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| On 2 anni ago

Un nuovo studio sulle comete ha implicazioni sulla formazione del Sistema Solare

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Un team di ricercatori dell’Università della Florida centrale, guidati dalla dottoranda Olga Harrington Pinto, ha eseguito un nuovo studio sulla quantità e tipologia di gas contenuti nelle comete. In particolare, gli scienziati hanno scoperto che la perdita di molecole di gas potrebbe darci indizi importanti sulla composizione iniziale del nostro Sistema Solare.

Harrington Pinto ha misurato le quantità d’acqua, di anidride carbonica e monossido di carbonio di 25 comete, per testare diverse previsioni sulla formazione ed evoluzione del nostro sistema planetario. Infatti, quantificando il rapporto di alcune molecole gassose presenti nelle comete è possibile recuperare informazioni utili sull’elaborazione fisica di questi misteriosi oggetti celesti dopo la loro formazione. La perdita di gas, outgassing in inglese, avviene quando le comete si riscaldano e, durante il loro moto nello spazio, rilasciano gas dietro di loro, formando la caratteristica coda.

I dati utilizzati dalla ricercatrice, provenienti da diversi telescopi, corrispondenti a osservazioni simultanee, hanno permesso di scoprire qualcosa di mai visto prima in maniera così accurata.

La composizione chimica delle comete

Il monossido di carbonio (CO) e l’anidride carbonica (CO2) sono le due molecole portatrici di carbonio dominanti nella chioma delle comete, ovvero nell’agglomerato di roccia, ghiaccio e gas che compone la loro struttura principale. Le loro abbondanze relative, cioè quanto sia più presente l’una o l’altra, forniscono forti vincoli ai modelli di formazione ed evoluzione del nostro Sistema Solare, ma non erano mai state studiate insieme in un ampio campione di comete.

Con la catalogazione di Harrington Pinto, i ricercatori hanno scoperto che in questo campione di 25 comete, circa la metà delle code presenta sostanzialmente più anidride carbonica che monossido di carbonio, circa un terzo è dominato da monossido di carbonio e circa un decimo produce una quantità comparabile di entrambi.

Poiché entro una certa distanza dal Sole le chiome delle comete sembrano esser dominate dalla presenza di monossido di carbonio, mentre quelle che passano più vicino al Sole sono caratterizzate soprattutto da anidride carbonica e rilasciano molto monossido di carbonio, gli scienziati hanno provato a dare una spiegazione elaborando a lungo termine il comportamento delle comete, anche a seconda della loro posizione nel Sistema Solare. Harrington Pinto ha spiegato:

I dati sono coerenti con le previsioni secondo cui le comete che sono rimaste molto lontane dal Sole, nella nube di Oort, potrebbero essere state bombardate dai raggi cosmici sulla loro superficie così tanto da creare uno strato esterno impoverito di monossido di carbonio. Poi, dopo il loro primo o secondo viaggio vicino al Sole, questo strato esterno viene spazzato via dal Sole, rivelando una composizione cometa molto più incontaminata che rilascia molto più monossido di carbonio.

La cometa interstellare 2I/Borisov osservata dallo Hubble Space Telescope il 12 ottobre 2019. Credits: NASA, ESA, D. Jewitt dell’UCLA

Ipotesi sul Sistema Solare

Cosa comportano questi risultati? Poiché tutte le comete “dinamicamente nuove”, ovvero al primo passaggio vicino al Sole, producono più anidride carbonica se si trovano entro 2,5 Unità Astronomiche (U.A.) dal Sole rispetto a quelle al secondo o più ravvicinamento, allora potrebbe esserci una tendenza a far variare il rapporto tra anidride carbonica e monossido di carbonio trattenuti o persi a seconda della cosiddetta età dinamica delle comete (cosa già ipotizzata in passato).

Questo risultato ha implicazioni sulla formazione del Sistema Solare interno ed esterno: quanto le sue componenti influenzano il comportamento delle comete? O viceversa, quanto la composizione chimica cometaria potrebbe ancora dirci dell’iniziale composizione del nostro Sistema Solare?

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Per rispondere a queste e ad altre domande, è necessario riuscire a comprendere sempre di più questi oggetti misteriosi. Il prossimo passo sarà analizzare le prime osservazioni dei centauri ( oggetti simili agli asteroidi per dimensione, ma alle comete per composizione)effettuate con il James Webb Space Telescope, per misurare direttamente il monossido di carbonio e l’anidride carbonica. E confrontare i risultati con questo studio, per vedere quanto possono dirci di più.

Lo studio, pubblicato in un articolo su The Planetary Science Journal, è disponibile qui.

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