con tre dei quattro strumenti del telescopio, contengono informazioni sulla chimica atmosferica di una precisione senza precedenti. Ciò ha consentito deduzioni sulla copertura nuvolosa del pianeta e includono i primi segni di fotochimica nelle atmosfere degli esopianeti.

I dati sulla composizione chimica sono così accurati da costituire un vero e proprio inventario chimico, quasi completo. Ciò ha permesso agli esperti di avanzare ipotesi sulla formazione del pianeta. I risultati sono stati pubblicati in cinque diversi articoli sulla rivista Nature; essi mostrano anche lo sviluppo di nuovi metodi che dovrebbero consentire agli astronomi di rilevare la vita su pianeti lontani, anche se questo sarà un lavoro per uno dei successori del James Webb.

Un’atmosfera densa e nuvolosa

Le osservazioni di WASP-39b alla base degli studi fanno parte del “Transiting Exoplanet Community Early Release Science Program”. Fondamentali sono stati i cosiddetti transiti di esopianeti: un transito si verifica quando, dal punto di vista degli osservatori sulla Terra, un pianeta in orbita attorno a una stella lontana passa tra quella stella e noi. Ciò che si può osservare sono quindi le variazioni di luminosità della stella stessa.

Gli astronomi hanno utilizzato JWST per osservare quattro diversi transiti da metà a fine luglio 2022, utilizzando tre dei quattro strumenti scientifici del telescopio spaziale. NIRCam (Near InfraRed Camera) e NIRISS (Near InfraRed Imager and Slitless Spectrograph) hanno catturato un transito ciascuno, gli altri due transiti invece sono stati osservati con due diverse modalità operative di NIRSpec (Near InfraRed Spectrograph).

Dalle variazioni di luminosità durante il transito, i ricercatori hanno scoperto che WASP-39b ha un’atmosfera relativamente densa. Essa sarebbe caratterizzata da un insieme frammentato di nuvole, fatte non solo d’acqua ma anche di sostanze come solfuri e silicati. Le nuvole e i loro costituenti risultano distribuiti in maniera disomogenea, invece che in un’unica coltre uniforme che riveste la superficie del pianeta. Tra le molte molecole presenti, una caratteristica spettrale inizialmente misteriosa nello spettro si è rivelata rappresentare l’anidride solforosa: il primo rilevamento del genere nell’atmosfera di un esopianeta.

Catena di reazione innescata dalla luce stellare che converte l’idrogeno solforato in anidride solforosa. Credits: NASA/JPL-Caltech

Ecco cosa il Webb può dirci sugli esopianeti

E non è finita qui. Alcune delle informazioni contenute negli spettri hanno consentito deduzioni sulla storia di formazione del pianeta. I rapporti tra carbonio e ossigeno, potassio, ossigeno, zolfo e idrogeno indicano una storia di formazione in cui corpi precursori più piccoli (“planetesimi”) si sono scontrati tra loro e si sono fusi per creare l’attuale pianeta, piuttosto grande.

Il rapporto carbonio-ossigeno, in particolare, quando l’ossigeno è molto più abbondante del carbonio, suggerisce che WASP-39b inizialmente si sia formato molto più lontano dalla sua stella rispetto alla sua attuale orbita, più stretta.

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Questo tipo di ricerche sarà fondamentale per riuscire in una delle imprese più ambiziose della comunità astronomica: rilevare possibili tracce di vita sugli esopianeti. Per farlo, sono necessarie osservazioni dettagliate da parte di vari telescopi spaziali, che verrebbero poi utilizzate per estrarre dati sull’atmosfera dell’esopianeta. Un confronto con i modelli atmosferici mostrerebbe alla fine che una certa combinazione di proprietà, come un eccesso di ossigeno atmosferico, potrebbe essere un indicatore della possibile presenza di tipi specifici di organismi viventi (presenti o passati) su quel pianeta.

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