Lo strumento MIRI (Mid InfraRed Instrument) del James Webb ha quattro modalità di osservazione: imaging nel medio-infrarosso, spettroscopia a bassa risoluzione, spettroscopia a media risoluzione (MRS) e imaging coronagrafico. Il 24 Agosto scorso, un meccanismo che supporta la modalità MRS ha mostrato quello che sembrava essere un maggiore attrito durante la configurazione per l’osservazione scientifica.
Il meccanismo in questione è una ruota reticolare che consente agli scienziati di selezionare tra lunghezze d’onda corte, medie e lunghe durante le osservazioni. A seguito dei controlli preliminari, un comitato di revisione delle anomalie, convocato il 6 settembre, ha valutato il miglior percorso da seguire. Il team di Webb ha successivamente interrotto la programmazione delle osservazioni utilizzando questa particolare modalità.
Dopo mesi di analisi approfondite, il team ha concluso che il problema era probabilmente causato dall’aumento delle forze di attrito tra i sottocomponenti del cuscinetto centrale della ruota. Sulla base di ciò, il team ha sviluppato e verificato un piano su come utilizzare il meccanismo interessato durante le operazioni scientifiche. Il 2 Novembre scorso è stato eseguito un test ingegneristico, che ha dimostrato il successo di questo piano.
Le osservazioni scientifiche riprenderanno sabato 12 novembre, con un’opportunità unica di fotografare le regioni polari di Saturno, appena prima che diventino non più osservabili da Webb per i prossimi 20 anni. Il team pianificherà ulteriori osservazioni scientifiche MRS, inizialmente a una cadenza limitata, seguendo un piano per mantenere in equilibrio la ruota interessata, monitorare la salute della ruota e preparare MIRI MRS per il ritorno alle operazioni scientifiche complete.
La necessità di studiare l’infrarosso
Alle lunghezze d’onda del medio infrarosso, l’Universo è un luogo molto diverso da quello che siamo abituati a vedere con i nostri occhi. Esteso da 3 a 30 micrometri, il medio infrarosso rivela oggetti celesti con temperature comprese tra 30 e 700 ºC. In questo regime, gli oggetti che appaiono scuri nelle immagini di luce visibile ora brillano intensamente. Ad esempio, le nebulose di formazione stellare tendono a trovarsi in questo range di temperature.
I nostri primi veri scorci del cosmo nel medio infrarosso provenivano dall’ISO (Infrared Space Observatory), operativo tra il novembre 1995 e l’ottobre 1998, e dal telescopio spaziale Spitzer, arrivato in orbita nel 2003. Sia le scoperte di ISO che quelle di Spitzer hanno evidenziato la necessità di una migliore sensibilità e risoluzione angolare nell’infrarosso, per far rispondere a molte delle grandi domande dell’astrofisica.
La richiesta coraggiosa degli scienziati e, in particolare, del team di Gillian Wright, ricercatore principale per il consorzio europeo dietro lo strumento MIRI, ha contribuito ad aumentare l’interesse dell’astronomia nel medio infrarosso in Europa. Proprio Wright e il suo gruppo sono stati invitati a rappresentare quegli interessi scientifici in uno studio dell’ESA che ha esaminato la capacità dell’industria europea di costruire strumentazione a infrarossi. I risultati europei sono stati tanto incoraggianti quanto quelli dei sondaggi paralleli condotti dagli Stati Uniti. Allora l’appetito per uno strumento del genere è cresciuto ancora di più.
Gillian e colleghi hanno creato una collaborazione internazionale di scienziati e ingegneri disposti e in grado di progettare e costruire lo strumento. A questo punto è stato poi più semplice incoraggiare e gradualmente convincere l’ESA e la NASA a includere lo strumento MIRI nel Webb.
Le sfide per la costruzione
Uno dei maggiori ostacoli tecnologici da superare durante la costruzione era che MIRI doveva funzionare a una temperatura inferiore rispetto agli strumenti del vicino infrarosso. Ciò è stato ottenuto con il meccanismo del criorefrigeratore fornito dal Jet Propulsion Laboratory. Per essere sensibile alle lunghezze d’onda del medio infrarosso, MIRI opera a circa 6 Kelvin (–267°C). Questa temperature è inferiore alla quella superficiale media di Plutone, che è di circa 40 Kelvin (–233°C).
Per coincidenza, questa temperatura è dove operano gli altri strumenti e il telescopio. Entrambe sono temperature estremamente basse, ma a causa di questa differenza, il calore del telescopio sarebbe comunque penetrato nel MIRI una volta collegato alla struttura portante, a meno che i due non fossero isolati termicamente l’uno dall’altro. “Per ridurre al minimo le perdite termiche abbiamo dovuto scegliere dei materiali di cablaggio piuttosto strani e piuttosto esotici” afferma Brian O’Sullivan, ingegnere di sistema per l’ESA.
Un’altra sfida era lo spazio limitato disponibile per lo strumento sul telescopio. Ciò è stato reso ancora più difficile dal momento che MIRI doveva essere effettivamente due strumenti in uno, un imager e uno spettrometro. Il team di Wright ha pensato a un meccanismo elettronico unico che potesse gestire gli impulsi da entrambi gli strumenti, per ridurre al minimo lo spazio occupato. Lo strumento utilizza un percorso di luce per il suo imager e un altro per il suo spettrometro.
Anche a lavoro finito e consegnato alla NASA per l’integrazione con il resto del telescopio, il team ha dovuto affrontare altre sfide. Il completamento del telescopio ha richiesto più tempo di quanto chiunque avesse immaginato. Ciò significava che MIRI e gli altri strumenti avrebbero dovuto sopravvivere a terra molto più a lungo di quanto originariamente previsto. Per garantire la salute dello strumento, MIRI è stato conservato in condizioni rigorosamente controllate e periodicamente testato.
La fama di MIRI
Chi ha seguito da vicino la telecronaca del Webb sa che la fama di MIRI ne precede il nome. I suoi dati sono stati ampiamente presenti nelle primissime immagini rilasciate da Webb. Ricordiamo le montagne di gas e i loro dettagli nell’immagine della nebulosa Carina, il gruppo di galassie interagenti del Quintetto di Stephan e la Nebulosa dell’Anello Meridionale. Ogni immagine rilasciata da MIRI ha contribuito ad alzare le aspettative sia in termini di bellezza che di scienza.
MIRI ha un enorme potenziale nella comprensione dell’Universo, in particolare nella formazione stellare e nelle proprietà della polvere e delle galassie. L’interpretazione dei suoi dati potrebbe richiedere un po’ più di tempo, ma i migliori team di ricerca del mondo stanno ottimizzando nuovi strumenti per decifrarli.
MIRI è il tipo di scienza trasformativa che si realizza solo attraverso una grande collaborazione. “La cosa che ha reso possibile il MIRI è stato lo spirito di squadra” afferma Wright. “Volevamo tutti la stessa cosa, che era la scienza. La volontà delle persone di lavorare insieme e risolvere i problemi insieme è stata davvero ciò che ha reso possibile il MIRI”. E, aggiungeremmo noi, ora ne sta giovando il mondo intero.
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